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Zelina Zafarana (1939-1983)

di Amedeo De Vincentiis

© 2003 - Amedeo De Vincentiis per "Reti Medievali"


Zelina Zafarana si laureò in storia medievale presso l’Università di Roma sotto la guida di Ovidio Capitani. Si perfezionò a Pisa con Giovanni Miccoli. Studiò a Monaco con Kurt Reindel e Horst Fuhrmann. Fu incaricata dell’insegnamento di storia medievale presso l’Università di Lecce, poi di Trieste. Concluse la sua carriera insegnando all’Università di Siena. Si formò quindi con studiosi di storia delle istituzioni ecclesiastiche e della vita religiosa, si perfezionò affinando le tecniche di esegesi delle fonti.

La vera storia di Zelina Zafarana è però racchiusa in un libro, la raccolta postuma delle sue ricerche più importanti (Zafarana 1991). Iniziò studiando le forme e i temi della letteratura controversistica prodotta negli scontri tra papato e impero nell’XI secolo. Entrò così in quel gruppetto di medievisti che a partire dagli anni 1950 si dedicò alla revisione storiografica della cosiddetta riforma gregoriana. In particolare, si concentrò su un testo, il Liber de unitate ecclesie conservanda di un anonimo monaco del monastero di Hersfeld, databile agli ultimi decenni dell’XI secolo (Zafarana 1966). Ne studiò la struttura, le argomentazioni, i temi ricorrenti, i riferimenti alle autorità, il lessico. Lo contestualizzò nelle vicende dell’impero di quegli anni, ma anche più puntualmente nell’ambito monastico locale. Riuscì così a definire il significato del testo, anche in contrasto con una affermata storiografia (ben rappresentata dalla sintesi di W. Ullmann). Più che antipapale, il trattato è funzionale alle scelte politiche del monastero, sostiene soprattutto le posizioni dell’abate nello scontro con il vicino monastero di Hirsau schierato nel campo antiimperiale. La polemica contro i pontefici appare dunque più sfumata ma anche più mirata. Il monaco riconobbe  il tradizionale primato della sede apostolica ma non quello della persona del pontefice, esaltato invece da Gregorio VII. Ma lo studio va oltre il singolo testo. Attraverso l’analisi dell’anonimo Liber de unitate precisa le caratteristiche della libellistica del tempo. Autori e testi condividevano un linguaggio comune, fatto di temi, citazioni, riferimenti canonistici, patristici, scritturali da loro immediatamente riconoscibili. Tale condivisione non eliminava però il conflitto. Infatti, la contrapposizione, la costruzione di discorsi originali a difesa delle proprie tesi avveniva attraverso il reimpiego di materiali già noti, lo scarto e la novità risiedevano nel montaggio elaborato da ciascun autore. Per coglierne il messaggio è necessario allora smontare la struttura, ripercorrere le concatenazioni argomentative, scoprire le accezioni a cui vengono piegate autorità apparentemente condivise (nel caso del Liber de unitate, Gelasio e Cipriano).

