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Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione II – La scuola cristiana

2. La lettura nella regola di san Benedetto

Come si è detto più volte, non si può parlare di scuola nei più antichi monasteri benedettini. Poiché tuttavia la lettura, liturgica e individuale, costituiva un momento fondamentale nella vita e nella spiritualità del monaco, dobbiamo considerare il monastero come un centro importantissimo di formazione e di trasmissione di cultura letteraria, naturalmente, nel periodo più antico, per quanto riguarda la letteratura religiosa. Coloro inoltre che entravano in monastero fanciulli o analfabeti dovevano impararvi a leggere e a scrivere partecipando alla vita della comunità e seguendo l'insegnamento dei più esperti.

Fonte: S. BENEDICTI, Regula, introduzione, testo, apparati, traduzione e commento a cura di G. Perno, O.S.B., La Nuova Italia, Firenze 1958, pp. 69, 117-119, 125-127, 137-139, 151.


D'inverno, cioè dal principio di novembre fino a Pasqua, secondo un calcolo ragionevole, ci si alzi all'ottava ora della notte dimodoché si riposi all'incirca un po' più di metà della notte e ci si levi a digestione finita. Ciò che poi rimane dopo le vigilie venga impiegato dai monaci che hanno bisogno di imparare il salterio o le lezioni appunto in tale lettura. (cap. VIII)

Alle mense dei monaci non deve mai mancare la lettura, né ivi deve leggere chi abbia afferrato a caso un libro qualunque, ma incominci alla domenica chi poi leggerà per tutta la settimana. Chi entra in tale ufficio, dopo le preghiere finali della Messa e la comunione, si raccomandi alle orazioni di tutti, affinché Dio allontani da lui lo spirito della superbia; e tutti dicano in coro tre volte questo versetto dopo che quello lo ha cominciato: «Signore, tu aprirai le mie labbra e la mia bocca annunzierà la tua lode», e ricevuta così la benedizione, cominci l'ufficio di lettore.

Si osservi sempre un rigoroso silenzio, dimodoché non si senta nessun bisbiglio, ma soltanto la voce del lettore. Quel che è necessario ai monaci per mangiare e per bere se lo porgano vicendevolmente senza che nessuno abbia bisogno di domandare nulla. Se proprio occorrerà qualche cosa, lo si chieda piuttosto con il suono di un segnale qualsiasi che con la voce. Né ivi alcuno pensi di domandare qualche cosa sulla lettura o su altro argomento, per non fornire dei pretesti, a meno che il superiore non voglia pronunciare brevi parole per edificazione.

Il monaco lettore di settimana, prima di cominciare a leggere, beva un po' di vino per rispetto alla santa comunione e affinché non gli riesca gravoso sostenere il digiuno; alla fine pranzi con gli addetti alla cucina e con i servienti. I monaci però non devono leggere o cantare in ordine d'anzianità, ma solo quelli che possono edificare chi ascolta. (cap. XXXVIII)

In ogni momento i monaci devono osservare il silenzio, specialmente poi durante la notte. E perciò in ogni periodo dell'anno, in tempo sia di digiuno sia di pranzo, se è stagione in cui ci sia anche il pranzo, appena si levano da cena, si raccolgano tutti insieme ed uno legga le Collazioni o le Vite dei Padri o qualche altra opera che edifichi chi ascolta, non però i primi sette libri del vecchio Testamento o dei Re perché agli animi un po' deboli potrebbe riuscire dannoso ascoltare a quell'ora tali parti della Scrittura, che possono leggere in altri momenti; se poi fosse giorno di digiuno, recitato il Vespro, dopo un piccolo intervallo vadano direttamente alla lettura, come abbiamo detto, e letti quattro o cinque fogli o quanto il tempo permette, mentre tutti si radunano durante questa pausa della lettura (anche chi fosse stato occupato in qualche lavoro impostogli), tutti dunque riuniti insieme dicano Compieta e una volta usciti da Compieta non sia più permesso di dir parola ad alcuno. (cap. XLII)

E perciò crediamo che entrambi gli orari di tali occupazioni [1] possano essere combinati in base al seguente ordinamento cioè da Pasqua fino agli inizi di ottobre al mattino, uscendo da Prima, lavorino quanto è necessario fino circa all'ora quarta; dall'ora quarta fin verso la fine dell'ora sesta siano occupati nella lettura. Finita sesta e levatisi da tavola, si riposino nel proprio letto in assoluto silenzio, e se per caso qualcuno volesse leggere per conto suo, se ne stia a leggere senza dar fastidio a nessuno. Si reciti Nona un po' in anticipo, a metà dell'ora ottava, e poi facciano di nuovo ciò che bisogna fare fino a Vespro. Qualora poi le esigenze locali o la povertà richiedessero che i monaci siano personalmente occupati nella raccolta delle messi, non abbiano ad adirarsene, poiché allora sono veramente monaci se vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli. Tutto però si compia con misura, avendo riguardo ai più deboli.

Dall'inizio d'ottobre poi fino al principio della Quaresima, attendano alla lettura fino alla fine dell'ora seconda. All'ora seconda si dica Terza e fino a Nona tutti attendano al lavoro loro assegnato. Dato poi il primo segnale di Nona, ciascuno interrompa il proprio lavoro, stando preparato per il suono del secondo segnale. Dopo la refezione attendano alle letture personali o allo studio dei salmi.

Nei giorni di Quaresima leggano dalla mattina fino all'ora terza compiuta, lavorando poi secondo gli ordini ricevuti fino all'ora decima compiuta. In questi giorni di Quaresima ognuno riceva un codice dalla biblioteca, da leggere di seguito e interamente; tali codici devono essere distribuiti all'inizio della Quaresima. Si incarichino innanzi tutto uno o due anziani che facciano il giro del monastero nelle ore in cui i monaci attendono alla lettura, per stare attenti che non si trovi qualche monaco pigro il quale perda tempo in ozio o in chiacchiere e non sia applicato alla lettura, e non solo si renda inutile a se stesso, ma distragga anche gli altri. Se si trovasse, che non sia mai, un tipo simile, lo si rimproveri una prima ed una seconda volta; se non si correggesse, sia sottoposto alla penitenza della Regola, in modo che gli altri ne abbiano timore. Né un monaco tratti con un altro monaco in ore non stabilite. Di domenica pure attendano tutti alla lettura, eccetto quelli che sono destinati ai vari uffici. Se però ci fosse qualcuno così negligente e svogliato da non volere o sapere stare raccolto e leggere, gli si dia da fare qualche lavoro perché non rimanga in ozio. Quanto ai monaci infermi o cagionevoli, si affidi loro un lavoro o un'attività tale che non stiano senza far niente e neppure si sentano schiacciati dal peso della fatica o addirittura tentati di andarsene; la loro debolezza deve invece esser tenuta presente dall'abbate. (cap. XLVIII)

E affinché questo vizio della proprietà sia totalmente sradicato, l'abbate deve provvedere tutto ciò che è necessario, cioè la cocolla, la tunica, i sandali, le scarpe, la cintura, il coltello, lo stilo, l'ago, i fazzoletti, le tavolette, in modo da togliere ogni pretesto di bisogno [2]. (cap. LV)

[1] Le occupazioni giornaliere dei monaci.

[2] Tra gli oggetti necessari al monaco l'abate deve dunque provvedere al necessario per leggere e scrivere.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05