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Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione I – La borghesia e l'avvento del comune

5. L'alternanza tra consoli e podestà

Gioacchino Volpe nel suo Medio Evo Italiano (Firenze, Vallecchi, 1923, pp. 94-95) recensendo i volumi di G. Hanauer (Das Berufspotestat im 13.em Jahrhundert in «Mitteilungen des Inst. für osterreichische Geschichtsforschung», XXIII, 1902, pp. 377 segg.) e di E. Salzer (Über die Anfange der Signorie in Oberitalien. Ein Beitrag zur italienischen Verfassungsgeschichte, in «Historische Studien von Ebering», Heft XIV, Berlino, 1900) criticò giustamente i loro tentativi di rappresentare il podestà come «un ufficiale ben definito nei suoi attributi non appena sorge, cioè nobile, forestiero, unico, di durata annuale, messo senz'altro al posto dei consoli ed in piena antitesi con essi» e insistette sul concetto che «il Comune è unità socialmente e giuridicamente così coerente, le sue istituzioni sono così strette l'una con l'altra, che isolare vuol dire falsare, snaturare». Il Volpe sottolineò infatti che «il podestà non sorse come un ufficiale ben definito nei suoi attributi»e che «ancora per due o tre decenni dopo il suo primo apparire si vedono quasi dappertutto consoli o podestà sedere ontemporaneamente in ufficio o alternarsi, si vede in documenti podestarili il Comune obbligarsi anche per i consoli, nel caso che questi ritornino. Di podestà ve ne sono uno o due o anche più, in ufficio, nello stesso spazio di tempo. Sono eletti un anno solo, o per due o tre anni di seguito; sono cittadini oppure forestieri; appartengono all'aristocrazia cittadina del consolato oppure alla feudale dei conti e dei marchesi rurali».

In un suo recente lavoro (Le alternanze tra consoli e podestà ed i podestà cittadini, in «I problemi della civiltà comunale. Atti del Congresso Storico Internazionale per l'VIII Centenario della prima Lega Lombarda», Bergamo, Comune di Bergamo, 1971, pp. 47-51) E. Cristiani ha sottolineato ancora una volta che «i primi podestà o i magistrati equivalenti, con certe limitazioni ai posteriori podestà, sono sempre uomini della città o al più dell'immediato contado» perché le famiglie dell'aristocrazia consolare o della nobiltà continuarono a conservare, attraverso alterne vicende un forte predominio sulle maggiori leve del governo comunale.

In ogni modo le circostanze in cui la nuova magistratura venne introdotta provano che fu un successo del gruppo che per comodità si può definire popolo. Afferma infatti ancora il Cristiani che «la presenza di podestà cittadini indica infatti quasi sempre la comparsa nel governo di elementi provenienti da quel ceto che appunto allora si venne definendo come “nobiltà”, cioè la classe mercantile». L'adozione risolutiva del podestà forestiero segna invece il «momento della conquista definitiva del potere da parte del popolo…: dove il popolo si è affermato solidamente, definitivamente, là si ha un podestà forestiero» (cfr. lettura a).

Gli statuti di Noli del secolo XIII dimostrano abbastanza chiaramente che, durante il periodo di alternanza tra consoli e podestà, conservò una certa importanza il consiglio cittadino, o arengo, formato da tutti i capifamiglia, che intervenivano attivamente nella scelta del tipo di magistrato; la scelta dell'eletto era invece privilegio di una cerchia ristretta di electores, provenienti dalle file della nobiltà e dei ceti più altolocati. È questa un'ulteriore conferma che il definitivo consolidamento delle varie organizzazioni associative popolari (societates populi, societates armorum, Arti) con la conseguente acquisizione dei pieni diritti politici si verificò solo quando si venne attuando la norma di eleggere per podestà unicamente un forestiero (cfr. lettura b).

Gli statuti di Bra sono contenuti in un codice del 1461, trascrizione di un vecchio codice del 1370, che a sua volta doveva essere la rielaborazione di un corpus statutario più antico, risalente certamente al primo periodo del regime podestarile, o meglio ancora al periodo di alternanza tra consoli e podestà, se non addirittura di contemporaneità dei due uffici, come avvenne sovente in alcuni luoghi (cfr. lettura c).

Fonti: a) A. GIUSTINIANI, Castigatissimi Annali con la loro tavola della Ecclesia e illustrissima Repubblica di Genova, Genova, A. Bellono, 1537, c. LIX r. (1190); b) C. ROSSO – L. VIVALDO, Gli statuti di Noli, in «Atti della Società Savonese di Storia Patria», XXVII, 1949, pp. 63, cap. I, c) Gli statuti di Bra, a cura di E. MOSCA, Deputazione Subalpina di Storia Patria, Torino, 1958, pp. 14-15.


a/ Era cresciuta la città in potentia e in ricchezza, ma molto più in ambizione e vigilavano [1] nella città discordie, divisioni e cospirazioni piene di odio e di malevolenza e molti senza alcun freno di modestia volevano esser fatti consoli e maneggiar la repubblica a loro modo, per il ché i savi e i consilieri della città insieme con gli uomini dabbene [2] statuirono e fecero legge che per l'anno da venire non si dovessino fare consoli della repubblica, anzi che si dovesse pigliar un podestà forestiero per governo e per regimine di quella, alla qual cosa quasi tutti s'accordarono e fu eletto il primo podestà messer Mangoldo del Tetocio, cittadino bresciano, al qual circa la fine dell'anno presente fu data piena balia e larga possanza del reggimento della città, essendo i consoli in casa di Ogerio del Pane, uno dei scrivani della communità per fare i computi e la ragione della repubblica, furono assaliti da tre… e fu morto Lanfranco Pevere, uno dei consoli, uomo nobile e molto dabbene e per questa morte suscitarono in città le discordie e le sedizioni e il giorno seguente il podestà, poi di aver avuto longo parlamento col populo, andò personalmente e fece ruinare infine a fondamenti una casa molto preziosa in la contrada chiamata del Castello; degli uomocidiali [3] non poté far vendetta perché se ne fuggirono.


