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Didattica > Strumenti > La predicazione nell'età comunale > Testi, 15

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La predicazione nell'età comunale

di Carlo Delcorno

© 1974-2005 – Carlo Delcorno


Testi

15. San Bonaventura: sermone per la XIII Domenica dopo Pentecoste

La predica non ha prothema, ma è introdotta da una similitudine morale. La struttura è quella tipica del sermo modernus: il thema è diviso in tre parti, che a loro volta sono svolte con successive suddivisioni. Un exemplum, tratto dall'esperienza personale del predicatore, ravviva il tono del discorso, che pure si regge soprattutto su citazioni scritturali abilmente concordate. Il passo è tratto dall'ed. dei Sermones dei Padri di Quaracchi (Opera omnia, t. IX, Ad Claras Aquas, 1901, pp. 403-404).


Steterunt a longe et levaverunt vocem, dicentes: Iesu, praeceptor, miserere nostri, Lucae decimo septimo [1].

Quia solent reges et iudioes petitiones indiscrete formatas refellere nec effectui mancipare; hinc est, quod isti leprosi, gerentes typum petentium, ne reprehensibiles invenirentur coram Maiestate magni regis et iusti iudicis Iesu Christi, ostenduntur in verbo proposito discrete et prudenter suas petitiones porrexisse… Primo namque habuerunt religiosum gestum circumspectionis per distantiam positionis, quia perfusi erant timore humiliationis. Non enim accesserunt tanquam superbi praesumtuose, sed tanquam humiles reverenter steterunt a longe. Secundo habuerunt devotum praeconium laudationis, quia invocabant Principium humanae salvationis cum vehementia clamoris; unde levaverunt vocem, eximio cum desiderio proferendo: Iesu, quod interpretatur salus. Tertio habuerunt discretum intentum petitionis, quia versabantur circa defectum propriae infectionis sine verecundia propalationis; et ob hoc subiunxerunt: miserere nostri, scilicet quia sumus infecti morbo leprae. Non enim verecundati sunt suum defectum coram omnibus propalare.

Dicit ergo: Steterunt a longe; ubi commendantur quantum ad religiosum gestum circumspectionis. Unde illa anima habet religiosum gestum circumspectionis, quae primo stat humiliter ad deplorandum commissa peccata; secundo stat viriliter ad superandum diabolica tentamenta; tertio stat perseveranter ad obtinenda aeterna praemia.

Primo illa anima poenitens habet religiosum gestum circumspectionis, quae stat humiliter ad deplorandum sua peccata; unde Lucae decimo octavo [2]: Publicanus, a longe stans, nolebat nec oculos ad caelum levare, sed percutiebat pectus suum, dicens: Deus, propitius esto mihi peccatori. Unde Glossa [3]: «A longe stat, sicut humilis non audet appropinquare, ut ad eum Deus appropinquet; non aspicit, ut aspiciatur; premit conscientiam, sed spem sublevat, percutit pectus, poenas de se exigit, ut Deus parcat; confitetur, ut Deus ignoscat; ignoscit Deus quod ille agnoscit». Intellexerat enim ille publicanus illud quod dicitur Ecclesiastici secundo [4]: Fili, accedens ad servitutem Dei, sta in iustitia et timore. Hoc modo stabat etiam Maria Magdalena, secundum quod dicitur Lucae septimo [5].

Secundo illa anima habet religiosum gestum, quae stat viriliter ad superanda diabolica tentamenta; unde ad Ephesios sexto [6]: Induite vos armaturam Dei, ut possitis stare adversus insidias diaboli; et sequitur: State ergo succincti lumbos vestros in veritate et induti loricam iustitiae. – Ista armatura, qua debemus indui ad hoc, ut possimus superare diabolica tentamenta, est memoria passionis Christi; quae si ad memoriam affectuose reducatur, statim omnes daemones cum tremore effugantur, secundum quod experientia me docuit pluries. Nam semel, cum diabolus, fortiter me stringens in gutture, vellet strangulare, iam non valens prae nimia strictione gutturis clamare, ut a Fratribus adiutorium impetrarem, incipiebam cum ingenti dolore spiritum exhalare; sed habita dominicae passionis memoria, incepi in me compassione dominicae passionis singultus geminare et ignita suspiria loco vocis ad intimis cordis medullis emittere; quo facto, virtute dominicae passionis ego servus crucis, Bonaventura, qui volumen praesens sermonum ad laudem nominis Christi et sanctae crucis honorem compegi, tam crudeli nece profiteor me esse liberatum.


