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Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione III – La borghesia e la vita economica

8. La borghesia e le proprietà immobiliari

In Firenze i piccoli prestatori di denaro preferivano tutelarsi dall'insolvenza dei debitori richiedendo in pegno (o sicurtà come si trova indicato nei documenti del tempo) beni immobili in città o nel contado con l'obbiettivo, facilmente trasparente, che essi finissero – come del resto accadeva frequentemente – per divenire proprietà definitiva dei mutuanti.

Con l'acquisto metodico di beni immobili, fatto direttamente (cfr. lettura a) o per mezzo di mutui non resi (cfr. lettura b), il borghese cittadino seguì il piano, attuato sistematicamente dalla metà del secolo XIII in poi, di allargare la propria attività da quella di mercante-banchiere a quella di proprietario terriero, estendendo quindi lentamente, ma progressivamente, l'influenza della città sulla campagna e generando una vera rivoluzione nei sistemi di conduzione agraria e nelle tecniche di coltivazione. Con questo non si vuol certo affermare che i mercanti, che avevano creato la ricchezza e spesso la potenza politica della loro città con traffici attraverso tutto il mondo conosciuto, si fossero tramutati in proprietari agricoli, cercando nella terra una seconda prosperità. Si vuole soltanto sottolineare che il mercante non disdegnava, ma anzi cercava, la proprietà agraria, come attività collaterale, forse come affermazione di prestigio nell'ambito della classe nobiliare, e anche come bene-rifugio.

Fonti: a) PAOLO DA CERTALDO, Il libro di buoni costumi, cit., p. LXIX, n. 102; b) A. SAPORI, Studi di storia economica (secoli XIII-XIV-XV), vol. I, Firenze, Sansoni, 1955, pp. 214-216.


a/ Se chomperi terra o vingnia, abi a mente di chomperare anzi piccholo chanpo e buono, ch'assai e chattivo però che nel buono chanpo troverai senpre lavoratore. E anche se rivorai i tuoi danari, troverai ongni volta chonperatore de la buona chosa sanza perderne; e de la chattiva terra non avrai sì grande merchato, che, quando la vorai rivendere, tu riabia i tuoi danari.


b/ [I mutui dei fratelli Jacopo e Amerigo Del Bene]

Ghettino e Tracchino fratelli e figlioli che furono di Lippo del Traccha, popolo Santapostolo, ne denno dare fior. quatrociento d'oro di' 9 aprile '326; e di questo avemo da lloro in modo di vendita una chasa posta nella via di Terma nel popolo di Santapostolo con questi patti: che nnoi dovemo godere la chasa detta e oltre ciò avere da lloro ogni anno fior. 15 d'oro; e con certi altri patti e convenenze, sì chome apare per carta fatta per mano di Ser Miniato e di ser Biagio Boccadibue imbreviata [1] dì 9 aprile anno '326.

Dì 6 dicembre '329 è detta carta per mano del detto ser Miniato, siccome il detto Tracchino per sé medesimo e come prochuratore del detto Ghettino, per carta fatta per mano di Ser Guiglelmo Duranti fece fine e rifiutagione [2] a ongni patto, promessa ch'avea da nnoi, overo de Lapo di Guazza e fu contento che lla detta casa rimanesse liberamente a nnoi. Questo fece per fior. d'oro 110 che gli demo di contanti, oltre a 400 fior. d'oro ch'avea da nnoi, come apare di sopra.

Simone di Lanzo di Guazza ne de' dare, dì 30 di Gennaio '330, fior. trecentocinquanta d'oro, de' quali demo il detto dì a Guido suo fratello per lui fior. 314 d'oro; e fior. 36 n'ebbe in contanti in sua mano.

Per li detti danari avemo in vendita dal detto Simone – carta fatta per mano di ser Nardo Chai dì 26 di gennaio '330 – uno podere con chase e vingna e albori e terra aratoria e fonte posto nel popolo Sancto Stefano e Pozzolatico, luogo detto a Morli, così confinato…

[1] Protocollata.

[2] Concluse e rinunziò.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05