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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Testimonianze, 8

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


Testimonianze

8. Contrasti fra vescovo e città a Verona (797)

Al tempo della minorità di Pipino, nominato dal padre re d'Italia, gli Avari, muovendo dalle loro sedi in Pannonia, invasero parte dell'Italia settentrionale. Considerando l'eventualità che essi facessero altre incursioni, Carlo Magno ordinò che venissero restaurate le mura di Verona a spese degli abitanti. Ne venne una lite fra i cittadini e i giudici della città da una parte e la curia vescovile (pars sancti Zenonis) dall'altra per la ripartizione della spesa.

Mentre i cittadini sostenevano che la curia vescovile doveva contribuire con il pagamento di un terzo, la curia affermava che, secondo le consuetudini in uso, il suo contributo avrebbe dovuto essere di un quarto. I cittadini sostenevano che non esisteva alcuna consuetudine, dal momento che era trascorso molto tempo dall'ultima volta che le mura erano state restaurate, e inoltre ai tempi dei Longobardi le spese per le fortificazioni erano a carico dello stato.

Le parti in causa non raggiunsero un accordo e ricorsero al giudizio di Dio. La vittoria toccò alla parte vescovile che pagò quindi un quarto delle spese. Questo fatto costituì un precedente, tanto che nell'837, all'epoca di Lotario, per un nuovo restauro delle opere di difesa della città, la parte vescovile pagò di nuovo un quarto delle spese.

L'interesse del documento qui riportato (Codice diplomatico veronese, a cura di V. FAINELLI, Venezia, 1940, pp. 205-208) consiste nel fatto che i cittadini rappresentati dai loro giudici sono in grado di difendere i loro interessi collettivi. Inoltre vengono indicati con precisione alcuni edifici di una certa importanza della Verona del IX secolo circondata da mura, fossi e palizzate e dominata dal castello: il Vescovado, il monastero di Santa Maria in Organo, tre piccoli monasteri regali, due xenodochi, cioè ospedali e ricoveri per i pellegrini, posti sotto la diretta protezione del re.

Su Verona nel Medioevo cf. i volumi di L. SIMEONI cit. alla testimonianza n. 6 ed inoltre Verona e il suo territorio, Verona, 1964, vol. II, parte I. La storia a cura di C. G. MOR.

Sul giudizio di Dio cf. F. PATETTA, Le ordalie, Torino, 1890; G. BARNI – G. FASOLI, L'Italia nell'alto Medioevo, vol. III di Società e costume, Torino, 1970, pp. 462-469.


Anno Dominice Incarnationis DCCXCVIII. Notitia qualem pedaturam murorum Veronensis ciuitatis pars domus Episcopij S. Zenonis praeteritis temporibus facere solita fuerit. Tempore Regis Pipini, quum adhuc ipse puer esset, Gens Hunnorum aliàs Auares dicta, Italiam cum exercitu inuasit… Igitur quum de eorum aduentu Carolus Rex Francorum certior factus esset, Veronam tunc maiori ex parte dirutam reparare studuit murosque, et turres, fossasque per urbis gyrum fecit adiectisque palis fìxis à solo usque muniuit, ibique Pipinum fìlium reliquit, et Berengarius eius legatus ad recipiendam ciuitatem missus. De faciendis autem muris, et fossis orta est contentio inter ciues, et urbis Iudices, ac partem S. Zenonis. Iudices enim ad tertiam partem domus Episcopij facere volebant, pars uero Ecclesiae, quod ad comparatione tanti populi exigua esset, volebat non tertiam, sed quartam, sicut antiquitus fuerat, dare. Et non sola pars Episcopij, sed cum ea monasterium S. Mariae, quod situm est ad portam Organi, et tria alia monasteriola regalia, idest S. Petri in Mauratica, S. Stephani in Ferrarijs, S. Thomae puellarum in urbe, sed et duo Regis Xenodochia unum quod est ad portam S. Firmi, et alius, quod dicitur Calaudustera. Quumque in hac contentione diu immorarentur, et neutra pars alteri cederet, quia pars publica, quae dicebat, probare non poterat, quod multum tempus transiisset, ex quo hanc urbem reparare opus non erat; quia Longobardorum tempore nihil indigebat, publico studio munita. Si quid autem modicum ruebat, statim à Vicario ciuitatis restituebatur. Tandem habito consilio pacti sunt, ut haec Dei, et Sancti Spiritus reseruarentur iudicio, eligentes duo iuuenes clericos sine ullo crimine existimatos, statuerunt in Ecclesia S. Ioannis Baptiste ad domum, et ad crucem stare fecerunt… Hi ambo ab introito missae usque ad mediam passionem tantum, quae est secundum Matthaeum pariter starent; ille qui de parte publica datus fuerat, in terram velut examinis corruit; Pacificus uero usque ad finem Passionis stetit. His gestis et omnibus gratias Deo agentibus, quarta partem tam ciuitatis, quam castelli pars Episcopij, cum his, quae supra memorauimus, accepit…


[Anno della divina Incarnazione 798. Notizia della misura delle mura della città di Verona, che nei tempi passati la curia vescovile di San Zenone soleva fare.

Al tempo di re Pipino, quando egli era ancora fanciullo, gli Unni, altrimenti detti Avari, invasero l'Italia con il loro esercito… Il re Carlo, avendo saputo che sarebbero venuti verso Verona, volle ripararne le mura che in gran parte erano distrutte, e fece fare torri, fossati e palizzate tutt'intorno alla città, dove lasciò il figlio Pipino e il suo messo Berengario. Ma sorse una contesa a proposito della costruzione della mura tra i cittadini d'accordo con i giudici della città e la parte di San Zenone. I giudici volevano che la curia provvedesse alla terza parte, ma la curia, adducendo la sua pochezza in confronto al resto della città, voleva pagare non la terza parte, ma la quarta, come faceva in antico e non solo la curia, e con essa anche il monastero di Santa Maria in Organo e tre altri piccoli monasteri regali, cioè San Pietro in Mauratica, Santo Stefano in Ferraris e San Tommaso delle Donzelle in Città, e due xenodochi, uno dei quali è a porta San Fermo e l'altro è detto Calaudustera. Durando a lungo questa contesa, nessuna delle due parti voleva cedere all'altra. Popolo e giudici non potevano provare ciò che dicevano perché era passato molto tempo senza che fosse stato necessario restaurare la città, ché al tempo dei Longobardi non aveva bisogno di niente, perché era fortificata a spese dello Stato. Se qualche cosa minacciava di rovinare era subito restaurata a cura del vicario della città. E allora consigliatisi fra loro decisero di rimettersi al giudizio di Dio e dello Spirito Santo e scelsero due giovani chierici ritenuti senza macchia e li condussero nella chiesa di San Giovanni Battista e li fecero stare con le braccia aperte a croce… e resistettero entrambi dall'inizio della messa fino a metà della lettura della Passione secondo San Matteo. Quando colui che era stato scelto dalla città cadde in terra esanime, l'altro di nome Pacifico resistette fino alla fine. Fatto questo e ringraziando Iddio, la curia vescovile si assunse l'onere della quarta parte delle mura della città e del castello insieme con i monasteri e gli xenodochi…].

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08