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Il movimento crociato

di Franco Cardini

© 1972-2006 – Franco Cardini


TESTI

20. Alcune voci contrarie

Le opinioni correnti in seno alla Cristianità a proposito della crociata non furono mai del tutto monolitiche. Già dal secolo XII udiamo voci distinte ed anche autorevoli che esprimono al riguardo perplessità e dissenso: leggiamo qui una lettera dell'abate di Cluny Pietro il Venerabile che – forse anche in polemica con le simpatie che il movimento crociato raccoglieva presso Bernardo di Clairvaux e i cistercensi – rimproverava a un cavaliere suo amico di preferire la crociata al chiostro: la contrapposizione tra le funzioni monastiche e quelle cavalleresche era del resto un luogo comune della letteratura religiosa medievale (da PETRI VENERABILIS, Epistolae, II, 15, in Patrologiae latinae cursus completus, edidit I. P. MIGNE, CLXXXIX, coll. 206-207). Nel Duecento il dissenso si trasformò in opposizione aperta e violenta, resa più acre dalla strumentalizzazione della crociata operata dal Papato contro eretici e avversari politici: quando si pensi che la vigilanza inquisitoriale rendeva poco agevole la critica alle iniziative che godevano dell'avallo pontificio, si comprenderà che i per nulla rari commenti negativi al passagium dovevano essere spie di un ben più profondo disagio, esteso a tutti i livelli e a tutti gli ambienti della società cristiana.

Su questo problema esiste uno studio di P. A. THROOP, Criticism of the Crusade. A Study of Public Opinion and Crusade Propaganda, Amsterdam, 1940: ma l'argomento è ancor poco noto e la sua importanza sottovalutata, il che lo rende tanto più degno di attenzione e giustifica lo spazio relativamente ampio che in questa sede gli è dedicato. Alla lettera dell'abate cluniacense facciamo seguire: un passo di Salimbene relativo a fatti accaduti in Francia nel 1251 (da SALIMBENE DE ADAM, Cronica, II, Bari, 1966, pp. 645-646); poche ma significative parole tratte da un sirventese composto da un anonimo Templare nel 1268 (da A. LECOY DE LA MARCHE, La prédication etc., cit., pp. 21-22); la Disputaison du croisié et du décroisié redatta dal grande poeta satirico Rutebeuf (da J. BASTIN-E. FARAL, Onze poèmes de Rutebeuf concernant la Croisade, Paris, 1946, pp. 84-94); infine un brano del memoriale presentato a papa Gregorio X durante il concilio di Lione del 1274 dal generale dei domenicani Umberto di Romans e riassumente le varie critiche diffuse in quel momento (A. LECOY DE LA MARCHE, La prédication etc., cit., p. 21).


a) Al carissimo amico nostro, il signore Ugo Catulae, frate Pietro, umile abate di Cluny, [augura] molto affettuosamente salute.

