Logo di Reti Medievali

Didattica

Fonti

Istruzione e educazione nel Medioevo

a cura di Carla Frova

© 1973-2005 – Carla Frova


Sezione V – Libri e biblioteche

Introduzione

Nella scuola medievale, che si fonda in così larga misura sulla lettura e il commento degli «auctores», il libro è al centro del processo di insegnamento. I canoni delle letture, il contenuto delle biblioteche scolastiche ci possono dare una idea abbastanza fedele di che cosa imparavano gli scolari nei diversi luoghi e nei diversi periodi, anche se non bisogna commettere l'errore di identificare troppo semplicisticamente contenuto delle biblioteche scolastiche e contenuto dell'insegnamento, canone delle letture e programmi effettivamente svolti. Tra i due ordini di fatti c'è sempre un certo scarto.

Di più, le condizioni e i modi della produzione libraria possono dirci molto sulle caratteristiche della cultura libraria e sul significato che essa ha nella società del tempo in cui si sviluppa. Qui il discorso non riguarda più soltanto la scuola, ma la riguarda in quanto essa è un mezzo di trasmissione di questa cultura. Quali e quanti libri si producono? Chi li produce? Dove sono dislocati gli «scriptoria»? Quali caratteristiche di materiali, di formato, di scrittura ha il libro? Quando possiamo rispondere a queste domande possiamo già anche in qualche modo immaginare chi e quanti siano i detentori di questa cultura, e quale ne sia l'uso.

Di tutti questi problemi daremo qui soltanto qualche accenno. Nel V e VI secolo una serie di circostanze influisce in modo grandioso sulla storia del libro e della trasmissione dei testi. Si spezza l'unità politica dell'impero romano; entra in crisi, coll'aristocrazia romana cui era destinata, la scuola di tradizione classica; aumentano le difficoltà degli scambi, anche dal punto di vista culturale; e in particolare, alla fine di questo periodo, si inizia un progressivo distacco tra l'occidente e il mondo greco.

Nelle guerre e nei disordini che agitano questi secoli, non solo si disperdono e si distruggono le biblioteche delle famiglie aristocratiche romane che conservano la cultura letteraria antica, ma viene travolta quella stessa classe, dalla quale proveniva in massima parte la domanda di questo tipo di libri.

Da questo periodo fino all'VIII-IX secolo avvengono le perdite maggiori di opere della letteratura classica. Si conservano gli scritti degli autori latini cristiani e le compilazioni tardoantiche e altomedievali delle «artes», alle quali come abbiamo visto, è affidato in gran parte il compito di trasmettere al Medioevo i contenuti della scuola classica; attraverso queste opere «enciclopediche», come quelle di Boezio, giungerà alla scuola medievale, tradotta, abbreviata, conservata parzialmente, anche la cultura greca, prima che si ristabilisca con queste fonti, per mezzo degli Arabi, o direttamente, un nuovo contatto.

Frattanto nella produzione di nuovi codici si verificano trasformazioni sostanziali. Il libro da usarsi per la lettura privata non è più richiesto. Nelle scuole ecclesiastiche dei monasteri e delle parrocchie, ancora poche e dedite soprattutto all'insegnamento elementare, negli uffici dove i giovani destinati agli incarichi amministrativi imparano a stendere gli atti, non c'è bisogno di un gran numero di libri: si adoperano molto le tavolette dove il maestro traccia modelli di scrittura sulla superficie cerata, e la ripetizione orale. I libri più usati sono ora i testi liturgici, così come la liturgia più che la scuola, è il principale modo di trasmissione di un certo tipo di cultura.

In questo stesso tempo variano le condizioni materiali cui è legata la produzione del libro: i materiali diventano sempre più rari e costosi, mentre diminuisce il numero delle persone in grado di attendere all'attività degli «scriptoria». I risultati di queste trasformazioni sono evidenti.

«Sul fatto che tra il VI e VIII secolo il libro abbia nell'Occidente europeo mutato faccia e natura non credo che sussistano dubbi: basterebbe porre a confronto il Virgilio Mediceo con la Bibbia Amiatina per convincersene: la contrapposizione fra il codice antico, di modeste proporzioni, di formato quadrangolare, di sobria ed elegante scrittura, e l'altro altomedievale, enorme nelle misure, pesante tanto da dover essere trasportato da due persone, e vergato in un'onciale monumentale più disegnata che scritta, mostrerebbe chiaramente come tra la fine del V e la fine del VII secolo si sia passati da un tipo di libro inteso come strumento di lettura e trasmettitore di cultura, ad un altro ed opposto tipo di libro sentito e visto piuttosto come scrigno prezioso di misteri e a volte addirittura come venerando oggetto di culto». (Petrucci).

