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Agricoltura e società nel Medioevo

di Giovanni Cherubini

© 1972-2006 – Giovanni Cherubini


3. Signori, contadini e borghesi

4. La signoria nel XIV e XV secolo

Non sempre chiaro e comunque abbastanza discusso è il ruolo della «crisi» del Trecento, dei «tempi difficili», sulle vicende della signoria e sull’evoluzione sociale di lungo periodo. Indipendentemente dai fattori quantitativi non si può negare che l’economia signorile continua a regredire e che salvo temporanee riprese l’impoverimento del mondo signorile continua almeno fin verso la metà del XV secolo. Di pari passo continua la progressiva «liberazione personale» dei contadini e il progressivo divergere delle fortune all’interno della società rurale. Il marasma dei prezzi cerealicoli e poi la loro tendenza depressiva, la penuria della mano d’opera e il concomitante rialzo dei salari, in Francia le difficoltà politiche della guerra dei cent’anni con le connesse distruzioni e insicurezza (ma anche per l’Italia sarebbe interessante calcolare il ruolo negativo per le campagne avuto dalle compagnie di ventura) ebbero sulla signoria effetti profondamente negativi. Con chiarezza, come al solito, i preziosi conti delle signorie inglesi denunziano l’abbassamento delle entrate. Nel manor di Forncett il censo medio di un acro di terra, che era ancora di più di 10 denari nel 1376-1378, scese a 9-8 denari nel 1400-1440, a meno di 8 nel 1441-1450, a un po’ più di 6 nel 1451-1460. Questo abbassamento in valore nominale di più di un terzo, in meno di un secolo, corrisponde a una perdita reale più consistente a causa della svalutazione della moneta d’argento. Al di qua della Manica nel 1395 il censo delle vigne di Saint-Germain-des-Prés a Valenton era di 8 soldi per arpento, ma nel 1456 era calato a soli 4 soldi di media. Le terre di Meudon corrispondevano all’abbazia, nel 1360-1400, un censo medio di 7 soldi parisis, scesi a 4 soldi e 8 denari nel 1422-1461, a 2 soldi e 7 denari nel 1461-1483. A fatica, tra il 1483 e il 1515, si risale a 3 soldi. Esempi della caduta della rendita signorile esistono anche per la Germania. I redditi fondiari dell’Ordine Teutonico scesero dai 23.370 guldens del 1361 ai 19.649 del 1459. Tra il 1352 e il 1437 il capitolo cattedrale di Schleswig vide le sue entrate, valutate in grano duro, scendere da 1.057.651 litri a soli 336.519 litri. I signori di Holloben in Sassonia, che percepivano nel 1394 30 misure di segala, 54 d’avena, 33 monete, ricevevano solo 5 misure di segala, 9 d’avena, 5 monete nel 1421. La riduzione del dominico sembra in certi casi continuare, questa volta non più, come in passato, a causa della pressione demografica, ma piuttosto per gli alti salari e il basso prezzo dei cereali. Il fenomeno è comunque più avvertibile nella Francia del nord, mentre in Inghilterra appare molto meno evidente e in certi casi sconosciuto. Le terre dominiche costituiscono ancora, tuttavia, verso il 1400-1450, in molti casi, dei blocchi rispettabili, non solo in Inghilterra, ma anche nell’Ile de France: un centinaio di ettari e anche di più. Fra le fortune signorili meglio sembrano aver resistito quelle ecclesiastiche, soprattutto le maggiori, e quelle della grande aristocrazia laica, mentre dalla crisi sarebbero state più duramente colpite le medie fortune signorili (ma per l’Inghilterra gli studiosi sono in disaccordo). Generale appare, comunque, nelle grandi signorie, la tendenza, sia in Francia che in Inghilterra, ad abbandonare la gestione diretta per l’affitto. I lords inglesi affittavano talvolta in blocco un loro manor, ma altre volte ne suddividevano l’affitto tra più locatari. Il movimento interessò anche i grandi proprietari ecclesiastici, ad esempio l’arcivescovado di Canterbury, che tra il 1380 e il 1420 affittò i suoi quaranta dominii con i loro mulini, i loro prati, tutti i loro annessi. Si può parlare, di fronte a questo diffondersi dell’affitto, di un mutamento di mentalità dei signori, di un loro progressivo distaccarsi dalla terra e di una loro trasformazione in rentiers? La risposta appare incerta e, in molti casi almeno, l’attaccamento alla terra, l’attenzione all’andamento del mercato, la cura nella scelta dei propri fittavoli non potrebbero ragionevolmente essere messi in dubbio.

