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Didattica > Strumenti > Tolleranza e guerra santa nell'Islam > Documentazione 3, 3

Strumenti

Tolleranza e guerra santa nell'Islam

di Biancamaria Scarcia Amoretti

© 1974-2007 – Biancamaria Scarcia Amoretti


DOCUMENTAZIONE

3. Mediazione e fanatismo in seno alla comunità islamica
3. Gli ismailiti e il «gihād»

II passo che segue è tratto da un catechismo ismailita, il Taj al-aqā‘id di ‘Alī ibn Muhammad al-Walīd, il cui autore è uno yemenita del VI secolo dell'egira, al servizio dei fatimidi d'Egitto. Ideologicamente parlando, la posizione non è diversa da quella del mistico. Abbiamo citato questo esempio per l'apparente contraddizione tra un movimento estremista, così come viene considerato l'ismailismo in termini sia dottrinali che politici, e una così intimistica posizione di fronte alla guerra santa. Per il testo cfr. l'edizione di Aref Tamer, Keyroutb, 1967, p. 143, aforisma 80.



Intorno al gihād. Si crede che il gihād abbia per oggetto chi non si dirige nella sua preghiera verso la casa di Dio; esso è imperativo quando l'uomo pubere e responsabile viene chiamato dal vero imām, o da chi l’imām prepone a ciò. E l'anima si dedica a ciò per avvicinarsi a Dio Altissimo, secondo le regole menzionate, la cui conferma è esplicitata nel libro del gihād. Ma il gihād secondo il metodo razionale è la guerra dell'io contro le sue voglie e malvagità, e il controllo delle proprie passioni, che allontanano dalla legge. È preminenza della rettitudine sugli organi sensoriali, in aiuto a ciò che ad esso io compete, è lotta contro la violenza della collera, è timore delle forze diaboliche: questo è il più «strenuo gihād dei figli di Adamo». E la prova di quanto diciamo è ciò che si tramanda del Profeta (su di lui la pace) quando disse, al ritorno da una razzia: «Siamo tornati dal gihād minore a quello maggiore», cioè alla battaglia dell'anima contro le sue passioni, allo sforzo dell'ubbidienza a Dio Altissimo, alle azioni in conformità con le sue leggi, che avvicinano a Lui. Ma sappi oltre a ciò che vi sono, secondo le indicazioni della dottrina, cose più proficue su cui non è lecito ad alcuno intervenire, se non dopo che abbia acquisito scienza e possibilità di agire, ed entrambe queste cose si equivalgono nel rendere definito nel significato ciò che è manifesto, e nel volgere il significato verso il fine della miglior virtù.

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Ultimo aggiornamento: 14/02/07