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Didattica > Fonti > Antologia di fonti sulla corte di Bisanzio > Fonti, 3

Fonti

Antologia di fonti sulla corte di Bisanzio

a cura di Giorgio Ravegnani

© 2000-2005 – Giorgio Ravegnani per “Reti Medievali”


PARTE II: LE FONTI

3. La proclamazione di Giustino I

Giustino I era un ex contadino che aveva abbandonato in giovane età il paese natale per recarsi a Costantinopoli e arruolarsi nella guardia imperiale. Percorse in seguito una brillante carriera e arrivò al trono in maniera abbastanza casuale dopo la morte di Anastasio I. Con lui iniziò l'epoca più significativa del primo periodo di storia bizantina, che sarebbe stata segnata dai successi del nipote e successore, Giustiniano I.


Nell'elezione di Giustino di pia e divina sorte si ebbe un certo disordine poiché non vi furono né un'augusta né un imperatore che lo avesse designato, ma le cose si svolsero al di fuori di ogni previsione. Nella notte in cui morì Anastasio di divina sorte, infatti, i silenziari chiamarono a Palazzo il magister e il comes degli excubitores [1]. Vennero perciò il magister Celere e Giustino di divina sorte che allora era comes degli excubitores. E subito il magister inviò ordini alle scholae affinché i candidati [2] e gli altri scholares si presentassero. Anche Giustino di divina sorte ordinò ai soldati, ai tribuni , ai vicari e ai graduati degli excubitores di presentarsi e così parlò loro: «Il nostro sovrano, essendo un uomo, è morto. Bisogna perciò che noi tutti deliberiamo di comune accordo per scegliere un sovrano che piaccia a Dio e sia utile all'impero». Anche il magister parlò allo stesso modo ai candidati e agli ufficiali degli scholares.

All'alba arrivarono i dignitari abbigliati in parte con abiti scuri e in parte con abiti variopinti. Il popolo a sua volta si radunò nell'ippodromo e acclamò il senato gridando: «Molti anni al senato! o senato dei Romani, vinci! L'imperatore dato da Dio all'esercito, l'imperatore dato da Dio al mondo!» e molte altre cose del genere. Tutti i dignitari e l'arcivescovo si sedettero su sgabelli disposti nel portico dinanzi al grande Triclinio e cominciarono a contendere fra loro per la scelta dell'imperatore opponendosi l'uno all'altro. Dato che il tempo passava, il magister Celere disse loro: «Deliberiamo ed agiamo fintanto che è possibile. Se infatti eleggeremo in breve tempo il nuovo sovrano, tutti ci seguiranno e se ne staranno tranquilli. Tra poco, al contrario, non saremo più padroni di decidere ma dovremo noi seguire le decisioni altrui».

Ma poiché i contrasti non vennero meno anche dopo il suo intervento, gli excubitores che si trovavano nella parte alta, all'ippodromo, proclamarono imperatore un certo tribuno Giovanni, un familiare di Giustino di divina sorte divenuto in seguito vescovo di Eraclea, e lo sollevarono sullo scudo. Ma gli Azzurri [3] cercarono di impedirlo tirando pietre e alcuni di loro furono colpiti dalle frecce degli excubitores. Fu quindi la volta degli scholares che si dispersero e si impadronirono di un patrizio, con il grado di generale, conducendolo in mezzo al Triclinio con l'intenzione di incoronarlo. Gli excubitores, però, si opposero e, recatisi sul posto, lo catturarono ed erano sul punto di ucciderlo. Ma si trovò il nostro piissimo signore Giustiniano, allora un candidatus, che lo salvò ordinando poi di condurlo sotto scorta nel quartiere degli excubitores. Tutti gli excubitores spinsero quindi il pio Giustiniano a divenire imperatore, ma egli rifiutò. A ogni successiva scelta venivano percosse le porte d'avorio e si chiedevano ai cubiculari le insegne imperiali ma questi, sentendo i nomi degli eletti, non le concedevano.

