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Il movimento crociato

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini


TESTI

8. Assedio e conquista di Gerusalemme

Torna il contrasto fra religiosità e ferocia: alla commozione che pervade i pellegrini alla vista della Città Santa (da TUDEBODE, Historia de Hierosolymitano itinere, cit., p. 105) e che il Tasso ha saputo con tanta finezza cogliere nel suo poema, succede il più efferato e cieco massacro fin sulle soglie stesse del Sepolcro (da RAIMONDO D’AGUILERS, Historia Francorum qui ceperunt Iherusalem, cit., p. 300) là dove i guerrieri abbandonano le armi, si scalzano e tornano pellegrini d’un Dio d'Amore.


a) …[in vista di Gerusalemme] i vescovi e i preti consigliarono che si facesse una processione intorno alla città. E vescovi e preti dunque, a piedi nudi, vestiti dei paramenti sacri e portando in mano delle croci, vennero dalla chiesa di Santa Maria sul Monte Sion alla chiesa di Santo Stefano Protomartire cantando e pregando che il Signore Gesù Cristo liberasse la Sua Santa Città e il Suo Sepolcro dai pagani e li mettesse nelle mani dei cristiani che si sforzavano di fare il Suo santo servizio. I chierici erano dunque parati per la cerimonia; presso di loro stavano i cavalieri e i sergenti armati.

Quando i cristiani giunsero alla chiesa di Santo Stefano e, com'è uso nelle nostre processioni, vi fecero sosta, i saraceni da sopra le mura si misero a berciare sconciamente, a suonare strumenti a fiato e insomma a fare tutto il baccano che potevano. Poi, davanti a tutti i cristiani, battevano con un bastone la santissima croce per mezzo della quale il Cristo ha redento l'umano genere con l'effusione del Suo sangue; e inoltre, per addolorare maggiormente i cristiani, tentavano di spezzarla sbattendola contro le mura e gridando: «Frangi, agip salip!», che nella nostra lingua significa: «Franchi, ecco la vera croce!».


b) …Tra i primi entrarono Tancredi [d'Altavilla] e il duca di Lorena, che in quel giorno versò una quantità incredibile di sangue. Dietro di loro tutti gli altri salivano le mura, e i saraceni erano ormai sopraffatti. Ma, udite meraviglia!, per quanto la città fosse a quel punto quasi tutta nelle mani dei Franchi, tuttavia coloro che stavano dalla parte [dove si era schierato] il conte [di Tolosa] continuavano a resistere. Appena però i nostri ebbero occupato le mura e le torri della città, allora avresti potuto vedere cose orribili: alcuni, ed era per loro una fortuna, avevano la testa troncata; altri cadevano dalle mura crivellati di frecce; moltissimi altri infine bruciavano tra le fiamme. Per le strade e le piazze si vedevano mucchi di teste; mani e piedi tagliati; uomini e cavalli correvano tra i cadaveri. Ma abbiamo ancora detto poco: veniamo al Tempio di Salomone, nel quale i saraceni erano soliti celebrare le loro solennità religiose. Che cosa vi era avvenuto? Se diciamo il vero, non saremo creduti: basti dire che nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava col sangue all'altezza delle ginocchia e del morso dei cavalli. E fu per giusto giudizio divino che a ricevere il loro sangue fosse proprio quel luogo stesso che tanto a lungo aveva sopportato le loro bestemmie contro Dio.

Essendo la città piena di cadaveri e di sangue, molti fuggirono alla torre di David e chiesero sicurtà al conte Raimondo al quale consegnarono la fortezza.

Ma, presa la città, valeva davvero la pena di vedere la devozione dei pellegrini dinanzi al Sepolcro del Signore, e in che modo gioivano esultando e cantando a Dio un cantico nuovo. E il loro cuore offriva a Dio vincitore e trionfante lodi inesprimibili a parole. Il giorno straordinario, la nuova e perpetua letizia, lo sforzo fatto nella fatica e nella devozione esigevano nuove parole e nuovi canti. Questo giorno celebre nei secoli a venire cambiò, lo affermo, ogni nostro dolore e sofferenza in gioia e in esaltazione; questo giorno, lo affermo, segnò la fine dei pagani, il rafforzamento della cristianità, il rinnovamento della fede nostra… In questo giorno il signor Ademaro, vescovo di Le Puy [1], fu visto in città: e molti giurarono di averlo visto salire per primo sulle mura e incitare i compagni e il popolo tutto… In quel giorno cantammo l’uffizio della Resurrezione, perché appunto in quel giorno Colui che per Sua virtù resuscitò dai morti aveva per Sua grazia resuscitato anche noi.

[1] Era il Legato pontificio, morto ad Antiochia l'anno precedente.

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UpUltimo aggiornamento: 20/06/06