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Il movimento crociato

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini


TESTI

7. La caccia alle reliquie

Il culto delle reliquie non è tipico della sola religione cristiana: pure, in essa ha giocato, soprattutto durante le crociate, un ruolo essenziale. Durante il secolo XI l'ordine di Cluny lo caldeggiò con ogni mezzo e la poesia epica lo rese popolare: si ricordi Durendal, la spada di Rolando, che nella Chanson di Turoldo è presentata come un vero e proprio reliquiario. Il primo brano riportato è, ancora, un episodio della battaglia di Antiochia: i crociati avevano preso la città ma erano stati costretti a rinchiudervisi dall'arrivo di altre truppe turche; la scoperta di una reliquia che fu fatta passare per la lancia che aveva trafitto il costato del Salvatore dette loro la forza di operare una sortita liberatrice (28 giugno 1098). (Da RAIMONDOD’AGUILERS, Historia Francorum qui ceperurnt Iherusalem, in Recueil des Híst. des Crois., Occ., III, p. 257 sgg.). Segue un episodio di «pirateria religiosa» compiuto nel 1098 a Myra nel golfo di Volo da una flotta genovese. (Da JACOPO DA VARAGINE, Legenda translationis beatissimi Johannis Baptistae Genuam, ivi Recueil des Hist. des Crois., Occ., V, p. 231). Infine, abbiamo voluto inserire la breve descrizione del cosiddetto «Sacro Catino» ancor oggi conservato nella cattedrale di Genova e conquistato sempre dai Genovesi nel saccheggio di Cesarea (maggio 1101). Il «Catino» era, secondo la leggenda, quello usato da Gesù durante l'ultima cena (cfr. C. MERCENARO, Il museo del tesoro della cattedrale a Genova, Genova, 1969, tav. I). Per una visione approfondita di questi problemi cfr. Pellegrinaggi e culto dei santi in Europa fino alla I crociata (Convegni del Centro di Studi sulla Spiritualità Medievale - IV, Todi, 8-11 ottobre 1961), Todi 1963. (Da GUGLIELMO DI TIRO, Historia in partibus transmarinis gestarum, in Recueil des Hist. des Crois., Occ., I, p. 419).


a) …per quanto avessimo scavato dal mattino fino a sera [1], al cadere del vespro qualcuno cominciò a disperare di trovar la lancia. Il conte [2] se n'era intanto andato per il turno di guardia alla cittadella; ma al posto suo e di altri che a furia di scavare non ne potevano più, avevamo chiamato uomini freschi affinché continuassero l'opera. Il giovane che ci aveva detto della lancia [3], vedendo che eravamo stanchi, si spogliò e a piedi scalzi, con la sola camicia indosso, discese nella fossa e ci scongiurò di pregare Iddio che ci concedesse la Sua lancia per il conforto e la vittoria del Suo popolo. Allora, in grazia della di lui devozione, Dio concesse di mostrarci la Sua lancia. E io che ho scritto queste cose, appena la punta apparve dalla fossa, subito la baciai. Non posso descrivere quanta gioia ed esultanza riempì allora la città…

Due notti dopo, il beato Andrea apparve al giovane per mezzo del quale la lancia ci era stata data, e gli disse: «Ecco che Dio ha donato al conte ciò che non aveva mai voluto dare a nessuno, e lo ha costituito gonfaloniere di codesto esercito poiché egli ha perseverato nell'amore verso di Lui» [4]


b) Poi i Genovesi, tornando in patria, fecero scalo al porto di Patara presso la città di Myra o Stamira; là, sapendo che san Nicola era stato vescovo di Myra e vedendo che la città era priva di abitanti e di mura, convennero pienamente sul fatto che il corpo del beato Nicola, se essi lo avessero portato a Genova, vi sarebbe stato conservato con maggiore devozione e riverenza. Noi crediamo che sia stata la Divina Provvidenza a dirigerci là sulla via del ritorno per rivelarsi dalle imperscrutabili profondità e riportare alla luce del sole le ossa nascoste del Suo Precursore.

Dirigendosi dunque i Genovesi, con un così santo e lodevole proposito, alla chiesa del servo di Dio Nicola, vi trovarono alcuni venerabili monaci che servivano in quella chiesa il Dio del cielo pregandolo e cantandone le lodi: rivolsero loro molte accurate domande sul corpo di Nicola, chiedendo loro devotamente e umilmente [anche] altre reliquie. Ma quelli risposero: «Illustri fratelli! Sappiate per certo che quel che la vostra devozione cerca ci è stato strappato con la violenza!».

I Genovesi però non credettero alle loro chiacchiere e pieni di devozione cominciarono a cercare con ogni cura quel corpo scavando sotto l'altare; e là dapprima trovarono una vasca vuota di marmo, dalla quale il corpo del beato Nicola era stato asportato a opera dei Baresi. Cercando meglio, sollevarono con gioia una cassa di marmo che avevano trovato sopra quella vasca e la portarono di corsa ai compagni ritenendo di aver trovato il corpo santissimo del servo di Dio Nicola. E i monaci andarono loro dietro fino al mare, implorando con grande clamore di grida e di pianti: «O illustri fratelli! Se davvero adorate Cristo Signore come veri fedeli, quali dite di essere, vi preghiamo e vi scongiuriamo nel Signore di renderci nel Suo nome quanto ci avete preso! Vi assicuriamo difatti nel nome di Cristo che quel che state portando via non è il corpo di san Nicola!».

Siccome però i Genovesi non si curavano affatto delle loro lamentele, dal momento che credevano di aver trovato ciò che cercavano, alla fine i monaci rivelarono con voce flebile che cos'era in realtà quel che avevano preso, giurando che si trattava delle reliquie di san Giovanni Battista che essi e i loro padri avevano fin lì conservate pure con riverenza. Udito ciò i Genovesi, ancora più lieti, pretesero a gran voce che le venerande reliquie fossero divise e distribuite a ciascuna nave; ciò fatto, salparono con vento favorevole.

Ma ecco scatenarsi una grande tempesta: i marinai, vedendo che c'era pericolo di naufragio, innalzavano piangendo preghiere a Dio. In quella un sacerdote che era lì esclamò che gli era stato rivelato che se non avessero ricomposte le sante reliquie che si erano divise non avrebbero avuto scampo. Allora, pur non potendo salire sulle singole navi a causa del maltempo, i marinai giurarono che avrebbero fatto quanto prima ciò che il sacerdote aveva detto. Subito, per clemenza di Dio, cadde il vento, il mare si calmò e venne una gran bonaccia… e con ogni letizia fecero felice ingresso nel porto di Genova.


c) …un recipiente di color verde acceso, foggiato a forma di catino, che i Genovesi, credendolo di smeraldo, …portarono via per porlo quale meraviglioso trofeo nella loro chiesa.

[1] Nella chiesa metropolitana di San Pietro sotto l'altare maggiore.

[2] Raimondo di Saint-Gilles, conte di Tolosa.

[3] Si tratta di Bartolomeo, un contadino provenzale grazie alle cui visioni si era intrapresa la ricerca della reliquia.

[4] Qui la nostra fonte scopre le sue ragioni apologetiche nei confronti del conte di Tolosa.

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UpUltimo aggiornamento: 20/06/06