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Didattica > Fonti > L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale > III, 11

Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione III – La borghesia e la vita economica

11. I privilegi monopolistici della borghesia

L'esclusivismo corporativo delle Arti più ricche tentò ovunque di vietare la costituzione di nuove arti, di nuove società popolari e di nuove confraternite. La costituzione di nuove associazioni professionali avrebbe dato infatti modo ai piccoli artigiani ed ai salariati di trattare da pari a pari nella determinazione dei salari e nelle questioni di lavoro con i padroni di bottega ed avrebbe schiuso a nuovi ceti la via per partecipare al governo del comune. Infatti le corporazioni, le arti erano costituite, è vero, da tutti coloro che vivevano di un particolare lavoro, ma gli aventi diritto di formare i consigli, di eleggere i consoli delle arti, gli statutari, l'ufficiale forestiero (cioè il funzionario incaricato di mansioni ispettive e repressive in riferimento al lavoro ed ai tempi di lavoro dei salariati), di stabilire i prezzi, di ripartire i lavori, di condannare, multare e persino di infliggere pene corporali erano un ristretto gruppo di soci dell'Arte, cioè gli imprenditori. Nel secolo XIV appaiono frequentemente negli statuti comunali e negli statuti delle arti i termini di conventicola, lega, congiura, cospirazione, confederazione, compagnia, fratellanza per indicare associazioni di artigiani o salariati, contro le quali sono minacciate pene severissime. La ricchezza di vocaboli per indicare la stessa sostanza indica la frequenza del fenomeno, mentre il significato intrinseco dei vari termini mostra l'aspetto di azione delittuosa, sotto il cui schema queste rivolte erano viste e giudicate dalla borghesia.

Le disposizioni adottate per evitare queste associazioni, tese a salvaguardare i privilegi della «vecchia» borghesia impedendo l'inserimento nella vita cittadina del più basso ceto artigianale, sono rilevabili negli statuti di Pisa del 1286 (cfr. lettura a), a Chieri nel 1305 negli statuti della Società del Popolo di S. Giorgio (cfr. lettura b) e nel 1311 negli statuti comunali (cfr. lettura c) e a Piacenza nel 1321 negli statuti dell'Università dei Mercanti (cfr. lettura d).

Tali disposizioni, prese da associazioni di netta impronta borghese, quali le autorità comunali, le società di popolo e le università di mercanti, rivelano, pur nella loro diversa formulazione, in qual grado il ceto dirigente temesse di perdere il proprio monopolio politico ed economico.

Fonti: a) F. BONAINI, Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, I, Firenze, Viesseux, 1857, pp. 631-32; b) L. CIBRARIO, Delle storie di Chieri, Torino, Alliana, 1827, ristampa anastatica Torino, Bottega d'Erasmo, 1967, II, p. 229, art. 315; c) G. BORGHEZIO – B. VALIMBERTI, Statuta et capitula Societatis Sancti Georgi seu populi chariensis, vol. I, parte I, Torino, Deputazione Subalpina di Storia Patria, 1936, p. 48, art. 49; d) Corpus Statutorum mercatorum Placentiae (secoli XIV-XVIII ); a cura di P. CASTIGNOLI E P. RACINE, Milano, Giuffré, 1967, p. 35.


a/ Noi capitani di Pisa non concediamo e non permettiamo che si costituiscano nella città di Pisa nuove società, né che alcuno entri in qualche nuova società, se non in quelle società rinnovate che siano costituite con membri delle preesistenti, purché questi abbiano appartenuto ad una sola società preesistente e non che quelli di una entrino in un'altra società, né quelli di un quartiere nella società di un altro.

Ma chiunque appartiene o ha appartenuto a qualche società vecchia o a qualche cappella di qualche vecchia associazione o di alcuna di queste, possa far parte della nuova società derivata dalla società preesistente.

Inoltre non vogliamo che le società nuove o alcuna di esse abbiano brevi o statuti o una qualsiasi costituzione, eccetto soltanto i brevi e gli ordinamenti che a loro verranno concessi e dati dai nuovi capitani e dagli anziani o dai savi scelti dagli anziani.

