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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana - 13

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


13. Le città nel regno normanno

Nella prima fase della conquista, fra le città meridionali e i Normanni furono conclusi dei pacta, di cui si ha notizia ma di cui si ignora il contenuto, e sarebbe per lo meno imprudente avvicinarli troppo a quelle franchigie che furono chieste a Ruggero II di Sicilia quando rivendicò la successione dei duchi di Puglia.

Le città pugliesi e campane non avevano dimenticato le loro antiche aspirazioni autonomistiche e nella debolezza del governo degli ultimi duchi avevano trovato il momento propizio di farle nuovamente valere. Chi promoveva questa reviviscenza di aspirazioni municipali e ne traeva profitto era, al solito, il ceto dei maggiorenti.

I lineamenti delle strutture amministrative cittadine fra la fine dell'XI e gli inizi del XII secolo sono poco documentati: possiamo dire solo che le città conservavano la loro personalità giuridica, che possedevano terre e beni immobili, che non erano state infeudate e che i vescovi godevano di una posizione preminente.

I funzionari locali erano tutti di nomina regia, anche se per rispetto alle consuetudini locali portavano nomi diversi: stratigoro, turmarca, catapano, giudice. Essi si valevano della collaborazione dei cittadini più in vista e tra questi un posto eminente spettava ai giurisperiti: quando era il caso, i funzionari regi convocavano il popolo in assemblea generale, ma le riunioni dei notabili e le assemblee popolari non erano istituzioni ben definite e funzionali, come non lo erano state nemmeno nelle città lombarde prima della formazione dei comuni.

Anche sulle relazioni tra Ruggero II e le città dell'Italia meridionale, nel momento in cui egli si presentò per prenderne possesso quale erede dell'ultimo duca, le notizie sono scarse e limitate ad alcune città, quelle in cui la spinta autonomistica era più forte e operante, in connessione con una più vivace attività economica: Salerno, Amalfi, Bari, Trani. Altre città – per esempio Troia – ottennero privilegi dal papa Onorio II, nella sua qualità di alto sovrano dell'Italia meridionale; e privilegi furono concessi anche dal duca Sergio di Napoli, preoccupato dei progressi di Ruggero II a Napoli e a Gaeta.

Ma Ruggero II, appena la situazione generale glielo permise, limitò e abolì tutti quei privilegi che potevano costituire un pericolo per la sua autorità, riconoscendo l'esistenza di mores, consuetudines, leges locali, purché non contravvenissero manifestissime alla legislazione regia, codificata nelle Assise del 1140.

L'esistenza di un forte potere centrale, che assicurava «la pace e la giustizia», creava condizioni diametralmente opposte a quelle dell'Italia padana, e le città, che non avevano la necessità di provvedere in maniera autonoma alle esigenze collettive, si contentarono di esenzioni fiscali, di diritti d'uso, di garanzie giudiziarie, diversi da un luogo all'altro. Al tempo di Guglielmo II (1166-1189) si era stabilita una situazione che Svevi, Angioini e Aragonesi dichiararono di volta in volta di riconoscere e di voler conservare inalterata, ma era una situazione molto simile a quella che troviamo nella Francia capetingia o nell'Inghilterra dei Plantageneti.

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08