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Didattica > Fonti > Istruzione e educazione nel Medioevo > IV, 7

Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione IV – Pedagogia e vita scolastica

7. Vita scolastica a Milano nel Duecento

Bonvesin de la Riva, frate Umiliato e maestro di grammatica, nato a Milano intorno alla metà del secolo XIII, conosciuto soprattutto per il suo poema in volgare «II libro delle tre scritture», ci ha lasciato nel poemetto latino Vita scholastica, modesto dal punto di vista letterario, un interessante documento sulla scuola, in particolare sulla scuola milanese, nel Duecento. Dei due libri che compongono l'operetta, il primo riguarda gli scolari, il secondo i maestri: nei consigli che Bonvesin dà agli uni e agli altri si possono seguire alcune fasi dell'insegnamento e soprattutto leggere la testimonianza, fornita da una parte in causa, sui problemi quotidiani della scuola del tempo.

Fonte: BONVESIN DE LA RIVA, Vita scholastica, edizione a cura di E. Franceschini, in Testi e documenti di storia e di letteratura latina medievale, 5, Padova 1943.


In quarto luogo [1], se vuoi onorare il maestro, preoccupati di pagarlo con sollecitudine, per intero, puntualmente, senza farti pregare. È giusto infatti che chi lavora abbia un compenso proporzionato alla sua fatica. Chi dà puntualmente, di buona grazia, per intero, per tempo, dà due volte; chi si comporta diversamente si merita di restare ignorante. Colui che trascura, o rifiuta, di pagare il suo maestro, danneggia se stesso più ancora che lui. Egli dà occasione di turbamento al maestro, costretto a ripetere la sua richiesta di denaro, e a se stesso motivo di rossore. È raro che un maestro possa aver caro un alunno simile, anzi spesso gli leva i libri, lo allontana. Perciò ricordati di pagare puntualmente, se vuoi far valere i tuoi diritti di fronte al maestro.

Il maestro ti da una ricchezza interiore che nessuna somma potrà mai compensare. (vv. 679-694)

La terza chiave è la costanza nella lettura: essa, come la mia Musa ti spiegherà, si ottiene in due modi. Anzitutto leggendo a bassa voce, senza far rumore, la lettura ad alta voce ostacola l'intelligenza del testo, disturba sia colui che legge, sia i compagni che siano intenti nello studio. In secondo luogo, poni ben mente a quanto stai leggendo, così da imprimere meglio nell'animo quello che pronunci con la bocca. Per far ciò, libera il tuo cuore da ogni altro pensiero: tua unica preoccupazione sia quella di apprendere. Fa in modo che non ti colga il sonno, quando è tempo di stare sveglio, e che non ti vinca la pigrizia. Gli studi siano per te un giardino in fiore: i libri siano viole, candidi gigli, rose. In una parola la lettura sia tutta la gioia della tua mente; così non perderai tempo per te prezioso. Tuttavia, quando è necessario, prenditi un po' di riposo: l'arco perde forza, se sta sempre in funzione. A tempo opportuno, concediti qualche onesto svago, e dopo, quando è il momento, torna allo studio.

Inverno, estate, autunno, primavera ti trovino attivo: il tempo perduto non torna più… Se vuoi leggere meglio, sii sobrio nel cibo: la smodatezza nel mangiare e nel bere nuocciono allo studioso. Tieni con cura i libri: è fastidioso cercare ciò che non si trova. Colui che tiene in ordine le cose sue, trova facilmente ciò che cerca. Non maneggiare i libri con le mani sporche: le pagine immacolate vogliono mani immacolate. (vv. 705-736)

La quarta chiave consiste nel domandare con frequenza, ogni volta che si sia in dubbio: tutte le strade si aprono a chi sa domandare spesso. Rivolgiti con insistenza al maestro, ai compagni più istruiti, e anche a quelli che lo sono meno, se puoi apprendere qualche cosa. Se sei in dubbio non sdegnare di farti insegnare dai più modesti; incomincia dal poco se vuoi giungere più sicuramente in alto. Diffida di chi si dà troppa importanza: coloro che non si curano degli altri danno prova di stoltezza perché si dimostrano indegni della nobile arte che professano.

