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Fonti

Antologia di fonti sulla corte di Bisanzio

a cura di Giorgio Ravegnani

© 2000-2005 – Giorgio Ravegnani per “Reti Medievali”


PARTE II: LE FONTI

Premessa

La raccolta di testi che si propone intende fornire un quadro dei principali aspetti della vita di corte a Bisanzio, con particolare riferimento ai secoli VI e X, che ne rappresentarono l’epoca di particolare splendore. La prima è una testimonianza politica tratta dall’orazione sulla regalità pronunciata nel 399 a Costantinopoli da Sinesio di Cirene, che invitò l’imperatore Arcadio a colmare il distacco fra la corte e la vita reale, da cui derivava una pericolosa confusione fra la sacralità con cui era avvolta la sua persona e un surreale distacco dal governo dell’impero. Seguono quindi le narrazioni delle cerimonie di incoronazione di Anastasio I e di Giustino I (rispettivamente nel 491 e nel 518), giunteci attraverso il trattato Sulla scienza politica di Pietro patrizio, ambasciatore e alto funzionario sotto Giustiniano, che affidò a questa opera, di cui ci restano soltanto frammenti, il risultato della sua attività come magister officiorum, uno dei principali ministri palatini al quale era affidata la cura del cerimoniale. La proclamazione di un sovrano nel tardo antico variava secondo le modalità con cui era stato scelto, per cooptazione da parte dell’imperatore in carica o a seguito di un’elezione, ma in ogni caso aveva un carattere pubblico e passava attraverso una serie di atti rituali complessi ed elaborati con cui il nuovo eletto si mostrava alle truppe e al suo popolo. La carriera di Giustino I, un vecchio soldato salito al trono quasi per caso, offre poi un’idea, per quanto distorta dalla faziosità della fonte, di come al di là dell’apparente rigidità sociale la via per il trono fosse aperta anche per chi era estraneo ai ristretti gruppi di potere che operavano a corte. Le fonti che seguono riguardano l’età di Giustiniano, nipote e successore di questo sovrano, una delle più complesse figure della storia della Roma d’Oriente, destinato a lasciare di sé un’impronta che andò di gran lunga al di là dei confini dell’impero e della vicenda di cui fu protagonista. Giustiniano fu esaltato dai contemporanei per le sue capacità certamente non comuni, ma nello stesso tempo vituperato e odiato senza ritegno dagli avversari politici. Nella prima prospettiva è significativo quanto racconta Giovanni Lorenzo Lido, un curioso personaggio contemporaneo dell’imperatore, funzionario della prefettura del pretorio di Oriente e insegnante di latino all’università di Costantinopoli, a cui si deve un trattato Sulle magistrature del popolo romano, che parte dalle origini nella Roma dei re per arrivare fino ai suoi tempi. Del tutto opposta è al contrario la seconda testimonianza, fornita da Procopio di Cesarea, il maggiore storico dell’epoca, a cui oltre ai Libri sulle guerre e al de aedificiis, dedicato alle costruzioni del suo sovrano, si deve la famosa Storia Segreta, rivolta a un ristretto gruppo di oppositori, nella quale sia Giustiniano che Teodora sono presentanti in chiave del tutto negativa. Ancora all’epoca di giustinianea è riferibile un passo del Chronicon Paschale, uno scritto anonimo del VII secolo così detto per il particolare tipo di cronologia adottata, con un’ampia relazione sulla rivolta di Nika, che nel 532 devastò Costantinopoli causando l’incendio di una parte consistente dei monumenti cittadini, in seguito ricostruiti da Giustiniano. La controversa figura dell’imperatrice Teodora emerge ugualmente in modo antitetico anche negli scritti dello stesso Procopio, che nella Storia Segreta si dilunga sui vizi, veri o presunti, e sull’assoluta immoralità della sua vita, mentre nella descrizione ufficiale della rivolta di Nika non esita a esaltarne il coraggio e la forza d’animo mostrata nel fronteggiarla. Ancora Procopio, infine, offre altre due testimonianze importanti per l’epoca giustinianea, relative alla ricostruzione del Gran Palazzo di Costantinopoli dopo la rivolta di Nika, da cui fu in parte distrutto, e a un aspetto significativo del cerimoniale legato a un trionfo celebrato solennemente nella città imperiale. La prima di queste, contenuta nel de aedificiis, conserva memoria di una costruzione oggi non più esistente, il vestibolo del Palazzo, e dei mosaici che lo ornavano, mentre la successiva ricorda il miserabile destino dell’ultimo re dei Vandali, Gelimero, costretto nel 534 a prendere parte alla celebrazione della vittoria del suo nemico. L’ultimo testo presentato ci porta al X secolo, quando la corte bizantina raggiunse il massimo splendore, e si deve a un occidentale, Liutprando di Cremona, ambasciatore a Costantinopoli nel 949 per conto di Berengario II marchese di Ivrea. Liutprando, che aveva nozioni di greco e ammirava la civiltà bizantina, ricorda nella sua Antapodosis come fu ricevuto a Palazzo da Costantino VII Porfirogenito con un cerimoniale elaborato e destinato a colpire l’immaginazione dei visitatori e come, in seguito fu ospitato in altre occasioni a corte durante il suo lungo soggiorno a Costantinopoli.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 25/04/2005