Alla fine il senato unanime scelse Giustino di divina sorte e in un modo o nell'altro lo costrinse ad accettare la designazione. Alcuni scholares, indispettiti, lo aggredirono e uno di questi giunse a dargli un pugno rompendogli un labbro. Prevalse tuttavia l'opinione generale di senatori, soldati e popolani e Giustino fu condotto all'ippodromo dove venne acclamato dagli Azzurri e dai Verdi e i cubiculari portarono sollecitamente le insegne. Salì quindi sul Kathisma assieme all'arcivescovo Giovanni [4] e agli altri dignitari che sono soliti salirvi mentre i restanti stavano sotto. In piedi sullo scudo ebbe il maniakis da Godila campiductor dei Lanciarii e subito vennero risollevate da terra le insegne, come è consuetudine in simili proclamazioni. Non entrò tuttavia nella sala per cambiarsi, ma i soldati fecero una testuggine [5] dietro la quale si vestì. Il vescovo gli pose in capo la corona ed egli prese lancia e scudo e si mostrò. Tutti gridarono: «Giustino Augusto, vinci!». Parlò quindi al popolo quando gli fu dato il libellarion che conteneva tra l'altro la promessa di cinque monete d'oro e una libbra d'argento per ogni soldato. Il libellarion venne letto dai libellesioi, dato che non si trovò il questore e non si poté reperire il magister Celere che al momento si era allontanato a causa del suo disturbo ai piedi.

L'allocuzione fu la seguente:

- L'imperatore cesare Giustino vincitore sempre augusto: «Per decisione di Dio onnipotente e per la vostra comune scelta avendo ottenuto l'impero, invochiamo la divina provvidenza…».

- Grida di tutti: «Ogni bene all'impero! Così come hai vissuto, regna! Ogni bene al governo! O sovrano celeste, salva quello terrestre! Giustino augusto, vinci! Molti siano gli anni del nuovo Costantino! Noi siamo servi dell'imperatore!».

- L'imperatore cesare augusto: «affinché per sua grazia ci dia la forza per compiere tutto quanto è utile a voi e allo stato».

- Grida di tutti: «Figlio di Dio, abbi pietà di lui! Tu lo hai scelto, Tu abbi pietà di lui! Giustino augusto, vinci!» e molte altre cose del genere.

- L'imperatore cesare augusto: «Sarà infatti nostra premura farvi ottenere ogni benessere con l'aiuto della divina provvidenza e custodire ognuno di voi con affetto, cura e sicurezza».

- Grida di tutti: «Degno dell'impero, degno della Trinità, degno della città! Molti siano gli anni dell'imperatore! Chiediamo per l'impero governanti onesti!» e molte altre cose del genere.

- L'imperatore: «Per la celebrazione del nostro felice impero doneremo a ognuno di voi cinque monete d'oro e una libbra d'argento».

- Grida di tutti: «Dio protegga l'imperatore cristiano: questi sono i voti di tutto l'impero!» e molte altre cose del genere.

- L'imperatore: «Dio sia con voi».

Il resto si svolse secondo il rito come già per Anastasio di divina sorte.

Pietro Patrizio, Sulla scienza politica, 91.
(in Constantini Porphyrogeniti de cerimoniis aulae byzantinae, I, a cura di I. I. Reiske, Bonn 1829).

[1] Magister officiorum e comes excubitorum comandavano rispettivamente i reparti della guardia palatina delle scholae e degli excubitores.

[2] I candidati erano scholares scelti che indossavano un'uniforme bianca.

[3] Gli Azzurri, come i Verdi citati più avanti, erano una fazione sportiva, che in questo periodo aveva assunto anche una fisionomia politica.

[4] Giovanni II Cappadoce (518-520).

[5] La testuggine consisteva in un riparo fatto con gli scudi.

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UpUltimo aggiornamento: 25/04/2005