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Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione I – Disposizioni dell'autorità laica

4. Carlomagno e gli studenti

L’anonimo monaco di Sangallo autore del De gestis Karoli imperatoris inizia la sua opera con una lunga narrazione, che ci presenta Carlomagno nelle vesti di restauratore degli studi letterari del suo impero. La veridicità delle notizie è stata più volte messa in dubbio, soprattutto per quanto riguarda le circostanze della venuta dei due maestri dalla Scozia e la pretesa attività del compagno di Clemente in Pavia. Queste pagine restano tuttavia un documento molto significativo: vi leggiamo la presentazione dell’attività svolta da Carlomagno in questo settore da un punto di vista che si può sostanzialmente considerare quello ufficiale; e una presentazione che tocca tutti i principali problemi oggetto della discussione della critica: il contributo dei maestri d’oltre Manica alla cosiddetta «rinascita» e soprattutto gli intenti che ispirano l’azione dell’imperatore.

Fonte: MONACHUS SANGALIENSIS, De gestis Karoli Imperatoris, libro I, capp. 1-4, in Monumenta Germaniae Historica, Scriptores, II, pagg. 731-732.


1. Colui che nella sua onnipotenza regge ogni cosa e dispone dei regni e dei tempi, infranti nelle terre dei Romani i piedi di ferro e di creta di quella famosa, mirabile statua [1], di un’altra non meno mirabile statua eresse presso i Franchi il capo d’oro, per mano dell’illustre Carlo. Allorché egli incominciò a regnare, unico sovrano, sull’Occidente, gli studi letterari erano quasi ovunque in completa dimenticanza e per questo motivo languiva il culto del vero Dio; accadde allora che dall’Irlanda sbarcarono nelle terre di Francia due Scozzesi, uomini straordinariamente colti nelle lettere sacre e profane. Essi giungevano insieme con i mercanti britannici, ma non offrivano oggetti in vendita, e alla gente che si radunava intorno a loro per comperare solevano dire a gran voce: «Chi desidera la sapienza, venga da noi e l’avrà: questa noi vendiamo!». Dicevano che l’avevano in vendita, perché si erano accorti che il popolo si interessava all’acquisto di cose venali, non di quelle gratuite: intendevano così incitarli ad acquistare la sapienza al modo in cui si acquista la mercanzia e, come si vedrà in seguito, miravano a suscitare intorno a sé con queste parole ammirazione e stupore.

E infatti questi discorsi, ripetuti da uditori entusiasti o da chi riteneva i due scozzesi fuor di senno, finirono con il giungere alle orecchie del re Carlo, sempre animato da amore e da desiderio di sapienza.

Subito egli li fece venire alla sua presenza e domandò loro se veramente, come si diceva, avessero con sé la sapienza. Essi risposero: «L’abbiamo, e siamo disposti a darla, in nome di Dio, a chi la chiede e la merita». Carlo li interrogò su che cosa volessero in cambio, ed essi risposero: «Chiediamo soltanto luoghi idonei e animi ben disposti, e per il resto quanto è indispensabile per vivere in un paese straniero: vitto e qualche cosa da coprirci». Quando sentì questo, Carlo, pieno di immensa gioia, dapprima li tenne tutti e due per qualche tempo presso di sé; in seguito, dovendo partire per delle spedizioni militari, ordinò che uno dei due, Clemente, si fermasse in Gallia, e gli affidò un notevole numero di fanciulli di origine nobile, mediocre e infima, fornendoli, secondo la necessità, di vitto e di alloggio. L’altro, che si chiamava…, lo mandò in Italia, assegnandogli la cura del monastero di Sant’Agostino presso Pavia, affinché chiunque fa volesse potesse qui convenire per imparare.


2. Quando l'inglese Albino [2] venne a saper quanto Carlo, religiosissimo fra i re, avesse gradito la visita di quegli uomini sapienti, si imbarcò e si presentò a lui.

Fra tutti gli studiosi dei tempi moderni egli era il più esperto delle Sacre Scritture, che conosceva in tutta la loro estensione: cosa naturale, se si pensa che era discepolo del dottissimo Beda, il maggior espositore della Scrittura dopo san Gregorio. Beda l’aveva tenuto con sé fino alla morte, sempre, tranne quando era stato in guerra: Alcuino voleva essere chiamato suo discepolo e voleva che si riconoscesse in Beda il suo maestro.

A lui Carlo diede l’abbazia di San Martino presso Tours, affinché, quando il re era assente, potesse riposarvi, con l’impegno tuttavia di insegnare a coloro che quivi accorressero. La sua dottrina diede tali frutti, che oggi i moderni Galli o Franchi possono essere paragonati agli antichi Romani ed Ateniesi.


3. Quando, dopo un lungo periodo di imprese vittoriose, Carlo ritornò in Gallia, radunò i giovani che aveva affidato a Clemente e si fece mostrare le epistole e i poemi che avevano composto. Quelli dei giovani di mediocre e di infima origine erano, oltre ogni speranza, ornati di tutte le dolcezze della sapienza; ma gli altri, i giovani di origine nobile, presentarono dei lavori insipidi, senza fuoco. Allora il saggissimo Carlo, imitando la giustizia del giudice eterno, posti alla sua destra coloro che avevano bene operato, così si rivolse loro: «Siate ringraziati, o figli, perché vi siete adoperati, secondo le vostre possibilità, per ottemperare al mio comando e perseguire il vostro bene. Cercate ora di raggiungere la perfezione, ed io vi darò splendidi vescovadi e monasteri, e sarete sempre in onore al mio cospetto».

Quindi, volgendosi in atto di infinito biasimo verso coloro che stavano alla sua sinistra, e scuotendo la loro coscienza con uno sguardo fiammeggiante, con terribile ironia, tuonando, piuttosto che parlando, buttò loro in viso queste parole:
«Voi, nobili, voi, figli dei primi del regno, voi raffinati e graziosetti, voi avete fidato sulle vostre origini e le vostre ricchezze, non vi siete dati pensiero del mio comando e della vostra gloria, avete trascurato lo studio delle lettere, avete indulto alle mollezze, ai divertimenti e all’inerzia o avete perso tempo in esercizi inutili».

Detto questo, rivolgendo al cielo l’augusto capo e la destra invitta, fulminò com’era solito la sua maledizione: « Per il re dei cieli! Non m’importa nulla della vostra nobiltà e della vostra bellezza, che tanti vi ammirano. E tenete bene a mente questo: se non rimedierete al più presto con uno studio assiduo alla vostra passata negligenza, non avrete mai niente di buono da Carlo ».


4. Scelse dunque fra questi ragazzi poveri uno che si distingueva per la sua eccellenza nel parlare e nello scrivere e lo assunse nella sua cappella…

[1] Allude naturalmente all’allegoria biblica sulla transitorietà dei regni di questo mondo, contenuta nel sogno di Nabucodonosor (Daniele, II, 29-45).
[2] Flaccus Albinus era il nome assunto per sé da Alcuino in omaggio ai modelli letterari dell’antichità classica.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05