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Didattica > Fonti > Istruzione e educazione nel Medioevo > II, 9

Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione II – La scuola cristiana

9. Gli studi di un monaco del secolo X

Dal racconto, naturalmente non privo di fioriture agiografiche, della giovinezza di Guglielmo novarese, futuro abate di Digione, ricaviamo l'accenno ad alcuni centri di studio ecclesiastici nell'Italia settentrionale sul finire del 900. Possiamo anche ricostruire, al di là dello schematismo caratteristico della letteratura agiografia, quella che può essere considerata una vicenda di studio abbastanza tipica per un monaco letterato in questo periodo.

Fonte: RAOUL GLABERr, Vita Sancti Willelmi, in Acta Sanctorum, genn. I, pp. 58-59.


Studi letterari; sua vita monastica a Lucedio con il padre Roberto.


Moltissimi altri presagi di ottimo auspicio si manifestarono in lui: li passiamo sotto silenzio per non ingenerare noia nel lettore. Certo, fin dalla più tenera età, le sue abitudini si differenziavano così chiaramente da quelle degli altri ragazzi [1] da destar meraviglia. Perciò padre e madre, in pieno accordo e con il parere favorevole di tutti i parenti, lo votarono a Dio, destinandolo a servire per sempre nella Sua casa.

Quando aveva circa sette anni lo condussero dunque al monastero di San Michele Arcangelo chiamato Lucedio, nel quale tra l'altro si venerano le ossa del beato martire Jannario. Qui, secondo le disposizioni della regola, lo offersero all'abate del luogo. Egli lo accolse devotamente e lo rivestì dell'abito della professione monastica. Fu lui ad insegnargli i primi rudimenti dello scrivere; lo affidò poi alla cura di un maestro, che non finiva di meravigliarsi vedendo la rapidità dell'intelligenza e i progressi nell'apprendere del suo discepolo il quale in poco tempo aveva raggiunto e superato i compagni più vecchi di lui. Questo gli valse fin d'allora l'ammirazione entusiastica sia dell'abate sia degli altri confratelli.

Col passar del tempo, crescendo egli in età e studiandosi di servire nel timor di Dio e nell'obbedienza, non gli mancarono i tormenti dell'invidia. Egli ne soffriva, ma sopportava con pazienza le offese, continuando ad adoperarsi con tutte le sue forze per il miglioramento dei suoi detrattori. Aveva infatti appreso alla perfezione, dapprima a Vercelli, poi a Pavia, sotto sicura guida, le regole dell'arte grammatica…

[1] Un tratto di psicologia dell'infanzia abbastanza comune nel pensiero pedagogico medievale, e ricorrente nelle agiografie: accanto a una valutazione positiva del fanciullo è presente negli autori medievali una fondamentale sfiducia per cui nel ragazzo si scorgono generalmente le inclinazioni cattive, ed è degno di nota colui che fin da piccolo si differenzia dagli altri, ha già le caratteristiche dell'adulto.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05