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Tolleranza e guerra santa nell'Islam

di Biancamaria Scarcia Amoretti

© 1974-2007 – Biancamaria Scarcia Amoretti


DOCUMENTAZIONE

2. La guerra santa
1. Lo stato islamico e la sua espansione programmatica

Riportiamo alcuni brani che facciamo seguire l'uno all'altro, anche se sono stati presi qua e là nell'opera The muslim conception of International Law and western approach (The Hague, 1968, pp. 135, 136, 85, 96, 99, 100), di un arabo contemporaneo, Muhammad Talaat al-Ghunaimī. Ci sembra il sistema più semplice, per dare una visione d'insieme delle finalità dell'Islam, affidarci alla sintesi fatta da chi, pur vivendo all'interno della realtà araba, adotta un criterio descrittivo onni-comprensibile e documentato.


Secondo la dottrina classica dell'Islam, la ragion d'essere dello stato islamico è l'attuazione del governo universale dell'Islam stesso. Di qui la concezione dello stato islamico come stato universale per sua intrinseca natura. Come corollario a questa idea, i califfi musulmani condussero una costante guerra di conquista in nome dell'Islam: con successo durante il primo secolo dell'Islam. Questa pretesa universalistica ha dato origine alla dottrina del gihād come strumento dello stato islamico per adempiere la sua funzione, là dove i mezzi pacifici fallivano.

… Da un punto di vista etimologico la parola gihād, derivata da giahada o giuhd, significa «abilità», «sforzo», «potere»; letteralmente significa sforzo diretto verso un determinato obiettivo: a) contro un nemico visibile, b) contro il demonio, c) contro se stessi. Secondo Ibn al-Athīr, gihād vuol dire combattere contro gli infedeli, ed essendo una forma intensiva implica una tensione al limite delle proprie capacità e possibilità, sia con la parola sia con l'azione.

… Ma i giuristi musulmani hanno usato il termine in un senso restrittivo, dovuto al fatto che, quando essi hanno codificato la legge islamica nei loro testi di diritto, hanno dovuto trattare diversi argomenti legali, tra cui doveva trovare un posto anche la guerra. Perciò, i giuristi hanno interpretato il termine gihād in senso legale, trascurando la connotazione missionaria del gihad come invito all'Islam, in quanto un tale invito implica solo un fatto di libera scelta. Si è giunti così, in tale contesto, a usare il termine gihād come sinonimo di guerra.

… L'abuso del termine ha coinciso con lo sviluppo di una teoria secondo la quale i musulmani dovevano condurre in permanenza una guerra contro i non musulmani, anche aggressiva… In base a questa teoria il gihād potrebbe essere definito la lotta tra Islam e politeismo, e la forma di punizione da infliggersi ai nemici dell'Islam e ai rinnegati… Quindi, il gihād è visto dai giuristi musulmani come lo strumento per stabilire la sovranità islamica, dal momento che il regno della religione di Dio implica la supremazia politica di tale religione. Questo fatto ha indotto alcuni scrittori a considerare il gihād come concetto islamico indispensabile all'esistenza dello stato islamico… da cui si potrebbe dedurre che il gihād sia stato nella storia islamica un elemento di espansione piuttosto che di difesa. Comunque… i giuristi stabilirono l'illegalità di ogni altra guerra, e riconobbero il gihād come l'unico bellum justum islamico. Di qui, il gihād come dottrina classica della guerra presso i musulmani.

… Senza pretendere che il diritto internazionale islamico costituisca una innovazione totale nelle relazioni internazionali, resta vero tuttavia che il diritto internazionale islamico, nella sua interpretazione classica, è un grande passo in avanti rispetto ai sistemi omologhi greco e romano. Anzitutto, il diritto internazionale attribuisce nell'Islam un'importanza maggiore ai valori etici perché, pur evolvendosi come ramo autonomo del diritto, è tenuto a mantenersi conseguente ai principi religiosi. In secondo luogo, troviamo per la prima volta registrata nella storia una casistica ampiamente articolata dei diritti riconosciuti al nemico sia in tempo di guerra che in tempo di pace.

… Tradizionalmente ci sono due spiegazioni antitetiche della cogenza in diritto internazionale: la teoria del diritto naturale o fondamentale degli stati, e la teoria del loro consenso…

… Così l'Islam esprime la sua scelta in proposito; tutto poggia sulla rivelazione divina, senza la quale l'uomo rimane in uno stato di ignoranza da cui non ha scampo. Ma, per l'ortodossia, Dio non ha rivelato se stesso e la sua natura, bensì la sua legge. E se la Persona di Dio è al di là dell'umana conoscenza, ciò non riguarda le norme divine.

Almeno in parte per questo, la legge ha avuto, nel mondo islamico, la precedenza sulla teologia, considerandosi più conveniente e utile concentrarsi sullo studio di quanto può essere conosciuto e dedotto a proposito delle norme di Dio, sì da permettere all'uomo un giusto comportamento, piuttosto che speculare sugli imperscrutabili misteri della sua natura e dei suoi attributi…

Di qui il fatto che la legge è qualche cosa di completamente indipendente dall'idea di stato, è antecedente ad esso e lo sovrasta,… da cui consegue che non è la società che influenza la legge, ma è la legge che fornisce per attività normativa, divina e rivelata, un modello a cui la società islamica ha il dovere di adeguarsi di continuo.

© 2000
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Ultimo aggiornamento: 14/02/07