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E-learning

Enrica Salvatori,
Identities in European History: un corso di storia a distanza “europea”

© 2007 - Enrica Salvatori per "Reti Medievali"


  1. Finalità
  2. Piattaforme e struttura
  3. Forum e chat
  4. I metodi di insegnamento
  5. La valutazione
  6. Conclusioni

Al fine di portare all’attenzione generale esempi concreti di e-learning in ambito storico, in modo da dare materia di discussione a un auspicabile dibattito sull’uso delle nuove tecnologie nella didattica universitaria della storia, ritengo che sia utile illustrare quanto è stato fatto negli ultimi due anni da un team composto da docenti di questa disciplina, tecnici e tutor, appartenenti a sette università europee. Si tratta di un corso universitario di storia da 5 crediti formativi, rilasciato quasi interamente per via telematica nel primo semestre dell’anno accademico 2005-2006, e poi replicato l’anno successivo, dal titolo Identities in European history [1]. Il corso è stato costruito e predisposto da eHLEE, acronimo di eHistory Learning Environment and Evaluation, un progetto finanziato dalla Commissione Europea per ampliare l’uso e sviluppare le tecniche dell’apprendimento e dell’insegnamento a distanza delle discipline storiche in Europa [2]. Vi hanno partecipato in qualità di coordinatore il dipartimento di Storia dell’Università di Turku (FI), e come partner docenti di storia dell’Università di Alcalà (ES), Bologna, Hannover (D), Pisa, Uppsala (SV), la casa editrice Primrose Publishing (UK) e la Finnish Virtual University. La partecipazione al corso è stata aperta a gruppi selezionati di studenti provenienti delle università sopra elencate, per un totale nel primo anno di 54 iscritti (Alcalà 7 studenti, Bologna 8, Hannover 8, Pisa 12, Turku 7, Uppsala 6, Cork 6).

Prima di addentrarsi nella finalità, nella struttura e nelle modalità di erogazione del corso, è bene precisare che questo ha rappresentato solo una parte del lavoro del team di eHLEE, che ha anche recuperato e segnalato esempi interessanti di e-learning di storia in ambito europeo ed extraeuropeo, cercando di evidenziare – tramite la comparazione dei cases studies scelti con il corso autoprodotto – pregi, difetti, opportunità e rischi della diffusione dell’e-learning in campo storico [3].

1. Finalità

Data la composizione eterogenea del gruppo – composta da esperti di e-learning, editori e studiosi specialisti di periodi storici diversi – e data l’utenza che si voleva coinvolgere – studenti di storia provenienti da università e corsi di laurea sparsi in Europa – titolo e oggetto del corso dovevano avere un carattere forzatamente trasversale. La scelta è caduta sul tema delle «identità nella storia europea», con l’obiettivo formativo prioritario di far comprendere agli studenti come l’idea di identità si sia creata, rafforzata e modificata nelle varie parti d’Europa nei diversi contesti e periodi [4].

Ragionando a posteriori, ritengo tale scelta sia stata vincente. Le sessioni di valutazione finale, infatti, hanno dato mediamente risultati più che buoni, attestando in generale come acquisita la capacità da parte degli studenti di considerare criticamente e valutare diacronicamente la questione identitaria. Inoltre, dalle risposte inserite dagli studenti stessi in questionari anonimi [5], si è potuto avere un riscontro estremamente positivo in termini di gradimento del corso e di percezione della crescita di consapevolezza delle problematiche insite nel rapporto storia-identità [6].

Chiaramente il corso aveva anche un secondo scopo più recondito, sebbene esplicitato agli studenti partecipanti: far loro sperimentare modi diversi di apprendimento tramite l’uso del web, di piattaforme per l’erogazione di materiale didattico e di strumenti che facilitavano il lavoro collaborativo e l’interazione virtuale tra tutor, docenti e studenti. Anche in questo caso, pur registrando commenti differenziati da parte dei partecipanti al progetto, i questionari distribuiti hanno consentito di stilare un resoconto largamente positivo dell’iniziativa, nel senso che la struttura del corso, i materiali e le modalità di erogazione degli stessi sono stati avvertiti come idonei ed efficaci per raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

