Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Istruzione e educazione nel Medioevo > III, 4

Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione III – Il curriculum degli studi

4. Corrispondenza tra maestro e allievo

Gerberto di Aurillac, mentre, arcivescovo di Reims, è alle prese con la feroce opposizione di ecclesiastici e feudatari, riceve questa lettera (doc. a) da Ottone III, forse da lui sollecitato ad intervenire in suo aiuto. L'imperatore, che era stato allievo di Gerberto quando questi aveva soggiornato alla corte di Ottone II, esprime il desiderio di averlo ancora come maestro. La lettera è redatta in uno stile ricercato, come si conviene alla fama di dottrina del destinatario. Il documento b riporta la risposta di Gerberto, che ben presto lascerà la sede episcopale di Reims per raggiungere in Germania l'imperatore.

Fonte: Per il documento a: Lettera CLIII, ed. e trad. francese J. Havet, Lettres de Gerbert, Parigi 1889; trad. inglese H. Lattin, The letters of Gerbert, New York 1961; per il documento b: ibidem, lettera CLIV.


a/ Ottone a Gerberto

L'imperatore Ottone a Gerberto, peritissimo dei filosofi, e illustre nelle tre parti della filosofia.


Noi vorremmo sopra ogni cosa acquistarci l'eccellente e venerata vostra amicizia, e desidereremmo assicurarci per sempre in avvenire il vostro patrocinio, poiché la vostra sublime sapienza è sempre stata benevola guida alla nostra semplicità. Ora, affinché, rimosso ogni ostacolo, possiamo rivolgerci a voi con gli accenti della nuda verità, abbiamo deciso che questa lettera vi manifesti appieno la nostra volontà: che voi rimuoviate in noi quanto c'è della rozzezza Sassone e facciate sì che si sviluppi la finezza greca[1]: poiché se vi è qualcuno che la sappia ravvivare, si troverà pure in noi una qualche scintilla dello spirito dei greci. Accostate a questo debole tizzone la fiamma della vostra scienza, ve lo chiediamo con umile preghiera, così da suscitare con l'aiuto di Dio il vivace ingegno dei Greci, e insegnateci l'arte aritmetica, affinché, pienamente istruiti in essa possiamo penetrare qualche cosa della finezza degli antichi.

Non tardate dunque ad informarci per lettera di ciò che a voi piaccia fare a questo proposito. State bene.

Al termine della lettera, Ottone aggiunge questi versi, come prova della sua volontà di dedicarsi allo studio delle lettere, e come primo tentativo:
Versus numquam composui,
nec in studio habui;
dum in usu habuero,
et in eis viguero,
quot habet viros Gallia
tot vobis mittam carmina
(Non ho mai scritto carmi, non ho ancora appreso quest'arte. Quando l'avrò appresa, e avrò fatto progressi, quanti uomini conta la Francia , tanti versi vi manderò).

b/ Gerberto a Ottone

Al nostro glorioso signore Ottone Cesare Augusto Gerberto, per grazia di Dio arcivescovo di Reims, augura tutto quanto è degno di tanto imperatore.


Alla vostra smisurata benevolenza, con la quale mi giudicate per sempre degno del vostro servizio mi è dato di rispondere forse con un augurio, non certo con i meriti. Se alcuna scintilla di qualche scienza in me risplende, essa fu suscitata dalla vostra gloria, coltivata dalla virtù del padre, acquisita dalla magnanimità dell'avo. Io dunque non vi arreco ricchezze mie proprie, ma vi restituisco i tesori che ricevetti e che in parte avete già ottenuto, e in parte acquisterete quanto prima, come attesta la nobiltà e l'avvedutezza della vostra richiesta, in tutto degna della vostra maestà. Se infatti non riteneste per certo che la virtù dei numeri contiene in sé e da sé fa derivare i primordi di tutte le cose, non cerchereste con tanta assiduità di possederne una piena e perfetta scienza; e se non comprendeste l'importanza della filosofia morale, le vostre parole non risplenderebbero tutte della virtù che è custode di ogni altra, l'umiltà. Ma il candore della buona coscienza non è muto: da esso sgorga, non meno che dalle fonti greche quella, oserei dire, facilità oratoria di cui avete dato ampiamente prova nella vostra lettera. Un non so che di divino si manifesta, quando un uomo, greco per l'origine, romano per il potere, richiede quasi per diritto ereditario i tesori della sapienza greca e romana.

Obbedisco dunque, o Cesare, al vostro imperiale comando, in questo e in tutto ciò che la vostra divina maestà vorrà richiedermi. Non può sottrarsi al vostro ossequio, colui che tra le cose di questo mondo non vede nulla di più bello del vostro impero.

[1] Com'è noto, Ottone III era figlio di Ottone II di Sassonia e della principessa bizantina Teofane.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/09/05