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Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone


Sezione V – L'etica borghese

5. I contadini nel giudizio dei borghesi

La «satira contro il villano» è un motivo ricorrente in tutta la letteratura comunale, pronta al dispregio e alla critica contro i lavoratori della terra, fossero essi mezzadri miserabili, o affittuari disonesti, o villani ricolmi di malizia, o salariati pronti alla frode e alla minaccia.

Paolo da Certaldo offre in questo breve passo un ritratto interessante e colorito dell'homo villanus, rispettoso, timido, facilmente maneggevole, se l'incontro con il suo datore di lavoro avvien nel campo, o nella casa cittadina del padrone dove non è possibile e neppure pensabile per l'umile rustico intavolare una discussione. Se invece l'incontro avviene di domenica, sulla piazza, nel momento in cui il contadino, ripulito per la festività, si sente spalleggiato dai suoi compagni e caldo per il vino bevuto, il colloquio ha un ben diverso svolgimento (cfr. lettura a).

Questo fine e perfetto tratto di psicologia suggerito dal cronista è dettato dall'esperienza e non da una personale annotazione dello scrittore; risponde perfettamente alla ben conosciuta difficile convivenza di proprietari e coltivatori, che risulta anche da certe denunce catastali che qui riportiamo (cfr. lettura b).

Fonti: a) PAOLO DA CERTALDO, Il libro di buoni costumi cit., p. LXX, n. 103;b) E. CONTI, I catasti agrari della repubblica fiorentina cit., p. 39.


a/ «La villa fa buone bestie e chattivi uomini»; e però usala pocho; istà a la città e favvi o arte o merchantantia e chapiterai bene. Se pur ti chonviene usare a la villa, gûarti di non ti reunare i dì de le feste… né in su la piazza chon i lavoratori, però ché tutti beono e sono chaldi di vino e sono chon l'arme loro e non ànno in loro ragione niuna; anzi pare a chatuno essere un re e volgliono favellare pure egliono, però che stanno tutta la semana nel champo senza favellare se non chon le bestie loro. Anche, essendo chaldi, non risparmiamo persona perché sia loro maggiore. E se avessi parole chon loro, non ti risparmierebbero di niente e se tti ponessero le mani o i ferri addosso, non ti potresti mai vendichare per chosa che ti ne facessi; sì che lasciagli stare i dì delle feste.

S'ai a fare nulla chon detti lavoratori, va a loro nel champo quando lavorano e troveragli humili e mansueti, bontà de l'aratro o zappa o vangha. Se hai a fare ragione chon loro, cioè chon detti lavoratori, no la fare mai chon loro m villa: fagli venire a la città e ivi la fa; che se la farai in villa, raunerano quive tuttavia parecchi altri lavoratori e tutti fieno prochuratori per lo tuo lavoratore chontro te e non saprai si fare che chon loro non ne schapiti sempre e abbi il torto.


b/ E il detto Piero e Giovanni per insino a dì 26 di maggio prossimo passato si partirono di furto e andoronne in Romagna ch'io non ne seppi nulla e portoronne le loro masserizie e anche parte delle mie. E poi pelle ferie di san Giovanni tornorono. E in effetto, al tutto [1], non vollono e non vogliono stare più nel detto luogo e rifiutoromolo e rimango sanza lavoratore e sanza buoi o bestia di niuna ragione apartenente al detto podere. Dicesi lo rifiutò perché detto fitto gli pareva ingordo e per forza non ve lo poté né volli tenere.

[1] Per farla breve.

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05