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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana - 5

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


5. Le città dell'Italia bizantina

I Longobardi non avevano immediatamente esteso la loro occupazione alle zone costiere, che rimasero così sotto il controllo dei Bizantini e divennero luogo di rifugio di quanti fuggivano davanti agli invasori: le isole della laguna veneta accolsero i profughi delle città della Venezia; Genova quelli della regione che corrisponde all'attuale Lombardia; altri ancora giunsero a Ravenna, Ancona, Roma, Napoli. E poiché quelli che si mettevano in salvo erano generalmente i più ricchi, che portavano con sé denaro, oggetti preziosi e servi, le città in cui si rifugiarono ebbero un improvviso aumento di popolazione e di capitali mobili.

La situazione generale era però tutt'altro che favorevole a una ripresa delle attività produttive: l'economia rimase un'economia agraria, ed erano i prodotti agricoli a sostenere gli scambi commerciali con l'Oriente, da cui provenivano i prodotti di lusso, malgrado tutto sempre molto ricercati. Il grande problema del momento era la resistenza locale alla pressione dei Longobardi che, riprendendo l'avanzata, erano riusciti a spezzare in tronconi la continuità dei possedimenti bizantini. L'azione difensiva si appoggiò alle città e la popolazione cittadina si organizzò militarmente, con armamenti e compiti graduati secondo l'appartenenza alle tre categorie dei cives honesti, cioè artigiani e commercianti, dell'exercitus, piccoli e medi proprietari fondiari che portavano il peso maggiore del servizio militare, e dei nobiles, che avevano per lo più funzioni di comando.

La grande autorità e i larghi poteri che lo Stato bizantino attribuiva ai vescovi e l'organizzazione militare della popolazione cittadina si sarebbero poi rivelate assai pericolose per la dominazione bizantina, quando la solidarietà antilongobarda che univa governanti e governati venne rotta da contrasti religiosi attraverso i quali si manifestò apertamente l'insofferenza per gli aspetti deteriori dell'amministrazione imperiale e vennero in luce le istanze autonomistiche latenti. Le città rimaste sotto il governo bizantino sembravano aver conservato per lo meno per qualche tempo l'antica organizzazione municipale, che nel suo lento, inesorabile dissolversi si convertì nella formazione di un ceto dirigente locale, geloso delle sue prerogative, sentite ed esercitate in prospettiva particolaristica.

La grande crisi della dominazione bizantina in Italia si ebbe al tempo di Leone III l'Isaurico: la rivolta del 725, provocata da un forte inasprimento fiscale, ebbe i suoi punti focali nelle città, come la grande ribellione del 726-728 contro la politica religiosa dell'imperatore. L'insurrezione culminò con l'espulsione o l'uccisione dei funzionari imperiali, con la creazione di nuovi funzionari, scelti dalle aristocrazie locali che, per lo meno a Napoli e a Venezia, riuscirono a mantenere l'autonomia politico-amministrativa che avevano realizzato in un momento di crisi religiosa, così come tre secoli e mezzo più tardi da una crisi religiosa nascerà il comune nelle città dell'Italia settentrionale.

L'ulteriore evoluzione della vita politico-amministrativa ed economico-sociale delle città dell'Italia bizantina seguì linee diverse, in relazione alla diversa situazione politica generale: Venezia, isolata tra l'Impero d'Occidente e quello d'Oriente, maturò le sue particolarissime forme istituzionali in cui si riflettevano la struttura sociale e le attività economiche della popolazione; le città del sud trovarono un limite nella volontà accentratrice dei re normanni.

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08