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La predicazione nell'età comunale

di Carlo Delcorno

© 1974-2005 – Carlo Delcorno


1. Il pubblico

L'attenzione al pubblico è uno dei canoni fondamentali che la retorica sacra medievale eredita da quella antica. Sant'Agostino, studiando nel De doctrina christiana le circostanze in cui avviene la predica, seguendo uno schema fissato già dai grandi maestri della scuola classica (da Cicerone a Quintiliano), considera «chi parla, dove, quando, perché, come, davanti a chi». È un'impostazione teorica comune a tutti gli autori di Artes praedicandi. Per Umberto di Romans, quinto maestro generale dell'ordine domenicano, uno degli uomini che più influirono sulle prime generazioni dei frati predicatori, il sermone consiste soprattutto nel volgarizzamento presso gli strati più bassi della popolazione della dottrina acquisita nella scuola. La predicazione – afferma nel De eruditione praedicatorum – deve essere come un canto («quasi quidam cantus»), il predicatore deve essere accetto come un giullare, abile come un mercante. Non serve intrattenere il clero e i laici più colti, ma è necessario piuttosto recarsi dove vi è maggiore necessità, nei luoghi meno popolati, perfino nelle campagne, dove nessuno osa spingersi. Nelle parole di Umberto si avverte un'urgenza reale: la cultura del clero deve rispondere alla sfida lanciata sia dai movimenti ereticali sia dalla nuova cultura volgare, laica, organizzata all'interno degli ordinamenti democratici del Comune. Mano a mano che si procede nel XIII secolo, la predicazione, rinnovata dai Mendicanti nella stretta dell'assedio delle sette ereticali, si incanala nelle forme più tranquille e grigie di una parenesi rivolta alla nuova classe di mercanti e di imprenditori, che reggono ormai la vita politica delle città. Al pubblico vario e irrequieto del primo Duecento, aperto alle sollecitazioni dell'eresia, sensibile alle più drastiche proposte penitenziali e apocalittiche, succede un uditorio composto nelle salde strutture delle Confraternite laiche affiliate ai conventi francescani e domenicani. Ai temi teologici e aspramente penitenziali della predicazione duecentesca, che investe alle radici il significato del comportamento cristiano e propone una difficile, a volte rivoluzionaria, verifica sul modello di Cristo e della Chiesa primitiva, succede una tematica morale, quasi casuistica, che risponde punto per punto alle domande di una società opulenta, preoccupata di amministrare saggiamente la propria vita morale. Non è casuale che tanta parte della predicazione trecentesca, a cominciare da quella del Passavanti, tenda a cristallizzarsi nella forma del trattato.

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UpUltimo aggiornamento: 02/07/2005