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Agricoltura e società nel Medioevo

di Giovanni Cherubini

© 1972-2006 – Giovanni Cherubini


3. Signori, contadini e borghesi

3. La comunità rurale e le sue conquiste

Un altro protagonista, anzi un protagonista antichissimo ma per il passato scarsamente illuminato dai documenti, occupa in questi secoli il quadro delle campagne: la comunità rurale. Le sue richieste e la sua pressione — codificate in tutta l’Europa in centinaia di «carte di libertà», di «carte di franchigia», di consuetudines, di Weistümer, di «statuti» — possono in una certa misura apparire una reazione ai nuovi prelievi sul bilancio della famiglia contadina instaurati dalla signoria, ma non è meno vero che le richieste sono dettate dal desiderio sempre più sentito di adeguarsi alla rinascita e alla sempre maggiore mobilità del mercato, dalla necessità di rendere sempre più libere le persone e sempre più larga la disponibilità della terra per poterla vendere e acquistare, impegnare, lasciare in eredità. Diritti e doveri vengono in ogni modo messi per scritto, sempre più al riparo dall’arbitrio signorile.

La presa e la disponibilità crescente che il contadino riesce ad affermare sulla tenure fanno apparire sempre più questa come terra «sua» piuttosto che come terra del signore. Si può affermare che quel passaggio di diritti politico-giurisdizionali alla grande proprietà di cui abbiamo parlato ha favorito, alla lunga, la ricostituzione della piccola proprietà contadina, perché nella pratica corrente la tenure si avvicina sempre più all’allodio, alla proprietà piena non gravata da censi o servizi. Per quanto sulla tenure coesistano due diritti, entrambi ereditari, cioè quello «eminente», che spetta al signore, e quello «utile», che spetta al contadino, è infatti quest’ultimo che finisce per prevalere. A rappresentare materialmente il primo è infatti soltanto un censo, talvolta modesto; a rappresentare il secondo è la ben più tangibile utilizzazione e coltivazione della terra attraverso le generazioni. In molte province francesi come l’Ile de France, dove i diritti del contadino sulla tenure pare si fossero allargati in modo particolare, i giuristi cominciarono, dal XV secolo, a qualificare come proprietà il «dominio utile», cioè, a rigore, il semplice «possesso» di cui godeva il contadino sulla tenure. Questa tendenza appare altrettanto e anche più marcata nell’Italia centro-settentrionale, dove risulta altresì chiarissima, anche per influsso della politica cittadina e degli interessi cittadini, una vera e propria «corsa verso l’allodio», una progressiva liberazione delle terre da fitti e censi. In larghi settori delle nostre campagne «comunali» la trasformazione si accompagna a una vera e propria distruzione totale delle strutture signorili, che meglio resistettero nelle zone marginali e di montagna. Pur conosciuto nelle sue linee generali, di questo fenomeno è ancora difficile misurare l’entità luogo per luogo, ma non par dubbio che la Toscana in genere, il contado fiorentino più in particolare, rappresentino dei casi limite, se non il caso senz’altro più appariscente del fenomeno. In tutta l’Italia del centro e del nord i contadini ottennero spesso la «libertà», cioè furono sciolti dai legami della signoria, per intervento diretto dei grandi comuni cittadini, che in tal modo completarono e condussero al limite estremo le spinte interne alla società rurale. Ma come vedremo sono proprio le campagne italiane a dimostrare in modo inequivocabile che a una maggiore libertà giuridica delle terre e degli uomini si accompagnava una sempre più forte differenziazione sociale e una crescente proletarizzazione contadina, sia attraverso contratti a breve termine, che di fatto rimettevano il signore in pieno possesso della tenure contadina, sia attraverso il massiccio intervento della borghesia cittadina nelle campagne.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06