2. Piattaforme e struttura

Il corso è stato organizzato su più fasi, di cui una locale, cioè erogata direttamente dalla singola università partner, e le altre generali, gestite dall’ateneo finlandese col contributo delle università partner. Questa distribuzione interna dei compiti ha portato all’uso di due piattaforme LMS [7] differenti: WebCT e Dokeos [8]. Tale diversità, lungi da divenire un ostacolo al buon funzionamento del corso, ha costituito un’ottima occasione per sperimentare due prodotti del tutto simili per servizi offerti, ma estremamente differenti come origine. WebCT infatti è una piattaforma proprietaria, nel senso che è prodotta da una softwarehouse privata, ha un costo di acquisto elevato e implica quindi la stipulazione da parte dell’Ateneo di precisi contratti di acquisto, manutenzione e aggiornamento della stessa; la seconda, Dokeos, è invece una piattaforma open source, sviluppata cioè da comunità di infomatici ed esperti di e-learning, che concedono l’uso gratuito della stessa e che erogano sempre in forma gratuita gli aggiornamenti. In questo secondo caso la piattaforma implica per l’Ateneo ospitante solo il costo di installazione e di funzionamento della piattaforma, normalmente affidato a tecnici informatici già operativi nella struttura [9].

Il corso è stato diviso in sette fasi, che qui per semplicità riconduco a tre macrofasi:

  1. la prima, generale ed erogata a tutti i partecipanti, è stata finalizzata a far familiarizzare gli studenti col mezzo e a introdurre le questioni generali della tematica del corso (fasi 1-2);
  2. la seconda è stata gestita direttamente dalle singole università, ha avuto come utenti gli studenti selezionati localmente e ha riguardato casi specifici del rapprto storia/identità (fasi 3-4);
  3. la terza ha riconvogliato infine tutti i partecipanti in gruppi internazionali di provenienza mista, al fine di favorire il confronto reciproco e il contatto con le diverse abitudini di apprendimento nelle varie zone d’Europa. Tali gruppi hanno lavorato, prima autonomamente e poi integrandosi, riesaminando quanto fatto nelle fasi locali sul tema dell’identità attraverso la lente di problematiche trasversali (genere, linguaggio, politica e religione). I gruppi hanno comunicato tra loro grazie alla “messa in rete” e il controllo reciproco dei lavori prodotti (fasi 5-7).

Ogni macrofase è stata suddivisa in un numero variabile di tappe, rigidamente scansionate all’interno del semestre, in cui gli studenti dovevano di volta in volta esaminare i materiali didattici, intervenire nei forum, preparare elaborati scritti, collaborare a lavori di gruppo, esaminare i lavori degli altri gruppi, rispondere a questionari, ecc.

La struttura, così come descritta, appare evidentemente complessa e farraginosa, al punto da richiedere come assolutamente irrinunciabili le figure dei tutor, quali “gestori” del corso nella sua fase strettamente operativa [10]. Si deve tuttavia comprendere che tale complessità è scaturita naturalmente dalla necessità di coniugare diverse esigenze di un corso originale, pensato cioè in modo del tutto peculiare ed eccentrico rispetto al panorama didattico offerto dai singoli atenei nazionali. La peculiarità è stata data essenzialmente dall’internazionalità dell’utenza e della docenza. Le necessità da un lato di agevolare l’accesso e di consentire il confronto tra studenti di estrazione diversa, dall’altro di far lavorare insieme e in maniera armonica tradizioni di insegnamento altrettanto differenti, hanno prodotto un calendario di compiti e lezioni ricco e articolato, che – così com’è stato concepito ed esperito – non può proporsi come un “modello” per corsi erogati da un unico ateneo. Tuttavia si deve segnalare che proprio la sua complessità ha avuto come conseguenza una forte attenzione data al fattore didattico, materialmente esplicatasi prima nell’attività di costruzione delle diverse fasi da parte dei docenti e in seguito negli stimoli forniti dai tutor agli studenti. Alla fine del corso ci si è resi conto di quanto il “gruppo” – a livello sia di docenza sia di utenza – sia un aspetto fondamentale nell’e-learning puro, specialmente in ambito umanistico e in corsi di lunga durata (che coprono un intero semestre). Trovandosi solo di fronte a un computer e al materiale didattico messo a disposizione, lo studente corre infatti il rischio di sentirsi isolato e quindi di demotivarsi: il lavoro in comune e le discussioni con membri del proprio gruppo, con tutor e docenti diminuiscono notevolmente le spinte all’abbandono [11]. Visto dal lato della docenza lo sforzo di armonizzare e organizzare stili di insegnamento differenti ha effettivamente portato a una contaminazione reciproca di indubbia efficacia.


