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Didattica > Fonti > Istruzione e educazione nel Medioevo > II, 10

Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione II – La scuola cristiana

10. Lo studio nella vita di un monaco letterato

La letteratura agiografica è una fonte importante per la storia della scuola medievale. Trattando dell'infanzia e della giovinezza del protagonista, dà spesso notizie sui suoi maestri. Bisogna naturalmente tener conto delle regole che presiedono a questo genere letterario, per cui, più che ai dati di fatto che possono fornirci, le vite dei santi interessano per il modo in cui presentano l'esperienza scolastica nella vita del protagonista, il rapporto tra studio e vita religiosa, le idee pedagogiche. Ecco alcuni brani della vita di Abbone di Fleury, allievo di Gerberto a Reims, studioso di grammatica e di aritmetica, maestro nell'abbazia inglese di Ramsey prima di diventare abate di Fleury intorno al 1000.


Nel monastero di Fleury è affidato, per essere istruito alle lettere, alla scuola dei chierici appartenenti alla giurisdizione della chiesa di San Pietro. Fu certo, così crediamo un disegno della Provvidenza divina che egli dovesse ricevere i primi elementi delle lettere là dove più tardi avrebbe offerto a piene mani i tesori della sua dottrina alle menti degli scolari assetati di sapienza, restituendo a coloro dai quali non aveva avuto che i primi semplici rudimenti, o ai loro successori, il frutto raddoppiato del capitale avuto in consegna.

Ancor fanciullo ricercava con tanta passione le profondità dell'arte letteraria, che quanto udiva una sola volta dai maestri lo riponeva per sempre nel segreto del cuore... Con l'incessante esercizio delle lettere egli si preoccupava di domare la carne per costringerla a servire allo spirito. Ed infatti non faceva come certi giovani, che per amore dello studio trascurano la devota applicazione alla preghiera. Poiché egli con tutto l'affetto del suo cuore amava la professione di vita monastica che il suo abito dichiarava, e all'esercizio delle arti liberali si dedicava quasi per divertimento, dopo aver innalzato a Dio l'offerta delle sue preghiere.

Egli era giunto ormai a un grado così elevato di scienza che poteva distribuire anche agli altri il tesoro dei talenti ricevuti; fu quindi incaricato di insegnare agli scolari; ed egli, per un periodo di alcuni anni li istruì con tanta cura nella lettura e nel canto che avrebbe potuto mostrare con legittimo orgoglio la sua soddisfazione per aver saputo far fruttare tanto la moneta che gli era stata affidata. Ma egli, ardendo dal desiderio di scrutare sempre più profondamente i misteri della scienza, si recò nei centri di studio di diverse località: conoscendo ormai perfettamente la grammatica, l'aritmetica e la dialettica, voleva arricchire la sua mente con il possesso delle altre arti. Si recò dunque presso maestri in fama di grande sapienza a Parigi e a Reims, dove fece qualche progresso (ma non quanto avrebbe desiderato) nell'astronomia. Ritornato ad Orleans, riuscì, a caro prezzo, a farsi insegnare da un chierico, ma nascostamente, a causa degli invidiosi, le dolcezze dell'arte musicale. Possedeva così completamente cinque delle cosiddette arti liberali, e superava con la vastità della sua scienza tutti i contemporanei. Rimanevano la retorica e la geometria, delle quali non poté raggiungere come avrebbe voluto una piena conoscenza; anche, di queste tuttavia non rimase completamente digiuno. Aveva, infatti appreso la ricchezza dello stile retorico dalla lettura di Vittorino, colui che Gerolamo interprete della legge divina si vanta di aver avuto maestro, e conosceva non mediocremente la molteplicità dei numeri dell'arte geometrica. Infine, essendosi formato con l'impegno e la vivacità del suo ingegno una così vasta cultura, non gli fu difficile scrivere a sua volta su questi argomenti. Sciolse con eccezionale acutezza alcuni nodi dei sillogismi dialettici e mise insieme vari e dilettevoli calcoli relativi al computo. Un suo scritto dà notizia ai posteri delle dispute da lui composte sul corso del sole, della luna e dei pianeti. Diceva che contro i vizi della carne bisogna combattere una lotta continua… E riteneva che per questo, dopo le preghiere, dopo le virili battaglie dei digiuni, molto giovasse lo studio delle lettere. Egli stesso ne era un cultore appassionato e quasi non lasciava trascorrere tempo in cui non leggesse scrivesse o dettasse…

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05