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Didattica > Fonti > Antologia di fonti sulla corte di Bisanzio > Fonti, 9

Fonti

Antologia di fonti sulla corte di Bisanzio

a cura di Giorgio Ravegnani

© 2000-2005 – Giorgio Ravegnani per “Reti Medievali”


PARTE II: LE FONTI

9. Il trionfo sui Vandali

Nel 534, dopo una breve campagna, Belisario ebbe ragione del regno dei Vandali, che si era costituito un secolo prima nell'Africa romana. Fu la prima delle grandi riconquiste giustinianee, seguita poi dal recupero dell'Italia e di parte della pensisola iberica sottratta ai Visigoti. Il generale vittorioso, tornato a Costantinopoli, ebbe l'onore del trionfo che fu ornato anche da Gelimero, l'ultimo re dei Vandali.


Quando Belisario giunse a Bisanzio con Gelimero e i Van dali fu giudicato ben meritevole di ricevere quegli onori che nei tempi antichi venivano conferiti ai generali romani che a vessero riportato le vittorie più importanti e più degne di celebrità. Era già passato un lasso di tempo di circa seicento anni senza che nessuno avesse ricevuto tali onoranze, eccetto Tito e Traiano e tutti gli altri imperatori che avevano mosso guerra a qualche popolazione barbarica e ne erano riusciti vincitori [1].

Belisario fece sfilare per il centro della città tutte le spoglie di guerra e i prigionieri, in quella solenne processione che i Romani chiamano triumphum, non però nella maniera antica ma andando a piedi da casa sua fino al circo e là percorrendo ancora il tratto dalle cancellate fino al punto dov'era il seggio imperiale. Qui si trovavano disposti tutti gli oggetti preziosi del bottino che è norma riservare per il servizio di un sovrano: sedili d'oro e cocchi sui quali è costumanza che venga trasportata la moglie di un re, una grande quantità di gioielli costituiti di pietre rare, coppe d'oro e tutte 1e altre cose necessarie per una mensa reale. C'era inoltre dell'argento, per un peso di molte migliaia di talenti, e l'immensa ricchezza di tutto il tesoro regio, perché Gizerico [2] aveva saccheggiato il Palatino [3], come abbiamo narrato in un precedente capitolo, e tra il resto c'erano anche i tesori degli Ebrei che Tito, figlio di Vespasiano, aveva portato a Roma, con altri; dopo la distruzione di Gerusalemme. Vedendo questi ultimi, un Ebreo, ch'era seduto vicino ad un conoscente dell'imperatore, disse: «Credo che sia pericoloso portare questi tesori dentro il palazzo reale di Bisanzio. Non è possibile che essi stiano in altro luogo se non dove li aveva messi la prima volta Salomone, il re dei Giudei. Per causa loro, infatti, Gizerico è riuscito ad espugnare la reggia dei Romani e adesso l'esercito romano ha espugnato quella dei Vandali». Quando gli vennero riferite queste parole, l'imperatore fu preso da paura e subito mandò ogni cosa ai templi cristiani di Gerusalemme.

Nel trionfo, tra i prigionieri di guerra c'era anche lo stesso Gelimero, il quale portava sulle spalle una specie di manto di porpora, con la famiglia e tutti i Vandali più alti di statura e belli di corporatura. Gelimero, appena gi unse nel circo e vide l'impera tore assis o su un'alta tribuna, e il popol o dall'altra parte, guardandosi intorno e considerando in quale triste situazione egli invece si trovava, non pianse e non si lamentò, ma non cessò di meditare la sentenza ebraica che dice: «Vanità delle vanità, tutto è vanità». Quando giunse sotto la tribuna imperiale, gli tolsero il m anto di porpora e lo costrinsero a gettarsi prono ai piedi dell'imperatore in atto di riverenza. Anche Belisario fece cosi, mettendosi con lui come supplice davanti all'imperatore.

L'imperatore Giustiniano e l'imperatrice Teodora fecero dono di discrete somme di denaro a tutti i figli e discendenti di Ilderico [4], nonché ai famigliari dell'imperatore Valentiniano [5], e a Gelimero concessero delle terre, non certo di poco valore, nella Galazia, permettendogli di vivere là con la famiglia. Però Gelimero non poté essere assolutamente ammesso tra i patrizi, perché non volle abiurare la religione ariana. Qualche tempo dopo Belisario celebrò anche il trionfo secondo le antiche usanze. Infatti, essendo stato eletto console [6], gli toccò di essere portato a spalle dai prigionieri di guerra; poi dal cocchio trionfale gettò alla folla parte del bottino fatto nella guerra contro i Vandali. Così il popolino guadagnò dal consolato di Belisario coppe d'argento, cinture d'oro, e svariati altri oggetti preziosi del tesoro dei Vandali, e parve che si fosse rinnovata dopo tanto tempo un'antica consuetudine in disuso.

Procopio, La guerra vandalica, II, 9.
(trad. it. in Procopio di Cesarea, Le guerre persiana vandalica gotica, a cura di M. Craveri, Torino 1977).

[1] Dal tempo di Augusto, infatti, il trionfo era riservato ai soli imperatori.

[2] Genserico.

[3] I Vandali avevano saccheggiato Roma nel 455.

[4] Ilderico, re dei Vandali, deposto e fatto uccidere da Gelimero.

[5] Valentiniano III.

[6] Belisario fu console nel 535.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 25/04/2005