Fig. 1: Home Page del corso. La piattaforma WebCT permette di dividere in due parti la schermata: a sinistra del riquadro centrale consente la navigazione nelle diverse fasi del corso e l’accesso a guida, calendario, elenco tutor e docenti.

3. Forum e chat

In ogni fase del corso hanno avuto un ruolo di estrema importanza i forum. A seconda delle esigenze veniva infatti chiesto agli studenti di interventire nei forum con un minimo di invii, mirati e meditati, in risposta a precise problematiche enucleate dal materiale didattico messo a disposizione o sollecitate dai tutor. Per esempio, nel corso della prima parte – riguardante le problematiche generali del rapporto storia/identità – è stato chiesto di leggere alcuni testi resi disponibili on line [12] e poi di intervenire nel forum con almeno un intervento riguardante il tema, avendo presente una griglia di domande predisposte [13]. L’obbligo all’intervento è servito in gran parte a far rompere il ghiaccio e dare una prima forte spinta alla lettura e alla partecipazione: il risultato è stato tuttavia superiore alle aspettative, dato che gli studenti hanno inviato numerose considerazioni commentandosi reciprocamente, a dimostrazione che la formula scelta aveva effettivamente scatenato un elevato grado di coinvolgimento e favorito la partecipazione. Tale risultato è andato crescendo nelle fasi successive.

Dalle dichiarazioni in seguito raccolte tra partecipanti, l’uso dei forum è stato l’aspetto avvertito come più innovativo rispetto alla lezione accademica tradizionale, dove la discussione in classe sovente latita per per mancanza di tempo, indisponibilità dei docenti o disabitudine dei discenti. Un corso on line, strutturato come Identities in European history, è diverso: le letture vengono scaglionate nel tempo e intervenire su di esse diviene una tappa fondamentale del processo di apprendimento. In questo modo lo studente è costretto a ragionare su quanto dato, a metterlo in relazione con il resto del programma e a interagire con i colleghi. Normalmente il confronto con gli altri fa nascere nuove curiosità, suscita nuove domande da porre al docente e sviluppa un maggiore spirito critico.

Le piattaforme usate consentivano entrambe l’apertura di chat, strumento che tuttavia è stato usato in misura molto minore. Al di là delle difficoltà tecniche, date dalla qualità della strumentazione remota degli studenti, dal tipo di connessione e dalla necessità di coordinare gli orari, l’utilità didattica delle chat è apparsa notevolmente minore rispetto al forum, che ha il suo pregio proprio nell’essere uno strumento di comunicazione asincrono, che concede allo studente tempo per leggere, pensare, cercare e scrivere con attenzione.

4. I metodi di insegnamento

Dopo una prima fase comune relativa, come si è detto, a enucleare le problematiche generali del rapporto tra storia e identità, ogni università partner ha elaborato una propria fase che ha visto al partecipazione di studenti locali e che si è tenuta in alcuni casi in lingua nazionale e in altri in inglese (la lingua ufficiale del corso). Alla fine di ogni fase agli studenti è stato chiesto di produrre un elaborato in comune in inglese da presentare gli altri partecipanti. Questi sono stati gli scenari storici analizzati:

  • Building up a nation - national identity as a cultural construction in 19th century Finland (Turku);
  • The Celtic fringe: the process of cultural transformation, political force and identity in Scotland, Ireland and Wales (Hannover);
  • The Jews in European History (Alcala);
  • The Mediterranean: the Construction of Identities in a Multicultural Environment (Pisa);
  • Roman Antiquity and the construction of cultural identity in ancient and contemporary Italy (Bologna);
  • Us and them - The construction of the Swedish national identity (Uppsala).

Fig. 2: Il passaggio alla fase gestita localmente dai singoli atenei.


Non è qui il caso di descrivere in dettaglio quanto fatto dai singoli partner. Sembra invece molto più utile valutare trasversalmente tali “mini-corsi”, per enucleare i diversi metodi utilizzati dai docenti per rilasciare il materiale didattico, interagire con gli studenti e spingerli a percorrere determinate strade di apprendimento.

