Didattica

Fonti

L'ascesa della borghesia nell'Italia comunale

a cura di Anna Maria Nada Patrone

© 1974 – Anna Maria Nada Patrone

Sezione V – L'etica borghese

8. Evasioni fiscali nelle città medievali

Le evasioni fiscali erano una regola nella vita del borghese medievale (cfr. lettura a).

Gli statuti di Pisa ci offrono un prezioso quadro dei sistemi escogitati dai proprietari fondiari per sottrarsi sia al pagamento delle tasse sugli immobili (non denunciando le loro proprietà al catasto), sia a quello delle gabelle poste alle porte cittadine (consumando direttamente nei loro fondi del contado i prodotti agricoli) (cfr. lettura b).

Fonti: a) GIOVANNI DI PAGOLO MORELLI, Ricordi cit., pp. 252-253 e 265; b) F. BONAINI, Statuti inediti della città di Pisa cit., p. 204.

a/ E guarti al fuoco di non usare bugie se non in quest'atto [nelle denunce fiscali]; e questo t'è lecito perché tu non lo fai per torre quello di persona, ma fai perché e' non ti sia tolto il tuo contra il dovere…

Tu ti debbi difendere e dalle gravezze e da ogni torto che ti fusse voluto fare. E dove elle non valessono e trovassoti pure nelle gravezze grandi, le quali fussono sufficienti a disfarti, non le pagare. Rubellati dal comune, acconcia il tuo in forma non ti possa essere tolto.

b/ I cittadini [proprietari] nel contado in gran parte ingannano il comune pisano, in quanto né in città, né in campagna non pagano alcuna imposta, né si sottomettono ad alcun onere fiscale e sfuggono subdolamente alle imposte pubbliche.

Ci sono alcuni di loro – e sono un gran numero – che sono iscritti al catasto nella città di Pisa e abitano nelle ville e nei borghi del contado pisano: costoro pagano le imposte estimali, ma defraudano il comune di una gran quantità di denaro, perché non pagano alcuna gabella al comune di Pisa per il vino, il frumento e le altre granaglie, i cereali, il fieno e molti altri prodotti, mentre se abitassero nella città di Pisa con la loro famiglia dovrebbero trasportare in città tutti i predetti prodotti e così pagherebbero…