[Si fermarono di lontano e alzarono la voce dicendo: Gesù, maestro, abbi pietà di noi. Luca 17.

I re e i giudici sogliono respingere e invalidare le petizioni avanzate senza discrezione; perciò questi lebbrosi, che rappresentano l'uomo che supplica, avanzarono le loro richieste, come appare dal versetto proposto, con discrezione e prudenza, perché fossero irreprensibili davanti alla Maestà del grande re e giudice, Gesù Cristo… Infatti ebbero innanzitutto un gesto pio di circospezione, espresso dal loro sostare lontani, poiché erano pieni di timore e di umiliazione. Non si avvicinarono presuntuosamente, come fanno i superbi, ma come gli umili si fermarono lontano con reverenza. In secondo luogo ebbero un'espressione devota di lode, poiché con grande clamore invocavano il Principio della salvezza umana: cioè alzarono la voce, gridando con sommo desiderio: Gesù, che si interpreta «salute». In terzo luogo ebbero un saggio intento nel chiedere, poiché parlavano della propria infezione senza vergogna di dichiararla. E perciò soggiunsero abbi pietà di noi, s'intende perché siamo infetti dalla lebbra. Non si vergognarono infatti di manifestare davanti a tutti il loro difetto.

Dice dunque: Si fermarono lontano, dove sono lodati per il pio gesto di circospezione. Questo atto fa l'anima che si ferma prima di tutto a deplorare umilmente i peccati commessi; poi si ferma virilmente a superare le tentazioni diaboliche; in terzo luogo si ferma perseverantemente per ottenere i premi eterni. Prima di tutto l'anima penitente fa un gesto di pia circospezione, stando umilmente a piangere i suoi peccati; onde Luca scrive nel capitolo 18: Il pubblicano, stando lontano, non osava neppure levare gli occhi al cielo, ma si percuoteva il petto dicendo «O Dio, sii propizio verso di me che sono peccatore». E la Glossa aggiunge: «Sta lontano, come l'umile non osa avvicinarsi, perché Dio si avvicini a lui; non guarda, perché sia riguardato; la sua coscienza è abbattuta, ma la speranza è alta; batte il petto, si dichiara colpevole perché Dio perdoni; confessa perché Dio sia clemente: Dio infatti perdona il peccato che egli riconosce». Quel pubblicano aveva inteso il detto che si legge nel capitolo secondo dell'Ecclesiastico: Figlio, se tu intraprendi a servire il Signore, sta nella giustizia e nel timore. Così stava anche Maria Maddalena, secondo quanto si dice nel settimo capitolo del Vangelo di Luca…

In secondo luogo fa un gesto pio l'anima che sta virilmente ferma per superare le tentazioni del demonio, come è detto nel sesto capitolo della Lettera agli Efesini: Rivestitevi dell'armatura di Dio, perché possiate resistere alle insidie del diavolo; e poi: Dunque state coi fianchi cinti di verità, rivestiti della corazza della giustizia. Questa armatura, di cui dobbiamo coprirci per vincere le tentazioni diaboliche, è la memoria della Passione di Cristo. Se la richiameremo alla memoria con affetto, sùbito tutti i demonii atterriti saranno messi in fuga, come più volte mi ha insegnato l'esperienza. Una volta infatti, mentre il diavolo, stringendomi forte la gola voleva soffocarmi, non avendo io, così terribilmente attanagliato, neppure la forza di gridare per avere soccorso dai confratelli , già stavo per esalare l'anima con terribile dolore. Ed ecco revocando alla memoria la Passione del Signore, cominciai a moltiplicare dentro di me i gemiti, per la compassione colla quale partecipavo alla sua Passione; quindi invece di parole cominciai a emettere sospiri ardenti dalle più intime fibre del mio cuore. Dopo di ciò, per virtù della Passione del Signore, io Bonaventura, servo della Croce, autore di questo volume di sermoni a lode del nome di Cristo e della Santa Croce, dichiaro di essere stato liberato da una morte crudelissima].

[1] Luca 17, 13.

[2] Luca 18, 13.

[3] Glossa Ordinaria: cfr. Patrologia Latina 114, col. 323.

[4] Ecclesiastico 2, 1.

[5] Cfr. Luca 7, 38.

[6] Lettera agli Efesini 6, 11.

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UpUltimo aggiornamento: 02/07/2005