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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Brani critici, 9

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


Brani critici

9. Roma nell'alto Medioevo

(A. FRUGONI, Storia della città in Italia, Torino, 1956, pp. 39-41).


 

La capitale del mondo cattolico, se non più dell’Impero, trasferitosi a Bisanzio, aveva subito, nonostante la sua gigantesca linea di mura, un triplice sacco, nel 410 da parte dei Goti, nel 455 e nel 472 da parte dei Vandali. Ma i saccheggi non avevano compromesso la sua monumentalità, rimasta pressoché intatta. Ma dov’era più la sua vitalità di città, di cui quella monumentalità era stata espressione? La città, si va capendo, proprio per il suo carattere di sede di accumulo di ricchezze, è troppo appetibile preda. È meglio allontanarsi dalla città, cinta ahimè da mura che non si possono difendere e che sono quasi provocatorie come uno scrigno incustodibile di gioielli. La periferia si spopola: i suoi contadini preferiscono campi e case meno minacciate. Per questa situazione di vuoto si è costretti a trasferire in città altre cose preziose, che sarebbero rimaste alla merce di assalitori: le reliquie dei martiri dalle catacombe extraurbane. La città per questo spopolamento periferico si anemizza sempre di più; la sua popolazione diventa sempre più piccola, più incapace di difendersi dal decadimento urbanistico. Mentre ogni servizio si fa difficile e la viabilità pessima, gli acquedotti, interrotti dalle incursioni barbariche o da guasti, i monumenti assurdamente enormi e inutili, assumono adagio adagio il carattere suggestivo di rovine. In Roma, città santa, si costruiscono ancora le chiese-basiliche: ma per mancanza di mano d’opera, per indifferenza, per incapacità tecnica, si utilizzano le vecchie costruzioni, sia inserendo una chiesa in un tempio pagano, sia adoperando elementi monumentali antichi, facendo tranquillamente dei marmi calcina, sicché le rovine diventano sempre più desolatamente rovine. Ma, a maggior desolazione, si aggiungono nel corso dei secoli quegli avvenimenti – inondazioni, incendi, terremoti – che non hanno più riparo in una città come è Roma, in paurosa decadenza. Le case più fragili naturalmente dei monumenti, quando avessero subito danni, dal momento che più non occorrevano, si abbandonavano. La popolazione si andava raccogliendo ormai soltanto su alcuni dei colli intorno al Tevere. Là dove erano stati quartieri di case, cresceva l'erba, e tra i muri smozzicati si tentava di fare degli orti. Nella città tornava la palude. Quel che rimaneva dei grandi monumenti antichi diventava fortezza. Roma non contava più sulla linea delle sue mura Aureliana, ma si arroccava in tanti piccoli centri difensivi, dei quali il più unitario sarà la città Leonina, la città papale, difesa dalle mura volute da Leone III e appoggiate a Castel S. Angelo. La popolosa città di un tempo si era ridotta ad una popolazione che oscillerà per lungo tempo tra i 20 e i 50 mila abitanti.

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08