Con la riforma scolastica dell'epoca carolingia, e già qualche tempo prima, nei centri di cultura monastica che andavano riorganizzandosi, si ha un nuovo importante cambiamento di tendenza. Mentre ci si preoccupa di rivedere i libri liturgici e di moltiplicarne il numero, si rende necessaria anche una maggiore disponibilità di testi per l'uso scolastico. Fioriscono gli «scriptoria» monastici: l'adozione di un nuovo tipo di scrittura, la minuscola carolina, che si estende su un'area geografica infinitamente più vasta di quella delle scritture particolari dei secoli precedenti, ed è relativamente più facile a leggersi e a scriversi, moltiplica le possibilità di circolazione dei codici.

Da questo momento si può dire che tutto quanto sopravviveva della eredità letteraria del passato viene conservato, e non si verificano nuove perdite. Nelle biblioteche questi libri sono più numerosi delle opere degli scrittori moderni, benché ora si cominci ad averne una certa produzione. Sono soprattutto opere esegetiche, che commentano, spiegano, glossano i testi sacri; rielaborazioni e compendi degli scritti sulle arti liberali, raccolte di canoni, di modelli, di atti e di lettere. Una produzione originale si ha quasi esclusivamente nell'agiografia.

Le biblioteche più ricche sono quelle dei monasteri; un po' meno fornite sono le chiese episcopali, sulle quali inoltre abbiamo minori informazioni, perché più raramente ce ne è conservato il catalogo. Un catalogo, non integro, della biblioteca di Bobbio nel secolo X contiene più di 600 manoscritti.

Dalla sola lettura dei cataloghi non è facile individuare quali dei testi presenti nella biblioteca siano usati per la scuola. Talvolta essi sono elencati a parte, ma più spesso occorre integrare questo tipo di notizie con quelle che ci forniscono le fonti letterarie, che, descrivendo l'insegnamento di qualche maestro, elencano i libri che egli legge e commenta nella scuola. Può essere comunque interessante dare uno sguardo, nelle grandi linee, al patrimonio di codici di un monastero importante tra il X e il XII secolo.

Ci sono anzitutto i libri liturgici. Questi per lo più sono conservati a parte, annessi alla chiesa, e non compaiono sempre nei cataloghi. Nella biblioteca un gruppo numeroso di codici interessa le scienze sacre. Tra di essi il primo posto occupano i libri della Sacra Scrittura; seguono le opere dei Padri della Chiesa e degli scrittori ecclesiastici medievali, i libri di storia ecclesiastica, le agiografie, le regole monastiche e le raccolte di diritto canonico.

Troviamo poi i libri delle scienze «profane»: i testi di grammatica, le raccolte di poeti cristiani e pagani sulle quali lo studente di grammatica impara la prosodia; i libri degli storici latini e le opere morali di Cicerone. Tra i testi di retorica e di dialettica sono ancora fra i più diffusi quelli di Cicerone, al quale è attribuita anche la Rhetorica ad Herennium, poi Quintiliano e parte della tradizione aristotelica di Boezio e degli altri autori latini (che si viene arricchendo nei secoli, già prima dell'introduzione dell'Aristotele arabo) con i diversi commentari. Meno numerosi, o meno vari, sono per lo più i testi per le discipline del quadrivio: parte della tradizione euclidea è conservata negli scritti di Boezio; compaiono con frequenza i Fenomeni di Arato e l'Astrologia di Igino, e inoltre scritti degli autori di medicina latini che si rifanno a Ippocrate e a Galeno. Abbastanza frequenti sono i libri di scrittori più recenti per quanto riguarda il computo e l'astronomia. Numerosi i formulari di lettere e di atti privati.

È interessante studiare come si venivano formando queste biblioteche. È evidente anzitutto che esse costituivano tesori dal valore economico incommensurabile, che solo chiese o monasteri con grandi disponibilità finanziarie, dotate di ricchi benefici e oggetto di donazioni generose, potevano mettere insieme. Le biblioteche minori dovevano accontentarsi dei testi sacri più importanti e di qualche libro di grammatica. I monasteri e le chiese disponevano di uno «scriptorium» proporzionato alla loro importanza culturale ed economica, il quale naturalmente, oltre a copiare codici per uso interno, ne produceva anche per la vendita o per lo scambio, costituendo a sua volta un'impresa redditizia. Un numero notevole di codici entrava nel monastero in seguito a donazioni di personaggi laici ed ecclesiastici. I libri venivano acquistati a caro prezzo da ogni parte, scambiati, imprestati, percorrendo l'Europa in una circolazione la cui storia, legata a fattori culturali, economici, sociali e politici, è uno degli oggetti più appassionanti di studio.