Spinto dal grande affetto che nei vostri confronti nutro, non posso far a meno di gioire della vostra salute né di dolermi dei rischi che correte. Eravate cosciente con che genere di catena vi stavate legando non a me, ma a Dio – o meglio, a me per causa di Dio – quando senza costrizione da parte di alcuno, ma certo ispirato da Dio, poneste davanti a testimoni il vostro corpo e l'anima vostra nelle mie mani consacrate ai divini misteri, rendendovi monaco secondo il mio consiglio, volendo che in segno e come pegno della conversione vi tagliassi i capelli e li conservassi, giurando infine di vestire in un giorno stabilito, a Cluny, l'abito dell'ordine. E ora vengo a sapere che, contro la divina sentenza, che suona: «Non spergiurare, ma adempi verso il Signore i tuoi giuramenti» (Matteo, 5, 33), e contro il Profeta, che dice: «Scioglierò i voti che ho proferito con le mie labbra» (Salmi, 65, 13-14),vi disponete a partire per Gerusalemme. Ma chi potrebbe credere che un uomo savio possa mettersi a far tali pazzie? Del resto, lo creda chi vuole: non certo io. È indegno che io creda di un tanto grande, serio e sincero amico cose che a stento si potrebbero credere di un qualsiasi volgare giullare. Ma dal momento che mi sto rivolgendo ad un uomo savio sì, ma pur sempre laico e cavaliere, debbo risolvere i dubbi che paiono agitarsi nel vostro cuore. Può infatti darsi che diciate dentro di voi: «Quale tipo di vita, quale opera meritoria, quale entrata in ordine sacro può esser confrontata col Sepolcro del Signore? Che cosa di più alto si potrà fare, se non recarsi laggiù?». Ecco la mia risposta. Le cose buone si possono lasciar andare in cambio di altre più grandi, non di pari o tanto meno di minor grandezza. E invero vale assai di più servire perpetuamente Iddio in umiltà e povertà piuttosto che mettersi con la superbia e lo sfarzo [abituali] in cammino per Gerusalemme. Quindi, se è cosa buona visitare Gerusalemme dove si posarono i piedi del Signore, di gran lunga meglio è anelare al Cielo, dove si può contemplarLo faccia a faccia. E chi promette di fare la cosa migliore, non può poi sostituirla con una di più limitato valore. Infatti, se aveste promesso a qualcuno cento soldi, gliene potreste poi benissimo dare duecento e la vostra promessa sarebbe mantenuta: ma in nessun modo potreste pagarne solo cinquanta senza venirle meno. Comportatevi dunque cautamente in questo genere di cose, e badate di non offendere gravemente Dio proprio là dove vi eravate mosso per rendergli onore. Per la qual cosa vi scongiuro di venire, insieme con colui che vi porta questa lettera, senza indugio dal vostro sincero amico, affinché a viva voce possa con più vigore intimarvi quanto non voglio affidare allo scritto.


b) … [gli abitanti della Francia] insorgevano fieramente contro i religiosi e soprattutto contro i francescani e i domenicani, perché essi avevano predicato la croce e l'avevano data a quanti avevano inteso passare il mare con il re che era stato poi battuto dai saraceni. I Francesi erano dunque irritati a tal punto che non temevano più neppure di bestemmiare il nome di Cristo, benedetto sopra ogni altro. Infatti, poiché in quei giorni francescani e domenicani chiedevano ai Francesi l'elemosina nel nome di Cristo, quando quelli li vedevano digrignavano i denti e, chiamato qualche altro povero, gli davano del danaro dicendo: «Prendi, nel nome di Maometto che è più potente di Cristo!»…


c) È veramente folle chi cerca battaglia con i saraceni, dal momento che Gesù Cristo medesimo non rifiuta loro la vittoria… poiché noi siamo sempre stati battuti. Maometto si serve invece di tutta la sua potenza…


d) Giorni fa, verso la festa di san Remigio, cavalcavo per gli affari miei, pensieroso, riflettendo in quanto grande pericolo sia la gente che sta più a cuore a Dio, quella di Acri, che come si vede bene non ha alcun amico ed è così vicina ai suoi nemici da trovarsi ormai sotto la portata dei loro ordigni di guerra.

Tanto ero pensieroso, che smarrii la strada… Mi trovai dinanzi ad un maniero ben fortificato che non conoscevo e dove era chiusa della gente cui domandai ospitalità.

C'erano là quattro cavalieri che parlavano molto bene in francese. Avevano cenato, e andarono un po’ a svagarsi in un verziere presso un bosco…

Due di loro lasciavano parlare gli altri, ed anch'io mi posi ad ascoltarli stando presso una siepe… Tra uno scherzo e l'altro essi si dissero delle parole che voglio riferire…

Uno di loro aveva preso la croce, mentre l'altro non intendeva a nessun costo prenderla. È di ciò che discutevano, giacché il crociato intendeva convincere colui che, senza disprezzare l'impresa, era ben deciso a non prendervi parte…

E il crociato cominciò col dire: «Dammi retta, bel dolce amico: tu sai benissimo che Dio ti ha donato l'intelligenza, per cui chiaramente discerni il bene dal male e l'amico dal nemico. Servendoti saggiamente di tale dono, puoi fin d'ora esser sicuro della ricompensa. Tu, ora, vedi, conosci e vieni continuamente a sapere delle sciagure che accadono in Terrasanta. Chi potrà mai vantarsi d'esser prode, se abbandona in tale stretta il paese di Dio? Anche vivendo cent'anni nessun uomo potrebbe raccogliere tanto onore quanto gliene verrà andando, pentito dei suoi peccati, a conquistare il Sepolcro».