Non in tutta l’Europa l’evoluzione fu la medesima. In buona parte della penisola iberica e nell’Italia meridionale la grande proprietà con i connessi diritti rimase vigorosa, anzi si rafforzò, ed in entrambi i casi per lo scarso potere dello stato nei riguardi delle grandi famiglie. In Castiglia, in Andalusia, nell’Estremadura i «grandi» di Spagna, non contrastati da una borghesia locale, accrescono, nella seconda metà del Trecento, le loro già immense fortune, i loro «favolosi domini». Evoluzione abbastanza simile all’altra estremità dell’Europa, cioè nella Germania orientale. In questo «paese nuovo» la caduta demografica ebbe effetti particolari. I signori si impadronirono delle terre contadine rimaste deserte per ammassare vaste proprietà. La rarefazione della libera mano d’opera salariata, di cui la nobiltà si era servita fino ad allora, creava un difficile problema. Essa lo risolse, grazie alla debolezza del potere politico dei principi, istituendo una specie di nuovo diritto di banno e piegando i contadini a prestazioni d’opera sulle terre dominiche. La classe rurale della Germania orientale, che era stata la più libera d’Europa perché attirata a condizioni favorevoli in una terra di bonifica, cadde cosi in un nuovo servaggio proprio quando i contadini dell’Occidente miglioravano il loro status giuridico personale.

La ripresa agricola della seconda metà del Quattrocento segnò in molte regioni una ripresa anche per la classe signorile. Alla fine del secolo le sue risorse paiono essersi notevolmente elevate rispetto al 1430-1440, pur rimanendo molto lontane da quelle dell’inizio del Trecento. Per questi ultimi cinquant’anni del Medioevo si parla perfino di una «reazione signorile», che in Inghilterra si riassume in primo luogo nel nascente fenomeno delle enclosures. Il signore si impadronisce, a danno della comunità rurale, dei campi aperti a coltura cerealicola e delle terre comuni su cui i contadini hanno inviato da secoli al pascolo il loro bestiame, le unisce alle sue terre e, tutte ridotte a pastura, le affida a un mercante di lana o di bestiame per il pascolo degli ovini. Questa espansione della pastorizia, riconducibile ad una espansione del lanificio inglese, è avvertibile anche in alcuni settori del mondo mediterraneo dove si rafforza la pratica secolare della transumanza (Mezzogiorno italiano, Provenza, Spagna). Per l’Italia centro-settentrionale, l’Italia della civiltà comunale — ormai già tramontata — non sappiamo se la reazione signorile si fece ugualmente sentire, frenando il profondo processo di crisi della signoria, invertendone la marcia e rafforzandone le strutture dove queste erano più largamente sopravvissute. Per la Toscana, per Firenze senza alcun dubbio, le tendenze ormai da secoli operanti pare non si interrompessero. La reazione signorile avviene nella regione solo nel secolo successivo, col granducato mediceo. Non sicuramente documentata, per quella che era stata l’Italia dei grandi comuni cittadini, è anche fino ad ora una riconversione in pascoli delle terre a coltura. È possibile che una parte almeno delle terre liberate dal crollo demografico siano andate a costituire poderi più vasti, più sicuramente sufficienti a nutrire una famiglia contadina. Non si deve dimenticare infatti che in pochissimi altri luoghi le terre erano state così sovrappopolate e il bisogno di cereali per le cittadinanze così impellente come in questo settore dell’Europa.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06