Anche tu, se un compagno ti domanda qualche cosa che non sa, e se sei in grado di rispondere, fallo di buon grado. Quando ti rivolgi al maestro ricorda queste tre avvertenze: domanda con umiltà e con rispetto: un parlare rispettoso ottiene con più facilità una risposta esauriente: il miele addolcisce il cuore, la mitezza scioglie ogni asperità. Sappi scegliere il momento opportuno per rivolgerti al maestro: giustamente si dice: «Ogni cosa a suo tempo». E infine sappi scegliere il luogo: ogni cosa va fatta nel luogo adatto. (vv 736-754)

La quinta chiave consiste nel tenere a mente le verità studiate, senza di che non val la pena di dedicarsi allo studio. Se vuoi trame vantaggio, ritorna sulle cose studiate ripetendole frequentemente: le cose ripetute frequentemente si fissano nella memoria. Insegnando agli altri, riuscirai a possedere meglio le cose che già sai: il ferro si tempra con il ferro. Quando ripeti, ripeti con gli altri. Se farai ciò con frequenza, le cose che studi ti si imprimeranno nella mente. Con queste chiavi potrai conquistare la sapienza con la quale onore e vantaggio entreranno nella tua casa. (vv. 755-766)

Primo modo [2].

Anzitutto attendi allo studio in ogni momento che tu abbia a disposizione, o insegnando agli altri o leggendo per conto tuo. Fa in modo d'essere degno del compenso che ricevi. La tua professione ti nobiliti e ti arricchisca. Esigi per questo con fermezza la giusta ricompensa, senza la quale il lavoro è una dolorosa fatica. Non disprezzare i poveri, anche se non possono pagare: per loro la ricompensa, abbondante, ti verrà da Dio. Se un tuo alunno si trova in condizione di povertà grave, induci i condiscepoli a soccorrerlo. Se insegnerai con solerzia, i tuoi scolari ti daranno fra la gente lustro, fama e onore. A questo fine non risparmiare le fatiche e non dormire, quando è tempo di star ben desti. Non ti assentare quando è il momento dello studio: il topo ruba e fa danni quando non c'è un cane a far buona guardia. Il troppo bere e il troppo mangiare non ti ottenebrino la mente: l'animo si intorpidisce se si indulge alla gola. E se qualcuno, desideroso di apprendere, ti rivolge una domanda, dagli soddisfazione con benevolenza.

Secondo modo.

Quando insegni, spiega con ordine e con chiarezza. Le spiegazioni fatte senz'ordine risultano incomprensibili e invece di illuminare confondono: inoltre un discorso privo di filo logico ingenera noia. Le parole del maestro, se non sono ben capite, non producono alcun frutto. Il seme sparso male non fruttifica. Prima di iniziare la lezione, il maestro invochi Dio con queste parole: «Per intercessione di Maria, mi assista la tua grazia, o Cristo, affinché le mie parole fruttifichino nel tuo nome». Quindi abbassi la voce e, come gli insegna l'esperienza, incominci a insegnare con tono sommesso. Quanto più ti è possibile, evita di gesticolare mentre parli: la concitazione esteriore denota un'instabilità intima.. Per parlare non ti servono le membra: basta la lingua.

Terzo modo.

Ecco il terzo modo: non lasciare mai di studiare per tuo conto se vuoi evitare gli errori quando insegni. Lo sciocco andrà al foro, parlerà in pubblico, ma ne ritornerà sciocco; non avrà da pentirsi chi avrà saputo prepararsi prima. Il tuo insegnamento sia confortato dall'autorità degli autori: in battaglia bisogna andare bene armati. Non si può comporre senza aver studiato accuratamente i testi.

Quarto modo.

Usa di continuo la lingua latina e costringi tutti coloro che frequentano la tua casa a servirsene. (vv. 855-936)

[1] II brano è tratto dalla seconda parte del primo libro dove si indicano agli scolari le cinque «chiavi» per giungere al possesso della sapienza: «timor Domini», «honor magistri», «assiduitas legendi», «frequens interrogatio», «memoria retinendi».

[2] II libro secondo esamina i doveri del maestro, che, secondo Bonvesin de la Riva sono tre: praticare la virtù, educare in essa i discepoli, e istruirli nella sua arte. Quest'ultimo dovere si esplica in quattro modi, che sono illustrati dai brani che riportiamo.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05