L'altro rispose: «Comprendo benissimo perché mi parlate così: voi m'incitate a dare via quanto possiedo e ad andarmene… Si usa dire: quel che hai, tientelo stretto. È un buon proverbio, di buona scuola. Credete voi quindi che io prenda la croce e me ne vada oltremare, e [a questo fine] impegni per quaranta soldi dei beni che ne valgono cento? Non credo che Dio insegni a seminare così: e chi così semina raccoglie poco, e gli starebbe bene l'esser punito».

«Tu nascesti nudo da tua madre – ribatté il crociato – lo si sa bene. Ora invece sei arrivato fin qui, e sei ben abbigliato. Ma tieni presente che Dio rende due volte il centuplo di ciò che si spende per Lui. Sarebbe da considerar sciagurato, chi venisse meno all'occasione d'un sì bel guadagno! Si ha oggi l'occasione, Dio sia lodato, di avere il paradiso a buon mercato! San Pietro e san Paolo l'hanno pagato ben più caro, dovete saperlo, essi che l'hanno acquistato mediante ricchezze preziose come la testa e il collo. Eppure, tenete presente che anche il loro è stato un ottimo affare».

Al che quello che non aveva intenzione di crociarsi replicò: «Io mi meraviglio di vedere gente, che fa tanto duri sacrifici per ammassare un po’ di denaro, andarsene a Roma, a Santiago o chissà dove. Cercano chissà qual eccezionale avventura e non hanno né una serva né un valletto. Viceversa si può benissimo guadagnarsi [la grazia di] Dio stando senza grandi pericoli a casa propria. Se voi avete reso omaggio feudale alla follia, andate pure laggiù oltremare: per parte mia, affermo che è roba da pazzi di nascita mettersi al seguito di qualcuno quando si può stare in pace con Dio qui e vivere dei propri beni».

«Stai dicendo enormità indescrivibili, tu che vuoi guadagnarti il paradiso senza alcun sacrificio, solo per la tua bella faccia. Fecero dunque follia, i santi che giunsero alla redenzione attraverso il martirio? Tu bestemmi. E poi le pene che un uomo può sopportare non si possono neppur paragonare alla suprema gioia alla quale egli può e deve pervenire. È per questo che tanti si fanno monaci. Non si debbono temere le difficoltà che si affrontano per Dio, e ciò sino in fondo».

«Sire, voi che mi state facendo così belle prediche a proposito della croce, permettetemi che mi tiri da parte, e andate a farle a quei grandi personaggi che portano la corona, oppure ai decani e prelati che godono di tutta la confidenza di Dio e di tutti gli agi del mondo. Non è giusto che tocchi sempre a noi [persone modeste] cadere in codeste trappole! Sono chierici e prelati che debbono vendicare l'onta di Dio, essi che godono delle Sue rendite. Essi hanno sempre di che mangiare e bere, e certo non importa loro nulla se piove o tira vento. Il mondo intero è nelle loro mani. D'altronde dal momento che vanno a Dio per una strada simile, sarebbero pazzi a cambiarla, tanto è comoda».

«Lascia perdere chierici e prelati, e guarda piuttosto il re di Francia che, per conquistare il paradiso, accetta di mettere in pericolo la sua stessa vita e di affidare a Dio i suoi figli. Eppure non esita, e tu vedi che sta preparandosi a far ciò che io cerco di convincere anche te a fare. Il re ha certo ben altri beni da custodire che quelli che abbiamo noi, eppure impegna se stesso per onorare Colui che noi teniamo per Signore e che si lasciò insultare sulla croce. Noi che meniamo troppo folle vita, ohimè, avremo assai da piangere, se non ci affrettiamo a servirLo!».

«Insomma, io voglio restare tra i miei vicini, voglio darmi buon tempo e godermela un po’. Andateci voi oltremare, se avete prurito di chissà quali gesta gloriose: e dite al vostro signor sultano che io me n'infischio delle sue minacce. Se viene lui da queste parti, peggio per me: ma non sarò davvero io ad andare laggiù a cercarlo. Io non faccio del male a nessuno, e nessuno ha di che lamentarsi di me. Vado presto a letto e dormo bene, e mi comporto amichevolmente con i miei vicini. Quindi, per san Pietro di Roma!, sono convinto che è meglio che resti qui piuttosto che farmi prestare [per andare alla crociata] grandi somme di danaro altrui che poi non saprei come fare a restituire».