  1. Metodo tradizionale: “read and write”. Si tratta, come si intuisce, della variante on line di un metodo di insegnamento assai diffuso negli atenei di tutta Europa, consistente nella lettura di testi e nella conseguente redazione (in questo caso scritta, ma eventualmente anche orale) da parte dello studente di elaborati di contenuto e formato variabili [14]. È senza dubbio il metodo più semplice di e-learning di ambito umanistico, in quanto presuppone per il docente/tutor solo lo sforzo organizzativo del materiale da far leggere, con la redazione di testi di raccordo tra le letture assegnate e l’eventuale elaborazione di questionari (domande aperte o test) da rilasciare alla fine del percorso, allo scopo di valutare la comprensione delle letture da parte dello studente. Si deve notare tuttavia che, rispetto all’esame “concordato” di tipo tradizionale e alla lezione ex cathedra, lo sforzo che docenti e tutor devono fare per distribuire in maniera equilibrata i carichi di lavoro (le letture), raccordare i temi e costruire i questionari, porta di per sé a un valore aggiunto, che è quello della consapevolezza, da parte degli autori, degli obiettivi che si vogliono ottenere in relazione al tempo a disposizione e alla qualità dell’utenza. Tale consapevolezza – indubbiamente alla base anche di molti corsi “tradizionali” ma quasi mai palese e leggibile da altri – diventa un processo obbligatorio nel corso on line e rappresenta un traguardo di non poco conto nella direzione della trasparenza delle metodologie didattiche e nella possibilità di valutare la qualità dell’insegnamento [15]. Mi riferisco al processo di costruzione di un’Unità Didattica, realtà ben nota e studiata sia nel campo dell’insegnamento tradizionale scolastico sia in quello dell’e-learning,dove prende il nome di Learning Object,unità di apprendimento correlata alla realizzazione di un obiettivo formativo [16]. Un ulteriore valore aggiunto sta nel fatto, già prima sottolineato, che gli elaborati o i commenti degli studenti possono essere fatti confluire in un forumdi discussione collettiva: la tradizione viene quindi fortemente innovata dalla tecnologia stessa, in quanto stimolatrice di interattività.
  2. Funzionalità aggiunte. Il metodo appena illustrato può trovare nel mezzo tecnologico arricchimenti che il solo mezzo consente o che comunque favorisce: mi riferisco alla possibilità di rilasciare in maniera organica e organizzata materiali didattici di formati diversi, come audio, video, immagini e database. Per esempio nella parte dedicata alla «Sicilia normanna», appartenente alla fase gestita dall’università di Pisa, sono stati rilasciati in maniera contestuale file audio, immagini e letture; è stato poi chiesto agli studenti di inviare commenti al forum rispondendo a domande predisposte e di cercare in determinati siti internet testi o immagini esemplificativi dei temi trattati.

Fig. 3: Una delle pagine della parte dedicata alla «Sicilia normanna» all’interno della fase organizzata dall’Università di Pisa.


Simili metodi sono stati esperiti anche da altre sezioni, come per esempio quella curata da Bologna. Per far percepire agli studenti i legami tra la rielaborazione augustea della storia antica di Roma e la riproposizione fascista del modello romano “augusteo”, il team bolognese ha infatti immesso tra il materiale didattico non solo testi e immagini sul tema (tra cui le serie dei francobolli fascisti dedicati alla celebrazione della romanità), ma anche alcuni video dell’Istituto Luce, relativi alla mostra augustea della romanità del 1937-38.

  1. La scelta e la ricerca. Un passo ulteriore nella sperimentazione di nuovi metodi di apprendimento, favoriti o consentiti dalle nuove tecnologie, ha riguardato la creazione di ambienti più o meno aperti. Come è già stato detto, un fattore importante della costruzione di un corso di storia on line è il ragionamento sulla composizione delle diverse “unità” che compongono il corso stesso. A seconda delle attitudini e delle abitudini dei docenti coinvolti si è arrivati a produrre Learning Object più o meno strutturati, che prospettavano cioè un percorso più o meno obbligato. La fase locale dall’Università di Pisa, per esempio, organizzata sul tema del «Mediterraneo come ambiente multiculturale di costruzione di identità», prevedeva una sorta di entrata comune [17] tramite cui si poteva accedere a sei stanze diverse. Allo studente era lasciata la libertà di scegliere in quali entrare, con l’unico obbligo di optare per almeno due stanze tra le seguenti:
    • Italia e Spagna: approfondiva i rapporti tra le due “non nazioni” tra il secolo XV e il XVI.
    • Impero ottomano: conteneva riflessioni su come il mondo Mediterraneo cristiano considera quello turco “l’altro”.
    • Sicilia normanna (1059-1194): analizzava il contesto che ha visto la Sicilia divenire crocevia tra più civiltà.
    • Pisa e il Mediterraneo: approfondiva la rete di relazioni e di strumenti identitari messi in atto dai i mercanti pisani nel Mediterraneo nei secoli XII e XIII.
    • Città di Livorno: evidenziava il ruolo del porto di Livorno in età moderna quale luogo di incontro di culture e interessi di “nazionalità” diverse [18].

