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Didattica > Strumenti > La predicazione nell'età comunale > Testi, 4

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La predicazione nell'età comunale

di Carlo Delcorno

© 1974-2005 – Carlo Delcorno


Testi

4. La predicazione di san Francesco d'Assisi

Si propongono alcune tra le più antiche e significative testimonianze sulla predicazione del Poverello: a) un passo della Historia Occidentalis di Jacopo di Vitry (ed. HINNEBUSCH, cap. XXXII, pp. 161-162), il più antico testimone dell'incontro tra il santo e il sultano di Damietta, Malik-al-Kamil, avvenuto nel settembre 1219; b) una pagina della Historia Salonitarum di Tommaso di Spalato, dove è ricordata una predica tenuta a Bologna nel 1222 (da P. L. LEMMENS, Testimonia minora saec. XIII de Sancto Francisco, in «AFH», I, 1908, p. 69); c) il cap. LXXIII della Vita Secunda di Tommaso da Celano (Quaracchi, 1927, pp. 110-111) nella trad. moderna di L. MACALI (TOMMASO DA CELANO, Le due vite e il Trattato dei Miracoli di San Francesco d'Assisi, Roma, 1954, pp. 309-310).


a) San Francesco predica ai Saracini

Vidimus primum huius ordinis [1] fundatorem et magistrum, cui tamquam summo priori suo omnes alii obediunt, uirum simplicem et illitteratum, dilectum deo et hominibus [2], fratrem Francinum nominatum, ad tantum ebrietatis excessum et feruorem spiritus raptum fuisse, quod, cum ad exercitum christianorum ante Damiatam in terra Egypti deuenisset, ad soldani Egypti castra intrepidus et fidei clypeo communitus accessit. Quem cum in uia captum sarraceni tenuissent, «Ego», inquit, «christianus sum. Ducite me ad dominum uestrum». Quem cum ante ipsum pertraxissent, uidens eum bestia crudelis, in aspectu uiri dei in mansuetudine conuersa, per dies aliquot ipsum sibi et suis Christi fidem predicantem attendissime audiuit. Tandem uero, metuens ne aliqui de exercitu suo, uerborum eius efficacia ad dominum conuersi, ed christianorum exercitum pertransirent, cum omni reuerentia et securitate ad nostrorum castra reduci precepit, dicens ei in fine: «Ora pro me, ut deus legem illam et fidem que magis sibi placet mihi dignetur reuelare».


[Vidi per la prima volta il fondatore e maestro di questo Ordine, uomo semplice e senza cultura, piacevole a Dio e agli uomini, chiamato frate Francesco, rapito a un tal grado di ebrezza e di fervore spirituali, che, essendo giunto in Egitto all'accampamento dei cristiani davanti a Damietta, entrò nell'accampamento del soldano d'Egitto intrepidamente, munito dello scudo della fede. Per strada fu preso e imprigionato dai Saracini, ed egli disse: «Sono un cristiano, portatemi dal vostro signore». Fu condotto davanti a costui, e quella belva sanguinaria, vedendolo, ammansita dall'espressione di quest'uomo di Dio, lo udì per molti giorni con grande attenzione predicare la Fede di Cristo a lui e ai suoi uomini. Ma alla fine, temendo che alcuni del suo esercito, convertendosi a Dio per l'efficacia della sua parola, passassero all'esercito cristiano, ordinò che fosse ricondotto all'accampamento dei nostri con ogni riguardo e senza noie. Da ultimo gli disse: «Prega per me, perché Dio si compiaccia di rivelarmi quella legge e quella fede che più gli piace»].

b) Sermone per la Festa dell'Assunzione del 1222

Eodem anno, in die Assumptionis Dei Genitricis, cum essem Bononiae in Studio, vidi sanctum Franciscum praedicantem in platea ante palacium publicum, ubi tota pene civitas convenerat. Fuit autem exordium sermonis eius: «Angeli, homines, daemones». De his enim tribus spiritibus rationalibus ita bene et discrete proposuit, ut multis literatis qui aderant fieret admirationi non modicae sermo hominis idiotae, nec tamen ipse modum praedicantis tenuit, sed quasi concionantis. Tota vero verborum eius discurrebat materies ad extinguendas inimicitias et ad pacis foedera reformanda.

