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La predicazione nell'età comunale

di Carlo Delcorno

© 1974-2005 – Carlo Delcorno


17. Conclusione: la predicazione dei laici

Nel XII secolo la predicazione dei laici, incluse le donne, era stato uno dei tratti caratteristici dell'eresia. La condanna di Valdo, confuso ingiustamente con catari e patarini nel canone De haereticis promulgato al Concilio di Verona (1184), è diretta conseguenza del suo rifiuto di interrompere la predicazione lionese. Due secoli dopo, alla corte angioina, il sermone diventa la forma letteraria normalmente usata dal sovrano e dagli alti funzionari per esprimere non solo contenuti religiosi, ma anche e soprattutto idee politiche. Roberto d'Angiò, che Dante definì sprezzantemente «re da sermone» (Purgatorio VIII, 147), si compiace di predicare nelle chiese napoletane durante la Messa; e di tenere pompose collationes, cioè sermoni di circostanza, nelle più varie occasioni. Il suo logoteta Bartolomeo da Capua, sommo giurista e artefice della politica angioina nella prima metà del secolo, si serve del sermone per annunciare sentenze giudiziarie, per accordare la laurea agli studenti dell'Università, per svolgere la sua varia e intensa attività diplomatica. L'uso epidittico e politico del sermone non è una novità assoluta: se ne era servito nel XIII secolo Francesco d'Accursio; e nella prima metà del secolo il giudice Albertano da Brescia aveva pronunciato davanti ai causidici e ai francescani della sua città cinque sermoni che trattano dei principi fondamentali del diritto; perfino alla corte di Napoli si continuava in fondo una tradizione inaugurata da Pier delle Vigne, che si era servito abilmente della tecnica omiletica. Tuttavia il fenomeno diventa generale nel Trecento: nella mancanza di una tecnica sicura dell'oratoria politica, che vive ormai stentatamente nelle «dicerie» in volgare, alla vigilia dell'eloquenza civile umanistica, il sermone latino sembra lo strumento più dignitoso e solenne per l'allocuzione morale e politica. Alcuni dei personaggi più celebri e rappresentativi del secolo, il Petrarca e Cola di Rienzo, ricorrono al sermone «moderno» per esprimere le loro profezie politiche o per assolvere ai propri compiti di diplomatico. È un segno della grande perfezione tecnica raggiunta dal genere omiletico, e anche della sicurezza con la quale ormai la Chiesa domina le residue minacce ereticali; ma indica nello stesso tempo una decadenza dell'autentica eloquenza religiosa. Franco Sacchetti, grigio borghese del secolo declinante, può scrivere a tavolino, per risolvere una crisi morale e per chiarire a se stesso la propria vocazione di narratore, un vero e proprio quaresimale che non venne, ovviamente, mai predicato: le 49 Sposizioni di Vangeli, dove si propone la vecchia teoria della mediocritas come via sicura alla pace e alla giustizia. Spetterà, nel secolo seguente, ancora una volta ai Mendicanti, soprattutto ai francescani, rinnovati dai movimenti rigoristi dell'Osservanza, dare nuova vita alla predicazione, scuotendo e entusiasmando quelle grandi masse escluse o disprezzate dalla splendida e raffinata cultura umanistica.

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UpUltimo aggiornamento: 02/07/2005