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Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione I – La borghesia e l'avvento del comune

3. La nascita dei comuni e l'autorità imperiale

In molti centri della Liguria il comune sorse attraverso un processo che non vide emergere in nessun modo l'autorità ecclesiastica, come invece accadde in altre zone.

Di fronte all'impulso economico provocato dalla ripresa dell'attività marinara, specialmente dopo la seconda metà del secolo X, epoca in cui il pericolo saraceno venne debellato, i signori delle marche appenniniche arretrarono gradualmente e furono costretti a rinunciare alla loro giurisdizione sulle città marinare.

L'Impero, soprattutto all'epoca del Barbarossa e del figlio Enrico VI, intervenne in senso favorevole nel processo di liberazione comunale, con lo scopo di assicurarsi l'appoggio dei maggiori e minori centri costieri non solo ai fini di una politica contingente, ma anche per inserirsi positivamente nella trasformazione delle strutture europee dal piano dell'economia agraria a quella dell'economia artigianale-mercantile.

Con il diploma seguente del 2 settembre 1196 Enrico VI convalida appunto la cessione dei diritti signorili fatta dai marchesi di Savona al comune di Noli: si noti in particolare la concessione del diritto di pesca e dell'uso della riva, essenziale per l'economia nolese.

Fonte: B. GANDOGLIA, Documenti nolesi, in «Atti della Società Storica Savonese», 1889-1890, pp. 589-590.


In nome della santa ed individua Trinità. Enrico VI, per clemenza divina imperatore dei romani sempre augusto e re di Sicilia. La nostra imperiale benignità, volgendosi benevola alla richiesta dei suoi fedeli, è solita esaminare diligentemente le questioni a lei sottoposte e a quelle, a cui il diritto non è contrario, provvedere per il meglio. Indotti da questa considerazione e favorevoli alla richiesta del nostro fedele comune di Noli, affinché sopra il contratto di acquisto e di vendita fatto tra il medesimo comune e il fu marchese [di Savona] Enrico Guercio in futuro non debba sorgere qualche ambiguità o discussione, rendiamo noto a tutti i fedeli del nostro Impero, presenti e futuri, che noi consideriamo valida e confermiamo con la nostra imperiale autorità la vendita e la donazione che Enrico Guercio marchese, per sé, e i suoi figli Enrico e Oddone, per sé e per i propri eredi, fecero al comune di Noli riguardo al mercato, alla metà del pedaggio, a tutto il fodro [1], che gli stessi marchesi erano soliti ricevere dai nolesi, alla metà di tutto il bosco di Sesto, alla concordia per l'accordo di fare fortificazioni e difese tanto nel castello, quanto nel borgo, al diritto di tenere i giudizi per omicidio, spergiuro, adulterio e gli altri giudizi, di esercitare la giustizia, le vendette, le pene ed i banni [2] nella pineta, nei mulini, nei forni, nel diritto di pesca sulla riva di Noli, in metà del castello di Segno, nella corte, senza alcuna divisione e in tutte le cose pertinenti per metà al detto castello, per le case di Viario, per la quarta parte dell'Argenteria, per tutto il bosco dell'Ilizeta dal rivo di Marcellino sino al mare, come la strada che porta alla curia dell'Orco, alla curia di Mali sino al giogo, sino alle Scalette, sino alla curia di Segno ed in tutte le altre cose che secondo giustizia cedettero e vendettero al comune di Noli, come è contenuto ed appare nei loro strumenti e nelle carte notarili secondo il diritto e la consuetudine della Lombardia.

Inoltre confermiamo al predetto comune tutte le cose, i diritti ed i possedimenti che in qualsiasi parte del nostro impero secondo giustizia tiene e possiede, eccetto ciò che è attinente al nostro fodro imperiale, imponendo e fermamente stabilendo che nessun vescovo, duca, marchese, conte, visconte, nessuna città, nessun comune, nessuna persona in senso assoluto, né grande, né piccola, secolare o ecclesiastica, osi ostacolare o impedire il predetto comune di Noli in alcunché delle cose predette in opposizione alla conferma della nostra maestà. E se qualuno oserà tentare alcunché, paghi come multa duecento libbre di oro puro, metà alla nostra camera e metà a coloro che sopportano l'ingiuria…

Queste cose furono stabilite nell'anno dell'incarnazione divina 1196, indizione [3] quattordicesima, regnante il nostro signore Enrico VI, gloriosissimo imperatore dei romani, nel ventisettesimo anno del suo regno, nel sesto anno d'impero e nel secondo del regno di Sicilia. Dato presso Tortona il 2 settembre.

[1] Il fodro era in origine una contribuzione di foraggio dovuta dai sudditi al sovrano e al suo esercito quando transitavano per un territorio; in un secondo tempo divenne un contributo annuo in denaro.

[2] I banni, le bannalità erano le imposizioni gravanti sugli abitanti di una terra di diritto signorile, per servirsi del forno, del mulino, del torchio ecc. di proprietà del signore o per avere facoltà di passare in determinati luoghi, di far fieno, di raccogliere sale, di contrarre matrimonio, ecc.

[3] L'indizione è un ciclo di quindici anni, di origine fiscale romana: la revisione della ripartizione delle imposte sotto Augusto incominciò infatti per l'Egitto ad aver luogo ogni quindici anni. Si è supposto che dai tempi di Diocleziano in poi, quando il calcolo degli anni di regno di ogni singolo imperatore cominciò a divenire molto difficile, si sia adottato il sistema di datare i documenti secondo il posto occupato dall'anno nell'interno di un periodo tradizionale. Questo sistema venne usato largamente per tutto il Medioevo.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05