b/ Dal momento che nessuna città può essere governata rettamente e giustamente senza magistrati e rettori che la reggano e la governino e senza di questi è inutile stabilire statuti e leggi, volendo provvedere al reggimento della città, stabiliamo ed ordiniamo che prima del natale del Signore, cioè nella festività di S. Lucia, dal podestà o dai consoli in quel momento in carica, al suono della campanella e del corno, come è consuetudine, sia raccolto il popolo della detta città di Noli nel palazzo del comune, tutti gli uomini dai venti ai settanta anni, cioè uno per ciascuna famiglia, e di fronte al popolo, in quel giorno, dal podestà o dai consoli si proponga se nell'anno seguente ci debba essere in Noli un podestà o dei consoli e se in quell'anno la città di Noli debba essere retta e governata da un podestà o da dei consoli e, fatta la detta proposta, siano dati a ciascuno degli uomini dai venti ai settanta anni presenti a detta assemblea due pietre, una bianca ed un'altra nera, e, fatta la proposta se la detta città debba essere retta nell'anno a venire da un podestà o da dei consoli, coloro che vorranno dare un voto favorevole pongano la pietra bianca e coloro che vorranno dare un voto negativo pongano la pietra nera e, consegnate [a ciascuno] le pietre, ciascuno dei detti uomini sia obbligato e debba porre quella pietra che vuol dare in un sacchetto o bussolotto che lo scriba del comune terrà fra le mani. Ottenuto dunque che si debba eleggere un podestà, allora entro quindici giorni i consoli ed i consiglieri della città di Noli debbano e siano obbligati ad eleggere il detto podestà con queste formalità, cioè che, fatta la proposta da parte dei consoli, colui che avrà più voti sia podestà in quell'anno e se ci saranno due persone che avranno voti pari in predetto consiglio, allora da parte dei signori consoli i loro nomi siano scritti in due schede, le quali schede verranno poste in un sacchetto, o recipiente, e colui il cui nome sarà stato scritto sulla scheda estratta, sarà podestà ed avrà il potere della città di Noli per quell'anno per cui sarà stato eletto.


c/ Il signor podestà ed i consoli del predetto luogo [di Bra] giureranno sul santo vangelo di Dio, tenendo fra le mani il libro, e si impegneranno in buona fede e senza alcuna frode di reggere e governare il comune, di difendere e proteggere ogni singola persona del predetto luogo e di difendere e mantenere i diritti e le ragioni del detto comune e di ogni singolo cittadino ed anche di proteggere e tutelare gli orfani e le vedove, le donne, i minori di venticinque anni, i mentecatti, le chiese e gli ospedali e tutti gli abitanti della villa di Bra e di difendere e mantenere i loro diritti e di far pagare tutti i redditi alle dette chiese e ancora di difendere e tutelare i territori e la giurisdizione tutta del predetto luogo e di non accettare, durante il tempo del loro ufficio, qualche dono o qualche favore dal detto comune o da qualche singola persona perché in tal modo il loro ufficio verrebbe declassato e, se contravverranno a questa disposizione, perderanno dieci lire astesi del loro salario, trattenuta che i sindaci [4] [del comune] saranno tenuti a richiedere loro e, se qualcuno protestasse, dovrà pagare una multa di venti soldi astesi ai sindaci.

[Giureranno] che, ogni qual volta dovranno spendere per il comune, eviteranno le spese che vedranno – o che uno di loro vedrà – essere inutili o che si potranno evitare e rispetteranno e osserveranno i capitoli contenuti nel presente volume [degli statuti] e niente altro, neanche le deliberazioni prese dai consiglieri della detta città, a meno che i detti capitoli siano stati revocati.

[Giureranno] di rispettare e osservare tutte le buone consuetudini, tanto recenti che vecchie, fatte e solite nella detta città.

[Giureranno] di conservare i segreti e gli affari privati che a loro o ad uno di loro verranno confidati, a meno che non possano provocare un qualche danno al comune di Bra o a colui che li ha confidati a loro e a meno che detti segreti siano contro l'onore e la tranquillità del magnifico signor Galeazzo Visconti [allora signore di Bra].

I detti podestà e consoli non permetteranno a nessuno che non sia del consiglio di Bra di venire a presenziare a detto consiglio e rispetteranno ed osserveranno tutti i patti stipulati dal detto comune con qualsiasi persona del detto luogo o che gli abitanti di Bra abbiano stipulato fra di loro o abbiano stabilito che venissero stipulati.

E non possa il signor podestà nel tempo del suo ufficio assentarsi dalla città di Bra più di cinque notti ogni mese e non possa neppure richiedere licenza di assentarsi per un periodo maggiore e se avrà richiesto tale licenza o si sia assentato più del dovuto, perda per ogni notte cinque soldi astesi del suo salario, e chi protestasse e affermasse che gli era possibile di assentarsi per un periodo maggiore di quello sopra fissato, paghi ancora cinque soldi astesi, a meno che non si sia assentato per affari del comune.

Ed il podestà ed i consoli non possano proporre in consiglio l'assoluzione di qualche accusato o di qualche reo sottoposto al pagamento di una multa e non possano portare le balestre del comune fuori del distretto di Bra, se non in servizio del comune predetto.

[1] Erano deste, pronte a scoppiare.

[2] È una cattiva traduzione di boni homines, cioè dei partecipanti ai consigli cittadini.

[3] Omicidi.

[4] Gli addetti alle finanze comunali.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05