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Storia del regno longobardo in Italia

a cura di Stefano Gasparri

per il corso di "Antichità e Istituzioni Medievali"
Università "Ca' Foscari" di Venezia
Facoltà di Lettere e Filosofia
a.a. 1999-2000

2000 - Stefano Gasparri per "Reti Medievali"


34.  Chronicon della Novalesa, II, 10, 12, 21-23

Storie leggendarie sulla caduta del regno longobardo

10. Poiché da Desiderio furono costruite queste difese e ai Franchi non riusciva di trovare un varco in alcun luogo, ogni giorno avanzava una parte dell'esercito dei Franchi quasi sempre un migliaio di uomini, talora duemila, ed assalivano ed assediavano i Longobardi che si opponevano loro dall'alto delle difese. Desiderio aveva un figlio, giovane e gagliardo, di nome Algiso. Questi quando cavalcava, durante le ostilit, era solito portare con s una mazza di ferro e con quella colpire con forza i nemici e prostrarli al suolo. Il giovane inoltre spiava i Franchi giorno e notte e, quando li vedeva addormentati, subito si gettava su di loro coi suoi guerrieri e, colpendo a destra e a manca, li abbatteva con grandissima strage.
Mentre queste azioni di guerra si protraevano di giorno in giorno, accadde che un giullare di stirpe longobarda venisse da re Carlo e cantasse sulla rota al cospetto dei suoi una canzonetta che aveva composta e che riguardava i fatti di que giorni. Il senso della canzonetta era questo:
Qual premio si dar all'uomo
che condurr il re Carlo nel regno d'Italia
per quelle strade in cui
nessuna lancia si lever contro di lui
n gli scudi si opporranno
n alcun danno verr alle sue schiere?
Quando queste parole giunsero alle orecchie del re Carlo, egli fece venire dinanzi a s il giullare e promise di dargli dopo la vittoria tutto ci che egli avrebbe chiesto.
12. [...]
Giunse infine a Pavia, dove in quel tempo reggeva l'episcopato il santo vescovo Teodoro, per i cui meriti era stato negato a Carlo dal volere del cielo d'impadronirsi di quella citt finch il vescovo vivesse col corpo. Cos infatti a Carlo era stato rivelato per intervento divino. Carlo allora si allontan da Pavia e si mise a girarle attorno, conquistando tutte le citt: Ivrea, Vercelli, Novara, Piacenza, Milano Parma, Tortona e quelle che sono prossime al mare coi loro castelli. Ma non molto dopo il santo vescovo mor; immediatamente fu riferito a Carlo che era morto. Egli tosto raccolse tutto l'esercito, si diresse a Pavia, la circond e la assedi. Ivi dopo la fuga, si era rinserrato il re Desiderio con figlio Algiso e con la figlia. Era Desiderio assai umile e buono. Alcuni raccontano che Desiderio si alzasse ogni giorno a mezzanotte e che si recasse alla chiesa di San Michele o a quella di San Siro o in altre ancora e che le porte regie si aprissero repentinamente dinanzi a lui per volere divino. Mentre la citt di Ticino veniva assediata ormai da lungo tempo, accadde che la figlia di Desiderio scrivesse una lettera e la facesse giungere a Carlo attraverso il fiume Ticino per mezzo di una ballista, dicendogli che, se si fosse degnato di prenderla in moglie, gli avrebbe subito consegnata la citt e tutto il tesoro del padre. Carlo, in risposta, scrisse parole tali alla fanciulla che valessero ad accrescerle l'amore per lui. Ella sottrasse furtivamente le chiavi della porta della citt, che stavano a capo del letto del padre, e fece sapere a Carlo per mezzo di una ballista che in quella stessa notte si tenesse pronto coi suoi ad entrare nella citt, non appena gli venisse mostrato un segnale. Cosi egli fece. E quando Carlo, in quella stessa notte, dopo essersi avvicinato alla porta della citt, riusc ad entrarvi, gli and incontro la fanciulla che abbiamo detto, ebbra di gioia per la promessa ottenuta; ma fu subito calpestata dagli zoccoli dei cavalli e uccisa: perch era notte. Allora Algiso, il figlio del re, svegliato dallo scalpitio dei cavalli che irrompevano dalla porta, estratta la spada, abbatteva tutti i Franchi che entravano dalla porta. Ma subito il padre gli proib di farlo, perch quello che succedeva era la volont di Dio. Algiso allora, poich si rendeva conto di non poter opporsi ad un esercito cosi numeroso, si salv con la fuga. Carlo prese la citt e sal al palazzo, dove venne a lui tutto il popolo, e, ricevuto il giuramento di fedelt, se ne and. Dopo qualche tempo il re predetto invit l'abate novaliciense, cio Frodoino, a venire da lui: cosa che egli fece. Gli diede allora in dono, per la venerazione che gli portava, aggiungendola ai domini della Novalesa una grande corte di nome Gabiana, dove v'erano mille mansi con le loro dipendenze. Raccontano poi alcuni che il re Carlo cav gli occhi a Desderio nella citt di Ticino, quando lo ebbe catturato.
