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Agricoltura e società nel Medioevo

di Giovanni Cherubini

© 1972-2006 – Giovanni Cherubini


II. Gli uomini e lo spazio coltivato

7. La recessione demografica e le conseguenze sullo spazio coltivato e sul popolamento. Il momento della ripresa

L’indebolimento organico conseguente alla carestia e l’uso di cibi d’ogni genere, uniti ai bassi livelli igienici, scatenavano continue epidemie, causa a loro volta di nuovi cattivi raccolti per le falcidie che causavano fra gli addetti alla agricoltura. Tra la fine del 1347 e il 1350 fa infine la sua ricomparsa e imperversa in Europa, portata dall’Oriente, la peste, le cui terribili stragi, terribili soprattutto nei ceti più umili, trovano un facile terreno nel debilitamento organico conseguente alla carestia. Il morbo riesplode a più riprese, un anno qui l’altro là, per i decenni successivi. La stasi demografica o il lento declino già annunziatisi trenta o cinquant’anni prima lasciano ora il posto a una vera catastrofe. Verso il 1430-1450, quando, in un luogo prima nell’altro dopo, la tendenza si inverte di nuovo e la popolazione riprende lentamente a crescere, l’Europa appare almeno un terzo meno popolata che nel 1347. Per certe città italiane, come Firenze, il crollo fu anche più vistoso. Milano, risparmiata dalla peste del ’48, rappresenta un caso eccezionale fra le grandi città.

Le conseguenze più appariscenti di questa brusca decongestione demografica furono la riconversione in pascoli di molte terre marginali prima coltivate e la concomitante scomparsa di un certo numero di villaggi e località minori delle campagne. Lo studio della toponomastica o più moderne tecniche di ricerca come la fotografia aerea a luce radente hanno permesso di scoprirne le tracce. L’analisi dei pollini delle torbiere di Roten Moor, in Germania, sembra rivelare un arretramento dei cereali tra il 1350 circa e il 1420 circa e un progresso, viceversa, delle specie silvestri. Gli alberi di più facile crescita come noccioli e betulle spuntano per primi sui campi abbandonati preparando il terreno ai faggi e alla boscaglia densa.

Nella Germania, che è per questo aspetto, insieme all’Inghilterra, il paese meglio studiato, le Wüstungen furono numerosissime, particolarmente nella Germania centrale, un po’ meno in quella orientale e meridionale, insignificanti in quella nord-occidentale. Per la Francia villages désertés sono stati rinvenuti in Alsazia, dove il fenomeno par continuare le Wüstungen tedesche, in Provenza, nell’Artois. L’Inghilterra conosce un po’ ovunque questi «villaggi perduti» (lost villages). In Spagna scomparvero villaggi nella Nuova Castiglia, nell’Andalusia, in Navarra, Catalogna e Aragona. Per l’Italia inchieste recenti hanno rinvenuto villaggi abbandonati in Sardegna, Lazio, Toscana, Sicilia.

Bisogna comunque andar cauti nelle spiegazioni. In certi casi il declino demografico non fu affatto la causa dell’abbandono dei villaggi o almeno non fu l’unica causa. Per molte regioni francesi, ad esempio, è difficile valutare la responsabilità che in questo fenomeno ebbe la guerra dei cent’anni. Nella bassa Alsazia a un certo numero di abbandoni contribuirono le ripetute inondazioni e, viceversa, in altri casi, la mancanza d’acqua. Per la stessa Germania alle Wüstungen devono aver contribuito le migrazioni dei contadini in città. In Inghilterra certi villaggi marginali erano in declino già molto prima della «peste nera» Tenures e campi vacanti sono un lamento molto consueto nei documenti signorili all’inizio del Trecento. Nella Nuova Castiglia, lo spopolamento della provincia di Toledo e della Mancia fu in primo luogo determinato dall’insalubrità del clima, dalle paludi, dalla configurazione del terreno. Numerosi villaggi furono abbandonati già nel XIII secolo a causa della grande emigrazione verificatasi in Castiglia dopo la conquista della valle del Guadalquivir. Nell’Andalusia lo spopolamento di tutta la parte occidentale della provincia di Siviglia pare imputabile soprattutto all’impaludamento e alla malaria, che favorirono la concentrazione della popolazione nei centri urbani meglio situati dal punto di vista delle condizioni sanitarie. Sullo spopolamento della campagna romana o su quello della Sicilia, infine, le guerre continuate e l’estendersi e il rafforzarsi del latifondo paiono aver avuto un ruolo importante. In Sicilia il processo di abbandono di molti villaggi, d’altra parte già evidente nel XIII secolo, assume dimensioni catastrofiche. Guerre, epidemie, concentrazione dei latifondi danno tinte tragiche alla fuga dei «villani» in città. Di 470 località scomparse, la metà risale al XIV e XV secolo.

Si ritiene abbastanza fondato fissare intorno alla metà del XV secolo l’inizio della ripresa agricola, ma ciò non vuol dire, naturalmente, che la data sia accettabile per tutte le regioni e che non ci siano state anticipazioni o ritardi. Come per il passato, l’andamento demografico è la spia di questa inversione di tendenza. Con ritmo quasi sempre più modesto che nei secoli XI o XII la popolazione riprende a salire. Ciò risulta da studi diretti sull’andamento della popolazione, i cui risultati rimangono tuttavia, non diversamente che per il passato, sempre approssimativi (fonti eccezionali, nonostante un certo margine di imprecisione, sono, per i problemi demografici come per quelli economici, i «catasti» della repubblica fiorentina); ciò risulta altresì da studi «indiretti» sull’andamento della popolazione, quali quelli che indagano sui tassi della mortalità infantile o sull’indice di nuzialità. Alla ripresa demografica si accompagna di nuovo, in particolare nella Francia convalescente dalle distruzioni della guerra dei cent’anni, una nuova fase di dissodamenti, le cui dimensioni non paiono tuttavia paragonabili, neppure in Francia, a quelle del Medioevo «eroico».

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06