La storica non abbandonò mai lo studio di quei temi. Continuò a leggere fonti e studi in merito, come traspare anche dalla minuziosa redazione degli indici dei primi sei volumi della rivista Studi Gregoriani (Studi Gregoriani 1970). In seguito però le sue ricerche si rivolsero ad altri temi. Due in particolare, intrecciati tra loro: la predicazione e la pietà, intesa come forme del vissuto religioso, negli ultimi secoli del medioevo. In un ampio studio confrontò la teoria e la pratica della predicazione nell’Italia medievale. Nonostante le difficoltà dovute a un panorama documentario ancora poco esplorato, la storica notò la scarsa incisività della cura d’anime del clero diocesano e parrocchiale nell’Italia medievale. Erano al contrario gli ordini mendicanti ad agire con creatività ed efficacia nella pastorale (Zafarana 1981a). Z. Zafarana studiò dunque la predicazione dei francescani (Zafarana 1981b; Ead. 1982). Ne rilevò le eredità formali dalla tradizione anteriore (attenuando una visione storiografica di assoluta innovazione), nonché i contatti con la contemporanea cultura universitaria.Da questi studi derivò una ridefinizione della tradizionale categoria storiografica di predicazione popolare intesa come innovazione assoluta di forme comunicative, anche per una figura esemplare come Bernardino da Siena. Vera novità invece furono i temi affrontati dai predicatori francescani: attenzione ai laici, ai gruppi sociali (con una progressiva dissoluzione della concezione tripartita degli ordini), alla povertà, al lavoro. La carica innovativa però subì una evoluzione nel tempo. Le proposte provocatorie del XIII secolo si stemperarono in una più docile accettazione dell’ordinamento sociale del XV secolo. La parola dei predicatori tuttavia non era isolata. Zafarana la contestualizzò in una "civiltà della parola" che pervase i comuni italiani, fondata sulla omogeneità culturale di intellettuali laici ed ecclesiastici, di predicatori e governanti. In quelle società dunque la "professionalità della parola" diventò una competenza ricercata e apprezzata in ambito sia laico che ecclesiastico. Un linguaggio condiviso, ma quanto? La storica cercò di capire come la cultura religiosa trasmessa dai predicatori venisse realmente recepita da chi ascoltava (o leggeva) le prediche. Prima analizzò l’immagine che i predicatori si facevano del loro pubblico, il livello culturale che presupponevano in coloro che li ascoltavano, i mezzi escogitati per coinvolgerli come l’uso di proverbi, favole, esempi. Poi passò direttamente ai laici.  Studiò le tracce lasciate dal pubblico più o meno anonimo: raccolte di sermoni compilate da laici, sunti, appunti, reportationes di prediche ascoltate.

E’ il tema più originale studiato dalla studiosa: una storia della pietà intesa come religiosità vissuta dei laici a partire da testi e documenti apparentemente irrilevanti. Non tanto le pratiche devozionali, la ritualità litugica, quanto piuttosto l’appropriazione da parte dei singoli di temi e messaggi elaborati dalla cultura clericale dotta (Zafarana 1968; Ead. 1973). Zafarana esplorò la fede implicita dei laici, le credenze religiose che spesso sfuggivano al controllo del clero. Provò dunque a rileggere anche i vertici della spiritualità in tale prospettiva. Seguì le elaborate nozioni di pietà e devozione elaborate da Bonaventura da Bagnoregio negli adattamenti successivi compiuti dai volgarizzatori, nelle traduzioni in schemi didattici, nelle semplificazioni in enumerazioni di buoni e cattivi precetti facilmente memorizzabili. Così un voluminoso quaderno in cui alla fine del Quattrocento un anonimo cittadino di Firenze annotò per se stesso appunti di prediche udite, disponendoli per argomenti, rivela le concezioni religiose più intime dell’anonimo autore. La studiosa le ricostruisce a partire dagli aspetti grafici e formali del testo. Disposizione degli argomenti, titoli, richiami interni rivelano la preferenza per gli aspetti più immediatamente legati alla vita pratica o per quelli più facilmente traducibili in rappresentazioni concrete. Ne emerge una pietà semplificatrice e calcolatrice, ossessionata dalla contabilità di meriti e peccati. Una religiosità vissuta che adatta alla cura dell’anima i principi con cui si amministravano gli interessi materiali, dominata dal calcolo del dare e dell’avere.


  • Studi su Zelina Zafarana


  • Opere di Zelina Zafarana

    • Studi Gregoriani. Indice dei volumi I-VI, a cura di Z. Zafarana, Roma 1970

    • Da Gregorio VII a Bernardino da Siena. Saggi di storia medievale con scritti in ricordo di Zelina Zafarana (1987), a cura di O. Capitani, C. Leonardi, E. Menestò, R. Rusconi, Firenze, Spoleto 1991

    • Ricerche sul "Liber de unitate ecclesiae conservanda" (1966), in Da Gregorio VII, cit., pp. 9 ss.

    • Per la storia religiosa di Firenze nel Quattrocento. Una raccolta privata di prediche (1968), ivi, pp. 279 ss.

    • Pietà e devozione in san Bonaventura (1973), ivi, pp. 111 ss.

    • Cura pastorale, predicazione, aspetti devozionali nella parrocchia del basso Medioevo (1981a), pp. 201 ss.

    • Bernardino nella storia della predicazione popolare (1975), ivi, pp. 249 ss.; La predicazione francescana (1981b), ivi, pp. 141 ss.

    • Predicazione francescana ai laici (1982), ivi, pp. 187 ss.

 


©   2000
Reti Medievali

Ultima modifica: 31/1/04

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