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Il movimento crociato

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini


TESTI

10. Il nuovo regno

Fra i molti aspetti dai quali sarebbe interessante studiare il regno di Gerusalemme, ne indichiamo a puro titolo di esempio due, così come si presentano attraverso le fonti; un brano del cronista Fulcherio di Chartres che celebra in tono biblico le ricchezze della sua nuova patria (da FULCHERIO DI CHARTRES, Gesta Francorum Hierusalem peregrinantium, cit., p. 468); un documento relativo a certi possedimenti rurali concessi alla chiesa del Santo Sepolcro dei re Baldovino II (dal Cartulaire del’église du Saint-Sépulcre de Jérusalem, éd. par E. DE ROZIÈRE, Paris,1847, n. 30, pp. 56-57).


a) Eccoche noi, che fummo occidentali, siamo diventati orientali. L'Italico o il Franco di ieri è divenuto, una volta trapiantato, un Galileo o un Palestinese. Il cittadino di Reims o di Chartres si è mutato in Siriaco o in Antiocheno. Abbiamo già dimenticato i nostri luoghi d'origine: molti dei nostri li ignorano o addirittura non ne hanno mai sentito parlare. Qui c'è chi già possiede casa e servi con tanta naturalezza come se li avesse ricevuti in eredità dal padre; chi ha preso per moglie – anziché una compatriota – una Siriana, un'Armena o magari una Saracena battezzata; chi ha qui suocero, genero, discendenti, parenti. Uno ha ormai figli e nipoti, un altro beve già il vino della sua vigna, un altro ancora si nutre con i prodotti dei suoi campi. Ci serviamo indifferentemente delle diverse lingue del paese: tanto l'indigeno quanto il colono occidentale sono divenuti poliglotti e la reciproca fiducia avvicina le razze anche più estranee fra loro. Si avvera quanto ha detto la Scrittura: «Il leone e il bue mangeranno a una medesima mangiatoia» [1]. Il colono è ormai divenuto quasi un indigeno, l'immigrato si assimila all'originario abitante. Ogni giorno parenti e amici vengono a raggiungerci dall'occidente, non esitando ad abbandonare laggiù tutto ciò che possiedono: perché chi laggiù era povero, qui per grazia di Dio ottiene l'opulenza: chi non aveva che qualche soldo, qui possiede dei tesori; chi non godeva neppure di un dominio, qui si vede divenuto padrone di una città. Perché dunque tornare, dal momento che abbiamo trovato un tale oriente?


b) Nel nome della Santa e Indivisibile Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Io Baldovino, per la grazia di Dio secondo re latino di Gerusalemme, per l'anima del mio predecessore di degna memoria, il re Baldovino, e per la mia salvezza e remissione dei miei peccati, dono e concedo alla chiesa del Santissimo Sepolcro del Signore e ai canonici regolari presenti e futuri che ivi servono, nel territorio di Tiro, un casale chiamato Derina sopra la grande fonte da cui parte l'acquedotto, con tutto il suo terreno e le sue pertinenze a eccezione d'ogni altro casale che ne dipendesse, in modo che la suddetta chiesa l'abbia senza alcuna contestazione da parte mia o dei miei eredi o successori e la possegga perpetuamente a giusto titolo; inoltre, allo stesso modo, il giardino che si trova fra le mura e l'antemurale della medesima città, dalla parte del mare; e nel territorio vicino al suddetto casale, verso la montagna, tanta terra quanta ne può lavorare in un anno un paio di buoi. Per sicurezza e conferma di ciò e della mia donazione, ho fatto redigere questo privilegio e autenticarlo col mio sigillo di piombo dinanzi a questi testimoni, i cui nomi si leggono [qui] sottoscritti:
signum manus di Gelduino, abate di Santa Maria della Valle di Josaphat;
signum manus di Pagano, cancelliere del re;
signum manus di Gualtieri Brisebarre;
signum manus di Pagano de Mineris;
signum manus di Guglielmo di San Bertino;
signum manus di Sadone, maresciallo.
Dato nel palazzo reale di Tiro, l'anno dell'Incarnazione del Signore 1125, indizione terza.

[1] Isaia, 65, 25.

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UpUltimo aggiornamento: 20/06/06