E non vogliamo e non permettiamo che sia fatta nella città di Pisa o nel suo distretto una qualche nuova società e, se alcune ne sia stata costituita nel distretto di Pisa negli ultimi tre anni, la scioglieremo e la distruggeremo e la faremo sciogliere e distruggere.


b/ Poi fu deciso che non possa esistere o essere costituita in Chieri e nel suo distretto sotto pena di cento lire astesi per ciascuno ed ogni volta una qualsiasi società di militi o del popolo o qualsiasi altra associazione o adunanza o monopolio. E se qualcuno oserà agire o porsi contro questa disposizione, tentando di fare alcune delle cose suddette, incorra nella medesima pena.


c/ In che modo la libertà e le franchigie di Chieti debbano essere conservate. Nel nome del signor nostro Gesù Cristo, amen. Nell'anno del Signore 1305, indizione terza, di domenica, il 20 febbraio, nella piena e generale credenza della società di S. Giorgio, fu statuito ed ordinato dai signori Tommasino Farerio, Obertino Tavano, Matteo Altare e Oddone Guasco, consoli e rettori della detta società, e dai credendari della stessa credenza che il rettore o i rettori che nel futuro saranno nella detta società siano tenuti ed obbligati, insieme con i membri della suddetta società, a conservare il luogo ed il comune di Chieri nella sua libertà e nelle sue franchigie e conservare lo stesso luogo e comune immune da alcuna dominazione e signoria ed evitare che il luogo ed il comune di Chieri cadano o possano cadere sotto qualche dominio o signoria o giurisdizione di qualche nobile, società o associazione, qualunque sia la forma con cui questi possano presentarsi, né che si possano fare o tenere consigli pubblici o privati contro la predetta libertà e le predette franchigie o contro alcuna di esse in nessun modo e in nessuna maniera.

E se qualche rettore o qualcun altro della società facesse, dicesse o agisse in qualche modo contro i predetti privilegi o contro alcuno di essi, sia considerato di diritto e di fatto spergiuro ed infame e sia privato di ogni onore e di ogni incarico e incorra in una pena o in un barano di cento lire astesi e sia scacciato dalla detta società. E se ci sarà un rettore che agirà o contravverrà si pronunzierà o si comporterà o permetterà che ciò in qualche modo sia fatto contro i suddetti privilegi, perderà tutto il suo salario, il quale passerà di diritto alla detta società. Ed inoltre tanto lo stesso rettore quanto chiunque altro avrà agito o avrà contravvenuto o avrà pensato di contravvenire o di tentare di fare qualche cosa in qualche modo o in qualche maniera contro i suddetti privilegi contro alcuno di essi, sia considerato traditore e infame dai membri della predetta società e dalla società stessa e anche dal comune di Chieri e così sia chiamato in perpetuo da tutti.


d/ Io [console dell'Università dei mercanti [1] di Piacenza] giuro che non farò alcuna congiura o cospirazione e, se saprò che durante il mio consolato qualcuno sia coinvolto in qualche cospirazione o congiura o lo udirò di qualcuno, darò opera per conoscere la verità e quando la conoscerò, distruggerò [questa cospirazione] quanto più in fretta potrò e non permetterò che durante il mio consolato nuovamente venga preparata. E richiederò al colpevole il banno [2] che sarà stato deciso dalla maggioranza del consiglio del collegio dei mercanti.

Ugualmente se qualche piacentino aderirà a qualche congiura e il podestà o il console della città vorrà distruggerla, gli darò ogni aiuto ed ogni appoggio per distruggerla, se ne verrò richiesto.

[Giuramento dei soci del Collegio dei Mercanti di Piacenza]

Io giuro che in buona fede e senza alcuna frode osserverò ogni precetto e tutti i precetti che i rettori del Collegio dei Mercanti mi imporranno per l'onore e l'utilità della Mercanzia. E non parteciperò a consiglio o conventicola per cui il Collegio dei Mercanti dovesse perdere del suo onore e della sua posizione. E se saprò che qualcuno vi partecipa o vi vuol partecipare, in buona fede e senza frode lo impedirò nei limiti delle mie possibilità. E darò opera con i consoli del Collegio dei Mercanti, che sono o saranno, perché osservino gli impegni giurati attinenti al loro ufficio e specialmente il giuramento riguardante i debiti a favore del Collegio dei Mercanti a cui sono tenuti ed anch'io pagherò la parte a me spettante di tal debito alla data stabilita dai consoli e tutto avverrà in pieno accordo. E darò aiuto e collaborazione al Comune di Piacenza contro tutti e non parteciperò a congiure o cospirazioni o società, né a quelle mi legherò con giuramento, affinché il Comune di Piacenza possa rimanere in buon stato, in concordia e in pace. S'intende per società qualsiasi congiura o secessione che esista o stia per esistere nella città e nella diocesi di Piacenza. Ugualmente [collaborerò] perché sia o siano scelti il Podestà o i consoli che regga o reggano la città e la diocesi di Piacenza, in piena osservanza del giuramento verso la cittadinanza.

[1] Organizzazione corporativa dei mercanti, sviluppatasi particolarmente nelle grandi città mercantili ed industriali dalla fine del secolo XII, dapprima come semplice organo delle corporazioni delle arti poi quale istituzione di carattere pubblico con speciale giurisdizione in materia commerciale.

[2] Pena.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05