Tale libertà di scelta trovava nuovo slancio in alcune stanze. In quella dedicata alla Città di Livorno, in particolare, è stata messa a disposizione una notevole quantità di materiale didattico (saggi, trascrizioni di fonti, immagini) ed è stato consigliato allo studente di muoversi con una certa libertà all’interno di quel materiale per recuperare le informazioni utili a capire come l’esempio livornese poteva illuminare in maniera efficace il problema identitario [19]. In un primo momento tali aperture sono state avvertite da alcuni docenti come eccessive e potenzialmente portatrici di confusione [20]. Alla prova dei fatti si sono rivelate invece, almeno per gli studenti più maturi e consapevoli, estremamente efficaci sul piano didattico, perché li coinvolgevano in una sorta di percorso autonomo di ricerca.

Questo metodo è stato deliberatamente scelto, e molto ben realizzato, in una delle sezioni della terza fase del corso di Identities in European history,quella che coinvolgeva i gruppi internazionali degli studenti.

Ricordo infatti che, dopo aver partecipato alla sessione locale, gli studenti sono stati re-distribuiti in gruppi internazionali, che dovevano applicarsi su problematiche diverse e trasversali: a) «Migration and national identity»; b) «Gender and collective identities in European history»; c) «Identity through religious and ethnic conflicts in Europe»; d) «Language in the formation of identity»; e) «Religion, otherness and the shaping of collective identities»; f) «European unification and the coordination of multiple identities».


Fig. 4: La pagina riassuntiva che dava l’accesso alla fase internazionale del corso, successiva a quella organizzata localmente.


La sezione (f) dedicata all’unificazione europea, pensata da Ann Katherine Isaacs, è stata suddivisa in tappe successive, ognuna delle quali “apriva” allo studente luoghi virtualmente assai vasti [21]. Inizialmente è stato chiesto loro di riflettere sull’idea di Europa nella storia, cercando tra la biblioteca digitale di CLIOHnet gli articoli più centrati sul tema, leggendone almeno uno e riversando poi le proprie considerazioni nel forum [22]. In seguito gli studenti dovevano cercare nel server della Commissione Europea determinate fonti primarie, come i trattati di Roma, Maastricht o Nizza [23] e poi valutare come la Costituzione Europea è stata percepita e valutata nel proprio Paese di provenienza. Tale analisi doveva essere fatta tramite la lettura del preambolo costituzionale e con la ricerca, entro il sito della Commissione, dei materiali preparatori della carta costituzionale, degli emendamenti proposti dalle nazioni e delle discussioni parlamentari, al fine di capire come la Costituzione stessa sia stata e sia tutt’ora un’area di scontro e incontro di identità. Altre tappe hanno poi riguardato la questione della cittadinanza e dell’equilibrio di bilancio degli stati membri, come anche gli effetti del voto negativo di Francia e Olanda alla Costituzione Europea. Anche questi passaggi hanno implicato una buona dosa di autonomia nel processo di correlazione delle letture, da far confluire poi nella relazione finale, frutto della discussione e del lavoro di gruppo.

Nonostante tutte le sezioni internazionali abbiano ottenuto buoni risultati, in quella appena descritta – basata come si diceva su un modello di apprendimento “aperto” – la discussione è stata la più vivace dell’intero corso, con 195 interventi fatti al posto dei 16 richiesti. I ragazzi, evidentemente più stimolati che disorientati dal materiale disponibile, hanno approfondito alcune tematiche in maniera autonoma, portando poi nel gruppo nuove considerazioni e nuovi stimoli, sorti dal confronto con le diverse visioni “nazionali”.

5. La valutazione

Alla fine del corso, avendo ogni gruppo messo in rete le proprie relazioni, è stata organizzata una discussione on line con il prof. Teija Tiilikainen, esperto di Scienze Politiche e direttore del Centro per gli Studi Europei dell’Università di Helsinki, che aveva preventivamente valutato i lavori svolti.


 Fig. 5: La pagina della fase finale.


