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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


Testimonianze

14. Poteri comitali attribuiti al vescovo di Parma da Ottone I (962)

Gli imperatori sassoni, come in precedenza gli imperatori carolingi e i re italici, furono molto inclini a trasformare i vescovi in funzionari dello Stato, con l'intento di rafforzare, insieme con la Chiesa locale, anche la città che essi amministravano; e assai spesso, per eliminare i motivi di disaccordo fra il vescovo e il conte, gli imperatori preferivano eliminare il conte. Un caso simile si verificò a Parma nel 962, quando il vescovo Uberto fu investito da Ottone I di prerogative che erano proprie del conte, con lo scopo dichiarato di superare le continue liti che si erano verificate tra i vescovi e i conti di Parma in modo che il presule parmense potesse  così vivere e pregare con il suo clero pacificamente.

Si noti che nel diploma qui riportato («Monumenta Germaniae Historica», Diplomata Ottonis I, a cura di TH. SICKEL, Hannover-Leipzig, 1879-1884 n. 239, p. 333) al vescovo vengono attribuite le competenze i poteri del conte e non il titolo di conte: è sempre ben specificato che egli deve agire come se fosse il conte (tamquam nostri comes palatii; velut si praesens adesset nostri comes palatii ).

Per la storia di Parma nel Medioevo cf. I. AFFÒ, Storia della città di Parma, Parma, 1792, e gli studi pubblicati nell'«Archivio storico per le province parmensi».

 

In nomine sanctae et individuae trinitatis. Otto divinae dispositione providentiae imperator augustus… Noverit omnium sanctae dei ecclesiae fidelium nostrorumque praesentium scilicet et futurorum solertia, qualiter Hubertus Parmensis ecclesiae episcopus nostram adiens clementiam petiit, ut more praedecessorum nostrorum ecclesiam suam proficiendo augmentaremus ex his quae regiae potestati et publicae functioni debebantur et maxime ex his quibus eiusdem ecclesia lacerabatur ex parte scilicet comitatus, videlicet ut res et familias tam cuncti cleri eiusdem episcopii in quocumque loco inventae fuerint quamque et cunctorum hominum infra eandem civitatem habitantium de iure publico in eiusdem ecclesiae ius et dominium et districtum transfunderemus, ut deliberandi et diiudicandi seu distringendi potestatem haberet tam supradicti cleri res et familias quamque et homines infra eandem civitatem habitantes et res et familias eorum, velut si praesens adesset nostri comes palatii. Nos vero considerantes et commodum ducentes per supradicti imperii dignitatem, et per mala omnia quae acciderint saepe inter comites ipsius comitatus et episcopos eiusdem ecclesiae, ut penitus praeterita lis et schisma evelleretur et ut ipse pontifex cum clero sibi commisso pacifice viveret et sine aliqua inquietudine oracionibus vacaret, tam pro salute nostra quam stabilitate regni et omnium in nostro regno degentium concedimus et largimur et de nostro iure et dominio in eius ius et dominium omnino transfundimus atque delegamus murum ipsius civitatis et districtum et telonium et omnem publicam functionem tam infra civitatem quam extra ex omni parte civitatis infra tria milliaria, destinata scilicet atque determinata per fines et terminos… nec non et regias vias aquarumque decursus et omne territorium cultum et incultum ibidem adiacens et omne quidquid reipublicae pertinet. Insuper etiam concedimus ut omnes homines infra eandem civitatem vel praelibatos fines habitantes, ubicumquc eorum fuerit hereditas sive adquaestus sive familia, tam infra comitatum Parmensem quamque in vicinis comitatibus, nullam exinde functionem alicui nostri regni personae persolvant sive alicuius placitum custodiant, nisi Parmensis ecclesiae episcopi qui pro tempore fuerit, sed habeat ipsius ecclesiae episcopus licentiam tamquam nostri comes palatii distringendi et definiendi vel deliberandi omnes res et familias tam omnium clericorum eiusdem episcopii quam et omnium hominum habitantium infra predictam civitatem nec non et omnium residentium supra prefatae ecclesiae terram sive libellariorum sive precariorum seu castellanorum, et ita de nostro iure et dominio in eius ius et dominium transfundimus…

 

[In nome della santa e individua Trinità, Ottone, imperatore Augusto per disposizione della divina Provvidenza… Sia a conoscenza di tutti i fedeli della santa Chiesa e nostri, tanto presenti come futuri, la solerzia, come Uberto, vescovo della chiesa di Parma, presentandosi alla nostra clemenza ha chiesto che noi, giovando alla sua chiesa, al modo dei nostri predecessori, lo arricchissimo di quelle cose che spettavano al regio potere e alla pubblica funzione, e specialmente di quelle per le quali la sua chiesa veniva lacerata da parte del comitato, cioè che noi trasferissimo le cose e i servi tanto di tutto il clero di quello stesso vescovato in qualunque luogo si trovino, quanto di tutti gli uomini che abitano dentro la medesima città dalla nostra giurisdizione alla giurisdizione e dominio e distretto della santa Chiesa, così che abbia la potestà di deliberare e decidere tanto sulle cose e sui servi del clero sopraddetto, quanto anche sugli uomini che abitano dentro la stessa città e le cose e i servi loro, come se fosse presente il conte del nostro palazzo. Noi, considerando e valutando l'utilità per la dignità dell'impero sopraddetto e per tutti i mali che spesso accadono fra i conti di uno stesso comitato ed i vescovi della medesima Chiesa, perché sia eliminata interamente ogni passata lite e scisma e perché lo stesso vescovo con il clero a lui affidato viva pacificamente e attenda senza alcuna molestia alle preghiere, tanto per la salvezza nostra come per la stabilità del regno e di tutti coloro che vivono nel nostro regno, concediamo e permettiamo e dal nostro diritto e dominio trasferiamo nel di lui diritto e dominio completamente e gli affidiamo le mura della stessa città ed il distretto ed il teloneo ed ogni altra pubblica funzione tanto entro la città quanto fuori da ogni parte della città per lo spazio di tre miglia attorno, segnato e determinato nella linea di confine con pietre terminali… e le strade regie e il corso delle acque e tutto il territorio coltivato e incolto ivi giacente e tutto ciò che è di pertinenza dello Stato. Inoltre concediamo anche che tutti gli uomini abitanti nella città e nel territorio sopraindicato, ovunque abbiano beni ereditari o acquisiti, o dei servi, tanto nel comitato parmense, quanto nei comitati vicini, non corrispondano alcuna prestazione ad alcuna persona del nostro regno, né osservino il placito di chiunque se non del vescovo di Parma che sarà in carica in quel momento, ma abbia il vescovo della stessa chiesa licenza, come se fosse il conte del nostro palazzo, di definire, deliberare e decidere di tutte le cose e dei servi tanto di tutti i membri del clero dello stesso vescovato, quanto anche di tutti gli uomini che abitano entro la predetta città, con contratto di affitto, di livello ovvero di precaria, ovvero castellani e così trasferiamo dal nostro diritto e dominio nel suo diritto e dominio…].

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Ultimo aggiornamento: 02/08/08