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Didattica > Strumenti > Agricoltura e società nel Medioevo > Documenti, 17

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Agricoltura e società nel Medioevo

di Giovanni Cherubini

© 1972-2006 – Giovanni Cherubini


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17. Consigli sul modo di tenere e pascolare il bestiame nel «Liber ruralium commodorum» di Pier de' Crescenzi

Fra i trattati di agronomia che conobbero un grande successo va annoverato anche quello del bolognese Pier de' Crescenza (m. 1320-1321), che fu stampato per la prima volta ad Angusta nel 1471. L'opera conobbe fin dalla sua comparsa una grande diffusione, fu poi tradotta in quasi tutte le lingue principali e di continuo riedita nei secoli successivi. Pier de' Crescenzi «non era un agricoltore pratico ma un impiegato cittadino il quale, come addetto al seguito del podestà di Bologna, aveva acquistato una certa cognizione della produzione agricola e dei suoi metodi. Ma il libro non si fonda esclusivamente, anzi nemmeno essenzialmente, su questa esperienza, ma esso è in prima linea evidentemente un risultato di letture appassionate dei trattai latini d'agricoltura degli ultimi tempi della repubblica e del periodo dell'impero, soprattutto di Varrone e Columella. A questa circostanza si deve certamente attribuire ch'egli in qualche caso introduce dei confronti colla flora e la fauna di paesi non italiani. Del resto non è un libro che descriva le condizioni esistenti, ma si propone di dare istruzioni per un'agricoltura quanto più è possibile razionale. Tuttavia si deve ammettere che un esperto impiegato amministrativo non abbia soltanto copiato senza critica, ma abbia tenuto almeno in considerazione le condizioni reali del tempo e del paese in cui viveva» (A. Doren). Fra i molti capitoli relativi ai diversi generi di bestiame riportiamo il 64° e il 68° del libro IX, che hanno per oggetto i buoi da lavoro e gli ovini, utilizzando la bella traduzione trecentesca nella sua prima edizione (Firenze, 1478). Molte notizie sul de' Crescenzi e sulla sua opera sono raccolte nel volume collettivo Pier de' Crescenzi (1233-1321). Studi e documenti, Bologna, Cappelli, 1933.


a) Quando si compera, ne' buoi si dee guardare a questi segniali, cioè che siano novelli [1], e con membra grandi e quadrati e che habbiano saldi e sodi corpi e co' mustoli in ciascuna parte rilevati, e che habbiano gli orecchi grandi e la fronte lata e crespa e i labbri, e gli occhi nericanti e le corna forte e lunate senza magagna di chinatura e co' gli anari manifesti e rilevati, e che abbiano la testa altiera e compiuta e con larghi paleari, e che chaschino e pendano insino alle ginocchia, et habbiano il pecto grande e arnis vastis e il loro corpo non sia piccolo e i loro lati siano distesi e i lombi lati e il loro dosso sia diritto e piano e le loro gambe sode e nervose e le loro unghie sieno brevi overo corte e siano maximamente di colore rosso e fusco. Anchora sarà meglio a comperare buoi delle contrade vicine, e quali non temono la varietà del terreno o della aria. Et se ciò non potessi essere, si facciano venire de' luoghi e contrade consimili. Anchora si dee sopra tutte le chose curare che si accompagnino insieme buoi di uguale potentia accioché il più poderoso non facessi l'altro per affanno morire. Anchora si deono considerare in tucte queste cose, cioè che arcuti, cioè costumati e mansueti e che temano lo sgridare e le battiture e che sono volenterosi di mangiare. Ma se la ragione della contrada il sostiene, nessuno pasto è migliore per loro che pasto verde. Ma dove non fussi fissi cibi con quello ordine che costringerà la copia del pasto e la fatica del bue ricercherà. Et deonsi in quelle stalle simigliantemente tenere che di sopra delle vacche si disse [2] cioè nelle stalle lastricate e assettate e ben chiuse, accioché i loro piedi e l'unghie si conservino sanza danno e essi si possano difendere dalle zanzare e mosconi e tafani. La loro età si conosce in ciò che mutano i denti dinanzi dopo l'anno compiuto innanzi i diciotto mesi. Appresso dopo i sei mesi successivamente mutano gli altri prossimani a quegli, infino ad tanto che in tre anni gli aranno tutti mutati e allora sono in buono essere, nel quale perseverano per infino a dieci o dodici anni e vivono insino a quattordici o quindici anni, e quando sono in istato e buona etade hanno i denti lunghi, belli e uguali. Ma quando chominciono a invecchiare discrescono, anneriscono e si rodono.