«Tu aspiri a vivere comodamente: ma sei sicuro di vivere abbastanza? Conosci qualche libro nel quale sia scritta la durata della vita di tizio o di caio? Mangia pure, bevi, ubriacati: ma basta un attimo, e si è perduti: una vita d'uomo, sappilo, si spezza facilmente come un uovo. Misero te! La morte ti sta d'appresso: ben presto ti avrà braccato e preso. Essa tiene la sua clava levata sulla tua testa; vecchi e giovani, li prende allo stesso prezzo. Basta un attimo e il tuo piede inciampa, tu che hai tanto disprezzato Dio! Almeno, segui un po’ la traccia lasciata dai buoni nel conquistare lode e pace».

«Sire crociato, mi meraviglio. C'è molta gente che va oltremare: persone di poco conto, ma anche altri ricchi o saggi; certi si portano dietro un gran seguito, e v'è chi ha di che trattarsi assai bene. Credo che laggiù facciano opere meritorie, e quanto serve a render l'anima migliore. Ma quando tornano, non paiono per nulla migliorati. Se Dio è da qualche parte nel mondo, è senza dubbio alcuno in Francia. Non crediate che sia possibile incontrarlo presso quei popoli che non Lo amano! E io preferisco una fonte abbondante a quella che cola goccia a goccia d'estate. Il vostro mare, poi, è cosa profondo che ho ben il diritto di averne paura».

«Tu non temi la morte; ciò nonostante sai che dovrai morire, e dici che la morte sta in agguato ad aspettarti. Da dove ti viene allora codesta follia? È forse la malvagità che si nasconde in te a trattenerti. Che farai se la morte ti addenta, lei che viene non si sa quando? Qui [in patria] resteranno solo i malvagi, mentre non vi rimarranno i buoni. I malvagi morranno nel loro giaciglio come animali, mentre sotto buona stella è nato chi cadrà in oltremare: gli altri non potranno salvarsi. Ciascuno faccia quanto meglio può, perché alla fine ciascuno piangerà la propria fiacchezza e, quando morrà, non avrà nessuno a piangerlo. In tal modo, mentre tu credi di sfuggire al fuoco dell'inferno senza fare il minimo sforzo, e prendere in prestito, e acquistare a credito, e far della carne la tua amante, per parte mia poco mi cale di quanto mi succederà – la prigione, la battaglia, il lasciar i miei figli e mia moglie – a patto che il mio corpo mi possa salvar l'anima».

«Caro bel signore, qualunque cosa abbia potuto dire fin qui, mi avete vinto e svergognato. D'accordo: mi rimetto a voi, per quanto voi non mi abbiate certo trattato dolcemente. Prendo senza indugio la croce; dono a Dio il mio corpo e le mie sostanze, dal momento che chi sarà a Lui fellone in questa bisogna, sarà mal ricompensato. Nel nome dell'alto Dio di gloria che di Sua figlia fece Sua madre e che per mezzo del Suo sangue prezioso ci salvò dall'amarezza della morte, sono deciso a crociarmi al fine di pervenire alla luminosa beatitudine. Poiché chi è negligente in quanto concerne l'anima sua, a buon diritto ne pagherà il fio».


e) È tentare Dio impegnarsi in lotte del genere quando si è in condizioni di svantaggio. I cristiani farebbero meglio a limitarsi alla difesa, senza attaccare gli infedeli. E poi, perché prendersela con i maomettani anziché con gli ebrei o con gli idolatri? Non se ne ricava né frutti spirituali né vantaggi temporali: i saraceni non si convertono, la maggior parte dei morti in battaglia va all'inferno e si finisce col non poter neppure mantenere le conquiste fatte. Il Saladino si è ripreso tutto in un istante; l'imperatore Federigo [Barbarossa] è annegato in una pozzanghera all'inizio della sua spedizione; san Luigi è stato fatto prigioniero laggiù con i suoi fratelli e tutti i suoi nobili; poi è andato a morire a Tunisi con uno dei suoi figli e la sua flotta è stata distrutta quasi del tutto. Decisamente, sembra che Dio si opponga al successo delle spedizioni lontane.

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UpUltimo aggiornamento: 20/06/06