Ogni università partner si è poi incaricata di “verificare” l’apprendimento dei propri studenti e di registrare la valutazione in forma ufficiale. Da questo punto di vista ogni università ha scelto un proprio metodo: Pisa, per esempio, ha optato per una sorta di “esame collettivo”, tradottosi in un incontro con tutti i partecipanti attivi. Spero che appaia chiaro, tuttavia, che, data la struttura del corso e la partecipazione costante richiesta agli studenti, la valutazione è scaturita in realtà quasi automaticamente alla fine del corso stesso, grazie agli strumenti tecnici presenti nelle piattaforme LMS utilizzate e grazie soprattutto al lavoro di analisi dei dati fatto dai tutor. Costoro infatti avevano la possibilità (estesa ovviamente anche ai docenti) di controllare in maniera relativamente semplice, per ogni singolo studente, la quantità e la qualità degli accessi alla piattaforma, le risposte ai quiz, la presenza nelle chat, gli apporti al lavoro di gruppo. Tale analisi ha reso sostanzialmente superflua, o del tutto complementare, l’organizzazione di una tradizionale sessione d’esame dove verificare l’apprendimento, perché tale verifica è di fatto intervenuta durante il corso stesso.

6. Conclusioni

Molto altro ci sarebbe da dire su questo corso e sulle problematiche che la sua attuazione ha messo in luce, quali per esempio le difficoltà burocratiche di armonizzazione del calendario accademico; la necessità di appoggiarsi a figure intermedie (tutor) che molte università non hanno nel proprio organico; l’accesso limitato a saggi scientifici disponibili on line; la qualità marcatamente inglese o americana della letteratura scientifica accessibile gratuitamente sul Web; il carico di lavoro superiore che implica per i docenti la costruzione di un Learning Object. Ritengo tuttavia che queste siano questioni che attengono in gran parte all’e-learning in sé e tocchino in maniera meno specifica la questione dell’insegnamento per via telematica della storia. Per chi fosse interessato a tali aspetti consiglio comunque la lettura delle pubblicazioni scaturite dal progetto eHLEE [24].

[1] Il sito ufficiale del corso è <http://ehlee.utu.fi/pilot.htm>. Per informazioni in italiano si vedano anche i richiami predisposti dalle Università di Bologna <http://www.unibo.it/Portale/Relazioni+Internazionali/Summer+School/winter/Identities_in_European_History.htm> e di Pisa <http://www.clioh.net/1/letter.htm>.

[2] <http://ehlee.utu.fi/>.

[3] I risultati di questo lavoro si possono leggere nel volume E-learning History. Evaluating European Experiences, Turku 2006, di cui il capitolo introduttivo, comprensivo delle valutazioni generali sull’e-learning, è disponibile presso la Biblioteca di Reti Medievali <http:// www.retimedievali.it>; si veda altrimenti <http://ehlee.utu.fi/publ.htm>.

[4] «The aim of the course is to examine, how ideas of identity are created, reinforced and modified in European history. This question will be studied from different viewpoints and time periods». Per stilare l’elenco degli obiettivi formativi (skills and competences) del corso si è fatto riferimento, modificandolo, a quanto consigliato dal progetto europeo Tuning (<http://tuning.unideusto.org/tuningeu/>), relativamente agli insegnamenti di storia <http://tuning.unideusto.org/tuningeu/index.php?option=content&task=view&id=22&Itemid=45>. Le conoscenze che si è stabilito di voler trasmettere sono quindi state: «an understanding of different definitions of the concept of identity in history; an in-depth knowledge of a specific topic concerned with identity in history; insights into additional topics concerned with identity in history; an in-depth knowledge of a specific theme related to identity in history; insights into additional themes related to identity in history; the capability to comprehend and share specific points of view regarding identity in history and to use the communication and knowledge sharing skills that support it». Relativamente alle competenze gli obiettivi erano invece: «acquire awareness of and respect for points of view deriving from other national or cultural backgrounds; obtain skills in problem identification and solving; obtain skills in communication and knowledge sharing; obtain skills in communicating in a foreign language; acquire a concern for quality; become acquainted with the pedagogical tools of eLearning; acquire an ability to use computer and internet resources and techniques».

[5] I questionari sono stati distribuiti durante il corso dai team di Hannover e di Pisa.

[6] Il resoconto completo delle autovalutazioni prodotte da docenti, tutor e studenti, fatto da Sabine Liebig e Antony Day del Karlsruhe Pädagogische Hochschule (Germania) è leggibile all’indirizzo <http://ehlee.utu.fi/European_identities.pdf>.