21. Un giorno, mentre tutto il regno d'Italia era composto in pace sotto il dominio di Carlo ed egli stesso risiedeva nella citt di Ticino che, con altro nome, si chiama Pavia, Algiso, figlio del re Desiderio, ebbe l'ardire di entrarvi per proprio conto, quasi a spiare, poich bramava sapere che cosa si facesse e si dicesse, come abitudine degli invidiosi. Egli era infatti, come abbiamo riferito sopra, fino dalla giovinezza, assai forte e d'indole audace e bellicosissima. Introdotto che si fu nella citt, non venne riconosciuto da alcuno. Vi era giunto in barca, non come figlio di re, ma come uno del popolo minuto, stretto fra un drappello di soldati. L per l non fu ravvisato da alcuno dei soldati: solo alla fine fu riconosciuto da uno che era ben noto a lui e, un tempo, fedelissimo a suo padre: tanto tempo era passato da che aveva perduto il padre e il regno. Quando Algiso si accorse che quegli lo aveva sicuramente riconosciuto e che non poteva celarglisi, prese a chiedergli, con parole supplichevoli, in nome del giuramento di fedelt che poco innanzi aveva fatto a lui e a suo padre, di non rivelare a re Carlo chi egli fosse. Il soldato subito accondiscese e disse: Sulla mia fede, non ti sveler ad alcuno finch potro celarti. Soggiunse allora Algiso: Ti prego dunque, amico mio, che tu oggi alla mensa del re, quando egli star pranzando, mi collochi a sedere ad un capo di una delle tavole e che tu veda di porre dinanzi a me - ancora ti prego - tutte le ossa, spolpate o ancora ricoperte di carne, che verranno levate dalla mensa e portate via dal cospetto dei signori che pranzeranno . Quello gli rispose: Far come desideri . Era lui infatti che solitamente portava in tavola i cibi del re. Dunque, quando si giunse al pranzo atteso, egli fece le cose come erano state convenute. Algiso spezzava tutte le ossa, mangiandone le midolla, quasi fosse un leone affamato che divorava la preda. Gettava quindi i frammenti delle ossa sotto la tavola e ne fece un mucchio non piccolo. Poi Algiso si alzb di li e si allontanb prima degli altri. Ma quando il re si lev da mensa, guardandosi attorno vide il mucchio di cui abbiamo detto sotto la tavola ed esclam: Oh Dio, chi ha spezzato cos gran numero d'ossa? Tutti risposero di non saperlo, tranne uno che gli si rivolse e disse: Io vidi sedere qui un soldato fortissimo che spezzava tutte le ossa di cervo, d'orso e di bue come chi spezzasse delle bacchette di canna. Allora fu subito chiamato dinanzi al re l'uomo addetto a servire i cibi. Gli disse il re: Chi era e donde era venuto il soldato che sedette qui e mangiando frantum questo gran mucchio d'ossa? Quello rispose: Non lo so, mio signore e re. Ribatt allora il re: Per la corona del mio capo, certo che lo sai! Vedendosi scoperto, ebbe timore e subito tacque. Il re intu allora che si trattava di Algiso e si dolse assai di avergli permesso di andarsene impunemente e chiese ai suoi: Da che parte andato? Uno gli rispose: E venuto con una barca, signore, e nello stesso modo sospetto che se ne andr. Disse allora al re un altro dei suoi: Vuoi, mio signore, che lo insegua e lo uccida? Gli rispose il re: E come? Dammi gli ornamenti delle tue braccia e con questi te lo inganner. Il re gli diede allora i suoi bracciali d'oro e quegli si gett all'inseguimento per ucciderlo.
22. Quell'uomo corse dunque velocissimo dietro ad Algiso lungo la riva finch riuscia trovarlo. Quando lo ebbe visto da lontano, lo chiam col suo nome e, quando gli ebbe risposto, cerc di fargli credere che Carlo gli aveva mandato in dono i suoi bracciali d'oro, rimproverandolo perch se n'era andato cos di nascosto; aggiunse che accostasse la barca alla riva. Egli subito fece accostare la barca. Ma quando fu vicino e vide che i doni, di cui si detto, gli venivano porti sulla punta della lancia, cap alla svelta che lo sovrastava un pericolo e immediatamente si gett sulle spalle la corazza ed afferr la lancia dicendo: Se tu mi porgi i doni con la lancia, io con la lancia li ricevo. Del resto, se il tuo signore mi ha mandato i suoi don con inganno, perch tu possa uccidermi, io non devo essergli da meno: gli mander dunque i miei. Gli diede quindi i suoi bracciali perch li portasse a Carlo, quasi in taglione. Senza indugio quegli torn su suoi pass: la sua troppa prudenza lo aveva ingannato. Quando ebbe consegnato a Carlo i braccialetti di Algiso, il re subito li infil nelle braccia e quelli gli salirono fino alle spalle. Con una esclamazione di stupore Carlo disse: Non fa meraviglia se quest'uomo ha forze smisurate. Il re continuava a temere Algiso sia perch aveva privato del regno lui e suo padre, sia perch era un eroe famoso per la sua forza. Per questo aveva mandato quel soldato ad ucciderlo.
23. Dopo esser sfuggito ad un estremo pericolo, Algiso giunse da sua madre, la regina Ansa, che allora si trovava per pregare da quelle parti, cio nella citt di Brescia, dove aveva fatto costruire con mirabile opera l'oratorio dei Santi Faustino e Giovita ed aveva reso ricchissimo il monastero col dono di molte terre. Inoltre essa molto tempo prima, e dopo aver offerto doni di gran prezzo, aveva disposto che dalla Corsica venisse traslato il corpo di santa Giulia vergine.

© 2000
Reti Medievali

Ultimo aggiornamento: 27/4/03

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