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Il movimento crociato

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini


TESTI

3. La strage degli Ebrei (maggio 1096)

È questa una delle purtroppo molte pagine tristi della crociata, che noi riportiamo non per amore di facile polemica, ma perché anche queste turpitudini furono – insieme con gli atti di puro eroismo e di sincera religiosità – parte integrante della vita e della mentalità dei pellegrini combattenti. È comunque amaro constatare fino a che punto in questo racconto (scritto, non dimentichiamolo, da un cristiano) i soldati di Gesù somiglino a quelli di Erode. (Da ALBERTO D’AIX, Historia Hierosolymitana, p. 292).


Di là, non so se per giudizio di Dio o per qualche errore del loro animo, cominciarono ad infierire crudelmente contro gli Ebrei dispersi in alcune città e ne fecero crudelissima strage, specialmente in Lorena, asserendo che questo era il modo giusto di cominciare la spedizione e ciò che i nemici della fede cristiana meritavano.

Questa strage di Ebrei cominciò a opera dei cittadini di Colonia che, gettatisi d'un tratto su un piccolo gruppo di essi, ne ferirono moltissimi a morte: poi misero sottosopra case e sinagoghe, dividendosi il bottino. Vista questa crudeltà circa duecento [Ebrei] di notte, in silenzio, fuggirono con delle barche a Neuss; ma i pellegrini e i crociati, imbattutisi in essi, li massacrarono fino all'ultimo e li spogliarono degli averi.

Poi, senza indugio, [i crociati] si riversarono in gran folla su Magonza, come avevano stabilito. Là il conte Emicho [1], un nobile potentissimo in quella ragione, aspettava con una forte schiera di Tedeschi l'arrivo dei pellegrini che confluivano sulla via reale da parecchie direzioni. Gli Ebrei di quella città, avendo saputo della strage dei loro fratelli e comprendendo di non poter sfuggire a una così forte schiera, si rifugiarono sperando di essere salvati presso il vescovo Rotardo, e gli affidarono in custodia i loro enormi tesori e la loro stessa fiducia; speravano molto nella sua protezione, dal momento ch'egli era il vescovo della città. Il presule nascose con cura il molto denaro affidatogli e sistemò gli Ebrei in uno spaziosissimo nascondiglio nella sua stessa dimora, lontano dal conte Emicho e dai suoi, affinché in quel luogo sicuro restassero sani e salvi.

Ma Emicho e gli altri, consigliatisi, assalirono sul far dell’alba gli Ebrei in quel medesimo nascondiglio con lance e frecce. Spezzate porte e chiavistelli, ne massacrarono circa settecento che cercavano disperatamente di resistere all'attacco di tante migliaia; uccisero anche le donne, e passarono a fil di spada perfino i bambini d'ambo i sessi.

Allora gli Ebrei, vedendo che i cristiani non risparmiavano neppure i piccolini e non avevano pietà per nessuno, si gettarono essi stessi sui fratelli, sulle donne, sulle madri, sulle sorelle e si uccisero vicendevolmente. E la cosa più straziante fu che le stesse madri tagliavano la gola ai figli lattanti oppure li trapassavano, preferendo ch'essi morissero per loro propria mano piuttosto che uccisi dalle armi degli incirconcisi.

[1] Emicho di Leiningen è passato nella saga germanica. Lo si raffigura chiuso in una montagna, donde uscirà alla fine dei tempi. La stessa leggenda – che per Emicho acquista tratti demoniaci – viene invece con accenti messianici riferita a Carlomagno, al Barbarossa e a Federigo II: essi non sono morti ma dormono in attesa d'una divina renovatio che restituirà al mondo l'ordine tradizionale (cfr. R. FOLZ, L’idée d’empire en occident, Paris, 1953, p. 128 sgg.).

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UpUltimo aggiornamento: 20/06/06