[7] Il Learning Management System (LMS) è la piattaforma applicativa che permette l'erogazione dei corsi in modalità e-learning. Sostanzialmente è un insieme di programmi integrati che consente la distribuzione dei corsi e del materiale didattico, l’iscrizione degli studenti, il tracciamento delle loro attività. Si veda S. Monti Bonafede, F. San Vicente, V. Preti, Caratteristiche e capacità delle piattaforme di e-learning per l’apprendimento delle lingue, in «Elearning papers» (2006), <http://www.elearningeuropa.info/out/?doc_id=9565&rsr_id=11005>; M. Rotta, L'accessibilità e l'usabilità delle piattaforme Open Source, in «Form@re – Erickson» (2005) <http://formare.erickson.it/archivio/febbraio_05/4_ROTTA_1.html>; M. Giacomantonio, Dove vanno le piattaforme di e-Learning, in «WBT» (2004), <http://www.wbt.it/index.php?risorsa=piattaforme_elearning>.

[8] WebCT <http://www.webct.com/> è stata usata dal team degli organizzatori (Turku) e vi ha immesso materiali la maggior parte degli altri partner; Alcalà ha usato la medesima piattaforma, ma l’ha installata su un proprio server. Dokeos <http://www.dokeos.com/> è stata invece usata dal gruppo pisano.

[9] Tale analisi è forzatamente e volutamente sommaria. Per confronti molto più accurati e specifici non solo tra queste due piattaforme, ma tra le numerose e diverse piattaforme disponibili si veda ad esempio il materiale messo a disposizione da Alma Two Osservatorio di E-learning <http://www.almatwo.it/>. Dall’esperienza sul campo una differenza tecnica importante tra le due piattaforme è stata notata a livello dei forum: Dokeos permette agli studenti di scrivere gli interventi formattando il testo (utilizzare cioè colori, grassetto, corsivo e testo sottolineato). Questo facilita la lettura, evidenzia i punti importanti, vivacizza il testo ed è di grande aiuto nell’apprendimento a distanza.

[10] La sua messa a punto è stata infatti estremamente difficile: si pensi per esempio ai problemi che ha comportato sul piano amministrativo e organizzativo, date le necessità di armonizzare tempi e meccanismi di iscrizione, calendario delle “lezioni” e vacanze accademiche.

[11] Anche la rigida suddivisione delle fasi aveva il medesimo scopo: ogni fase doveva durare un numero determinato di giorni, tutti gli studenti dovevano cominciare e terminare la propria fase nella medesima data. In questo modo la spinta alla coesione e alla collaborazione si è mantenuta costante.

[12] In particolare A. D. Smith’s, Nations and their pasts , e E. Gellner Do nations have navels?, in«Nations and Nationalism», 2 (3) (1996), pp. 357-370, <http://www.lse.ac.uk/collections/gellner/Warwick0.html>; E. Hobsbawm, Identity history is not enough, in Id., On History, New York, 1997, pp. 266-277; Ph. Gleason, Identifying Identity: A Semantic History, in «The Journal of American History», 69 (1983), 4, pp. 910-931. L’ultimo articolo è stato usato anche per rilasciare un breve test autovalutativo.

[13] Si trattava delle seguenti domande: «After you have read the article by Eric Hobsbawm, you are asked to find out more information about the author. In what context, and with what kind of background, does Eric Hobsbawm address the issue? After learning about the author, what in your view is the purpose of the chapter that Hobsbawm has written? Hobsbawm knows that historians are often responsible for promoting false visions of the past. What kind of ethical issues does Hobsbawm raise, and what do you think of his ideas in combining “identity” and “history”? What does he suggest should be the correct ethical stance of the historian? What are the problems that he or she may face? The so-called Warwick debate deals for instance with the relationship between identity and the nation state. What are the arguments raised, and how valid do you consider them to be? If we accept, for the sake of argument, the metaphor of the ‘navel’ as used in the debate, do you think your country has one? Or not?».

[14] Vale la pena notare che sono organizzati in questo modo la maggior parte degli esami di ambito umanistico “concordati” tra il docente e lo studente non frequentante.

