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Storia del regno longobardo in Italia

a cura di Stefano Gasparri

per il corso di "Antichità e Istituzioni Medievali"
Università "Ca' Foscari" di Venezia
Facoltà di Lettere e Filosofia
a.a. 1999-2000

2000 - Stefano Gasparri per "Reti Medievali"


33.  Leggi di Adelchi principe di Benevento, prologo dell'866

La controstoria della caduta del regno

Iniziano i capitoli del signore principe Adelchi

L'onnipotente Ordinatore di tutto, così come Gli piacque, sottopose un tempo il regno d'Italia alla nostra stirpe dei Longobardi. [Egli], ispiratore di ogni bene, si degnò di instillare nei cuori dei re felicemente regnanti, affinché [le] sancissero in consiglio comune, le norme della legge, per le quali, vivendo il popolo soggetto e tutta la stirpe nella legalità, e senza oltrepassare i limiti della legge stabilita, nessuno osava commettere azioni ostili contro qualcun altro. D'altra parte, quei re, come furono messi dal cielo in grado di decretare quelle cose, così con prudenza ed umiltà vollero lasciar scritto che i re successivi cancellassero con la pietra pomiice ciò che potessero scorgere di superfluo nei loro editti e non rifuggissero dall'aggiungere ciò che vi fosse in meno del necessario rispetto la natura dei tempi. Cosi stato fatto con cautela da alcuni re regnanti in seguito, come si riconosce nei loro statuti. Mentre perdurava allora la gloria di questa famosa stirpe, improvvisamente la stirpe dei Galli invase la sovranità e il vertice del regno. In quel tempo teneva lo scettro dei Longobardi Desiderio, il cui genero era allora Carlo, re dei Franchi, il quale, invidiando il suo trono e mirando [ad esso], non rifuggì dall'agire in modo subdolo e con astuzia contro di lui. Catturatolo e gettatolo in carcere, sottomise al suo comando il regno d'Italia e la stirpe dei Longobardi. Mentre così, sminuita per disposizione del Creatore, la suddetta stirpe cadeva tanto in basso, governava allora il ducato di Benevento il duca Arechi, in tutto cattolico e magnifico, il quale, ponendosi come imitatore degli avi, resse con nobiltà ed onore i resti della sua stirpe e, seguendo le orme dei re, ebbe cura di emendare o di istituire con solerzia alcuni capitoli nei suoi decreti, per quanto attiene alla salvezza ed alla giustizia della sua patria; cose che sono di evidente utilità e sono conservate inserite nel corpo dell'editto. Dopo molto tempo piacque alla Pietà celeste di far giungere a noi il ducato dei resti di quella stirpe, che ormai gravemente insidiata dalla persecuzione di molte stirpi, che non cessano di incalzare e di sbaragliare i nostri concittadini, incendiando e devastando molti nostri villaggi e castelli.

© 2000
Reti Medievali

Ultimo aggiornamento: 27/4/03

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