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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Testimonianze, 2

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


Testimonianze

2. I «semirutarum urbium cadavera» di sant'Ambrogio (387 circa)

Sant'Ambrogio, nato nel 339 a Treviri da famiglia romana e nominato vescovo di Milano nel 373 quando era governatore della provincia di Emilia e Liguria, scrisse molti trattati di carattere dottrinale e morale, ma quello che interessa maggiormente lo storico è il suo epistolario, in cui sono narrati molti episodi della sua attività di vescovo e si possono trovare una quantità di notazioni relative alla situazione politico-sociale del tempo, che la sua duplice esperienza di vescovo e di antico funzionario imperiale gli consentiva di osservare con grande acutezza.

Il brano qui pubblicato fa parte di una lettera, scritta non molto dopo il 387 all'amico Faustino per la morte della sorella, in cui gli dimostra che la morte è propria non solo degli uomini ma anche delle città e lo esorta a pregare per la pace dell'anima della defunta, (Epistolae, «Patrologiae latinae cursus completus», vol. XVI, 39, col. 1099).

La descrizione delle semidistrutte città emiliano-romagnole non è priva di reminiscenze classiche – si risente l'eco dell'epistola di Servio Sulpicio a Cicerone De obitu Tulliae Filiae – ma mostra molto chiaramente quale fosse la situazione delle città padane in età tardo-antica.

Sulla situazione politica e sociale del tardo impero nell'Emilia cf. M. BOLLINI, Semirutarum urbium cadavera, in «Rivista storica dell'antichità», I, 1971.


Verum hoc nobis commune non solum cum hominibus, sed etiam cum civitatibus terrisque ipsis est. Nempe de Bononiensi veniens urbe a tergo Claternam, ipsam Bononiam, Mutinam, Rhegium derelinquebas, in dextera erat Brixillum, a fronte occurrebat Placentia, veterem nobilitatem ipso adhuc nomine sonans, ad laevam Apenini inculta miseratus, et florentissimorum quondam populorum castella considerabas, atque affectu relegebas dolenti. Tot igitur semirutarum urbium cadavera, terrarumque sub eodem conspectu exposita funera non te admonet unius, sanctae licet et admirabilis feminae, decessionem consolabiliorem habendam; praesertim cum illa in perpetuum prostrata ac diruta sint: haec autem ad tempus quidem erepta nobis, meliorem illic vitam exigat?…

 

[Questo noi lo abbiamo in comune non solo con gli uomini, ma anche con le città e gli stessi villaggi. Infatti lasciandoti alle spalle Claterna, attraversavi Bologna, Modena, Reggio, a destra c'era Brescello e di fronte ti veniva incontro Piacenza, ancora risonante nel nome della sua antica nobiltà, e sulla sinistra avevi avuto pietà per gli incolti Appennini e consideravi i castelli di popolazioni un tempo fiorentissime e li numeravi con dolorosi sentimenti. Tanti cadaveri di città semidistrutte e nello stesso tempo la funerea parvenza di tanti villaggi non ti ammoniscono che più facile deve essere consolarsi per la morte di una sola per quanto santa e ammirevole donna? Tanto più che queste sono prostrate e distrutte per sempre e quella, strappata a noi nel tempo, consegue una vita migliore…].

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08