[15] Questo ovviamente a patto che si rendano visibili i corsi erogati per via telematica, cosa che purtroppo non si verifica spesso. Tale “chiusura” dei corsi on line, motivata ovviamente da esigente diverse, quali i diritti d’autore o la limitazione all’accesso agli studenti iscritti e paganti, è a mio avviso uno degli ostacoli maggiori alla diffusione delle tecniche di e-learning negli atenei italiani ed europei. Si deve notare però anche che se la discussione sull’efficacia, la struttura e le finalità di della didattica della storia ha prodotto una ricca bibliografia in ambito scolastico, e se materiali sulle tecniche e le problematiche dell’e-learning sono ormai abbondanti nella Rete, tale ricchezza non si riscontra per la didattica universitaria della storia. Evidentemente il tema non è, in generale, nelle corde dei docenti accademici. Appare quanto meno bizzarro che all’Università l’unica “prova di didattica” chiesta al futuro docente sia la “lezione” che deve tenere in sede concorsuale per accedere alla seconda fascia. Nessuna capacità o esperienza didattica è ufficialmente richiesta ai ricercatori, che si fanno in realtà carico di buona parte degli insegnamenti impartiti negli atenei italiani.

[16] Sul tema dei Learning Object e sulle analogie/differenze con l’Unità Didattica si veda M. Giacomantonio, Come progettare i propri learning object, in “Wbt” (marzo e giugno 2004) <http://www.wbt.it/index.php?risorsa=learning_object> e <http://www.wbt.it/index.php?risorsa=learning_object_2>. Molto sinteticamente si può dire che un’Unità Didattica è un prodotto essenzialemente teorico, che in un contesto tradizionale di traduce in un insieme organico di azioni pratiche (lezioni, letture e compiti), mentre in ambito virtuale si traduce in un “pacchetto” di dati e istruzioni che, teoricamente, potrebbe essere utilizzato anche in corsi diversi e scambiato tra docenti, a patto di essere costruito in un formato interscambiabile.

[17] L’entrata era dedicata al Mediterraneo considerato come elemento di unione tra le civiltà che vi si sono affacciate in prospettiva storica e prevedeva la lettura dei seguenti testi: S. Guarracino, Mediterraneo, in Dizionario di Storiografia, Milano 1996, pp. 662-664; una scheda su H. Pirenne, Maometto e Carlomagno (1937); una scheda su Roberto Sabatino Lopez; F. Braudel, Le penisole: montagne, altipiani, pianure, in Id., Civiltà e Imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Torino 1976, pp. 9-21; Id., La storia e M. Aymard, Gli spazi, in F. Braudel et alii, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Milano 1987, pp. 101-122 e 123-144. Alla fine di questa sezione è stato chiesto agli studenti di usare Internet per indagare il contesto culturale e politico in cui Braudel ha scritto.

[18] Gli autori rispettivamente sono: A.K. Isaacs (autrice anche della stanza d’entrata), A.M. Pult, E. Salvatori (le due stanze medievali), S. Villani.

[19] Riporto alcune istruzioni date dal tutor (Stefano Villani) agli studenti: «Questa è stata concepita più che come una stanza “chiusa” come una sorta di piazza aperta dove si può scegliere tra molte cose. Ognuno dei testi in rete, sia quelli presenti sulla nostra piattaforma sia quelli indicati qui sopra che sono pubblici, possono permettere di fare considerazioni immediate sulla politica e sulla religione. Meno immediate, ma fortemente presenti le tematiche riguardanti il linguaggio e il genere. Un esame attento delle livornine può suscitare considerazioni interessanti sul linguaggio utilizzato dalla segreteria granducale. L’organizzazione urbana e la storia delle nazioni permettono di fare considerazioni di genere, talvolta magari per considerare l’eventuale assenza dei soggetti femminili nella legislazione cittadina».

[20] Le perplessità sono state espresse negli incontri locali e internazionali che hanno preceduto e consentito la costruzione del corso.

[21] La sezione è in seguito divenuta un’unità didattica accessibile a tutti all’indirizzo <http://www.clioh.net/tecmate/elearn.htm>.

[22] CLIOHnet sta per “Creating Links and Innovative Overviews to Enhance Historical Perspective in European Culture” ed è un vasto network di storici su scala planetaria. Per informazioni si veda il sito ufficiale <http://www.clioh.net>; la biblioteca di CLIOHnet, organizzata per temi e periodi storici, è all’indirizzo internet <http://www.stm.unipi.it/Clioh/tabs/core.htm>. Sull’idea di Europa si veda in particolare <http://www.stm.unipi.it/Clioh/tioe/tioe.htm>.

[23] L’indirizzo fornito agli studenti è stato <http://europa.eu.int/comm/mediatheque/multimedia/archives_en.html>.

[24] <http://ehlee.utu.fi/publ.htm>.

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UpUltimo aggiornamento: 07/10/07