Il tipo di scrittura e le caratteristiche interne del codice ci illuminano sulla sua origine, e altre informazioni possiamo ricavare dal colofone, l'annotazione che lo scriba appone talvolta sulle sue opere e che può dare notizie su di lui, sulle circostanze in cui è stata fatta la trascrizione, e contiene spesso un'invocazione al Cielo perché gli renda il premio della sua fatica.

Con lo svilupparsi delle scuole comunali e delle Università, con l'aumentata capacità economica e il sorgere di particolari bisogni culturali in nuove classi sociali, anche il libro e la biblioteca mutano fisionomia e funzione. La storia del libro riflette l'evoluzione della scuola ecclesiastica da un lato, e dall'altro il nascere della scuola e della cultura laica.

Intanto si compie una vera e propria rivoluzione tecnologica che, come è evidente, avrà conseguenze importantissime: accanto alla costosa pergamena, che continua a venire usata per i manoscritti di maggior pregio, è introdotta sempre più largamente nell'uso la carta.

Si formano biblioteche private che, anche se non riguardano direttamente la storia delle scuole, sono utili per conoscere il rapporto tra cultura letteraria e classi sociali: benché talvolta certi tipi di libri non rivelino tanto gli interessi e il livello culturale del proprietario, quanto la volontà di abbellire la propria casa con un oggetto prezioso, il cui possesso, come sarà il caso dei libri riccamente decorati di certi signori del '400, può valere il possesso di un'intera regione.

Più utile ai nostri fini lo studio delle biblioteche dei maestri di grammatica, cui spesso i contratti con i Comuni imponevano di fornire ai propri allievi i libri, o concedevano di pignorarli in caso di morosità nel pagamento. Vediamo così diffondersi accanto ai libri già in uso nelle scuole più antiche, specialmente le grammatiche, soprattutto i manuali di arte notarile, come la celebre «Rolandina», e le raccolte giuridiche.

A livello superiore le biblioteche registrano, accanto al recupero di fondamentali opere dell'antichità, Aristotele e poi testi di medicina, di scienze naturali, di matematica, la presenza sempre più imponente di opere di autori «moderni», nel campo del diritto, della filosofia, delle «Artes dictandi», che indicano come la scuola medievale abbia ormai stabilito un nuovo rapporto con l'eredità venerata degli «auctores».

Dapprincipio la produzione di codici rimase ancora monopolio quasi esclusivo degli «scriptoria» monastici, cui si dovevano rivolgere tutti coloro che volessero acquistare libri. Ma nell'Università vedremo comparire presto appositi funzionari, la cui posizione giuridica ed economica è contemplata dagli Statuti dello Studio, e che sono incaricati di preparare i testi necessari agli studenti e all'attività della scuola. Anche a questo livello scuola laica e scuola ecclesiastica accentuano la loro distinzione, e la scuola laica è ormai indipendente dal monopolio ecclesiastico.

Nota bibliografica su libri e biblioteche

Opere di carattere generale:
E. LESNE, Histoire de la propriété ecclésiastique en France, t. IV: Les livres – «Scriptoria» et Bibliothèques, du commencement du VIIIe à la fin du XIe siècle, Lilla 1938.


Esistono poi numerose opere sui cataloghi di biblioteche: per la bibliografia e l'orientamento generale utilissimo:
G. GLAUCHE, Schullektöre im Mittelalter, Enstehung und Wandlungen des Lektürekanons bis 1200 nach den Quellen dargestellt, München 1970.


Sulle condizioni della produzione libraria:
A. PETRUCCI, Scrittura e libro nell'Italia altomedievale, «A Giuseppe Ermini», II, Spoleto 1970.


Sui colofoni:
Colophon des manuscrits occidentaux des origines au XVIe siècle, Éd. Universitaires, Friburgo 1965-67 (il vol. II raccoglie colofoni che interessano il nostro argomento).

© 2000
Reti Medievali
Ultimo aggiornamento: 01/09/05