b) Principalmente si dee provedere della lor [delle pecore] pastura, cioè che per tutto l'anno siano ben pasciute dentro e di fuori, appresso che siano in agiata stalla e non ventosa, la quale habbia il suo riguardo innanzi all'oriente che a’ meriggi. Conviene che 'l terreno dove staranno sia coperto di vermene o di paglia o d'altro strame e che sia chinato acciò che si possa dall'umidità della orina agevolmente guardare e purgare, imperoché non solamente quella humidità le loro lane corrompe, ma etiamdio corrompe et intignosisce le loro unghie. Onde dopo alchuni giorni si chonviene che si gicti sotto esse trite vermene o paglia, acioché più mondificamente si riposino et sieno più nette, peroché in questo modo paschono più volentieri. Anchora si dee fare una chiusura per la quale si dividano le 'nferme dalle sane e ancho quelle che hanno i piccioli agnelli. Ma queste chose si deono observare ne' luoghi villatici delle ville, impercioché quelle che pascono nelle selve overo campagne portane i pastori con seco e' graticci overo le reti e tutte le altre masseritie, con le quali i pecugli delle pecore, le quali variatamente sogl[i]ono pasturare i diversi luoghi l'uno dall'altro lontano. Le pasturi utili delle pecore sono quelle che nascono ne' campi novelli o ne' secchi e asciutti prati, ma le pasture de' paduli sono nocive e le pasture de' salvatichi luoghi sono dannose alle pecore che hanno la lana, perché la pela. Ancora spargere spesse volte del sale ne' luoghi delle pasture o mischiarlo con quello che pascono o ne' loro abeveratoi e levare loro il fastidio ciò l'abbominatione, e nel tempo dello verno, se mancamento sarà di fieno o di paglia, si dia loro la veccia o il più tenero dell'olmo o del frassino, cioè chotale tenerume di vette secche serbate e riposte; e nel tempo della state si deono dal cominciamento mectere alla pastura quando si comincia a fare dì, allora che il cominciamento della rugiada fa laudabile per sua soavità la teneretta gramigna overo herba, e nell'ora quarta, allora che 'l sole comincia a scaldare l'aere, si dia loro a bere acqua di fiume chiarissimo o di pozo overo di fontana, e nel mezo del giorno, allora che il sole è chaldissimo, si deono mectere o richorre in valle o socto arbore che faccia ombra. Poi che il sole comincia bassare e allentare il caldo e la terra da prima comincia a divenire humida per l'ombra della rugiada dal vespro rivocheremo alle pasture la greggia. Et si dee provedere che si sazino per abondanza di pastura e che paschino di lungi da' pruni, i quali scemano la loro lana e taglia loro il corpo. Ma nel tempo della state e de' dì della canicula si deono le pecore in tal modo pasturare che i chapi delle greggie sieno sempre volti a contrario del sole, ma nel verno o nella primavera non deono uscire alla pastura se non quando sarà risoluto il gielicidio, imperoché l'herba ove sarà la brina overo la pruina genera loro infermitade; tuttavolta basterà menare all'acqua una fiata per dì. Quando son segate le biade si tengano nelle seccie, la qualcosa è utile per dua cagioni, imperoché si satiano delle spige cadute e perché le terre l'anno seguente fanno miglior biade calpestando lo strame e letaminando il luogo. Anco per tutta la state prestarnente si mungono nella aurora del dì, acciò che l'usata pastura non perdano, e quando il sole sarà riscaldato si rimenino, accioché il caldo del sole o il vento non possa loro nuocere. Ma nel vespro stiano tanto fuori che si choverino il pasto che haranno perduto il giorno e quando saranno tornate si ghuardi che non siano chalde nell'hora che nella stalla si mettano. Ma se sarà istemperato caldo si vorranno menare in proximane pasture, accioché possino richoverare a l'ombra e i pastori non le lascino importunatamente raghunare e strignere nel tempo del chaldo, ma sempre le sparpaglino temperatamente e dividano, e quando si rimenano non si mungano calde. Quando sarà l'aurora apparita, inchontanente si menino alle madri gli agnelli, ove tanto lunghamente dimorino che per sé medesimi si menino alla pastura, e allora si menino nel più scosto luogho e che habbino ombra ove che sollecitamente sieno custoditi. Et quando i pastori vedranno la mattina le tele de' ragnateli cariche d'acque non lascino giacere, ma si menino ai più alti luoghi ove siano dal vento percosse e sempre si movino. Anco si deono guardare dall'herbe sopra le quali viene la rena. E disse ancora uno experto pastore che del mese d'aprile, di magio, di giugno e di luglio non si deono lasciare molto pasciere acciò che non diventino troppo grasse. Ma del mese di septembre, d'octobre e di novembre dopo la meza terza si deono lasciare tutto il giorno nelle pasture accioché ingrassino quanto possano, accioché meglio possino uscire dalla state. Nello autumno si vogliono vendere le deboli accioché il verno non le truovi deboli.

[1] Altrove si precisa che «della generatione de' buoi sono quattro gradi d'etadi. La prima età è quella de' vitelli, la seconda è quella de' giovenchi, la terza de' buoi novelli, la quarta de' buoi vecchi» (IX, 60).

[2] IX, 61.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06