Sordidus erat habitus, persona contemptibilis et facies indecora; sed tantam Deus verbis illius contulit efficaciam, ut multae tribus nobilium, inter quas antiquarum inimicitiarum furor immanis multa sanguinis effusione fuerat debachatus, ad pacis consilium reducerentur. Erga ipsum vero tam magna erat reverentia hominum et devotio, ut viri et mulieres in eum catervatim ruerent, satagentes vel fimbriam eius tangere aut aliquid de panniculis eius auferre.


[Nello stesso anno, nel giorno dell'Assunzione della Madre di Dio, essendo io a Bologna come studente, vidi san Francesco predicare in piazza davanti al Palazzo del Comune, dove si era riunita quasi tutta la popolazione. L'esordio della sua predica fu «Gli angeli, gli uomini, i demoni». Infatti parlò di questi tre spiriti razionali così bene e con tale chiarezza, che molti dotti lì presenti si stupirono molto, chiedendosi come un uomo senza cultura potesse tenere un così bel sermone. Il suo stile però non era di predicatore, ma quasi di oratore politico. Tutto il suo discorso tendeva a spegnere le inimicizie e a rinnovare i patti di pace. Il suo abito era sordido, l'aspetto spregevole, la faccia brutta; ma Dio diede tanta efficacia alle sue parole che molte consorterie di nobili, tra le quali un barbaro furore, causato da antiche inimicizie, aveva infuriato versando molto sangue, furono indotte a far pace.

La venerazione e la devozione della gente per lui era tanta, che uomini e donne in massa gli si gettavano addosso, beati se potevano toccare il lembo del suo saio o strappare un pezzo di quei suoi miserabili panni].

c) Giudizio di un medico sulle prediche di san Francesco

Licet autem evangelista Franciscus per materialia et rudia rudibus praedicaret, utpote qui sciebat plus opus esse virtute quam verbis, tamen inter spirituales magisque capaces vivifica et profunda parturiebat eloquia. Brevibus innuebat quod erat ineffabile, et ignitos interserens gestus et nutus, totos rapiebat auditores ad caelica. Non distinctionum clavibus utebatur, quia quos ipse non inveniebat, non ordinabat sermones. Dabat voci suae vocem virtutis [3] vera virtus et sapientia Christus [4]. Dixit aliquando physicus quidam, vir eruditus et eloquens: «Cum caeterorum praedicationem de verbo ad verbum retineam, sola me effugiunt quae sanctus Franciscus eructat. Quorum si aliqua committo memoriae, non illa mihi videntur quae sua prius labia distillarunt».


[Quantunque l'evangelista Francesco convinto com'era che c'è più bisogno di virtù che di parole, predicasse con esempi ed espressioni comuni a uomini incolti, pure dinanzi a uditori più spiritualmente preparati e più capaci di intenderlo, pronunziava parole piene di vita e di profondità. Con brevissimi tratti esprimeva l'ineffabile e, aiutandosi con gesti e movimenti di fuoco, trasportava tutto l'essere degli uditori all'amore delle cose celesti. Non faceva uso di distinzioni e divisioni, poiché non lavorava molto a ordinare le prediche, che egli del resto non componeva da sé. Imprimeva alla sua voce il timbro inconfondibile della virtù, della vera virtù e sapienza, che è Cristo. Ed ecco quanto un medico colto ed eloquente una volta, ebbe a dire in merito: «Mentre son capace di ricordare parola per parola le prediche degli altri, solo quando parla san Francesco, non riesco a ritenerne una sillaba. E se qualche cosa mi rimane in mente, quando la ripeto, mi pare del tutto diversa dal come è uscita dalle sue labbra»].

[1] Jacopo di Vitry parla in prima persona. L'ordine è quello dei Minori.

[2] Ecclesiastico 45, 1.

[3] Salmo 67, 34.

[4] Prima lettera ai Corinzi 1, 30.

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UpUltimo aggiornamento: 02/07/2005