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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Testimonianze, 16

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La città medievale italiana

di Gina Fasoli e Francesca Bocchi

© 1973-2007 – Gina Fasoli e Francesca Bocchi


Testimonianze

16. Nuove pretese dei Cremonesi

I negotiatores cremonesi, alle cui pretese di non pagare i dazi nel porto di Cremona era stato opposto un nello rifiuto nell'851-852 (cf. testimonianza n. 9) e che avevano visto addensarsi sulle loro teste i fulmini di re Rodolfo nel 924, non avevano abbandonato la lotta contro il vescovo nel tentativo di ottenere l'esenzione dai dazi. Solo nel maggio del 996 riuscirono ad ottenere da Ottone III un diploma che trasferiva a loro il godimento di tutte le prerogative dello Stato e concedeva il privilegio dell'immunità. Severe sanzioni – mille libbre d'oro – erano previste per quelle autorità, fossero funzionari imperiali o gli stessi vescovi, che avessero contravvenuto all'ordine imperiale. È molto interessante notare in questo documentotratto da «Monumenta Germaniae Historica», Diplomata Ottonis II et III, a cura di TH. SICKEL, Hannover - Leipzig, 1888, n. 198, pp. 606-607 – che Ottone assegnava la metà delle eventuali multe agli stessi cittadini cremonesi, che evidentemente disponevano di un'organizzazione amministrativa di un qualche genere, che consentiva loro di incassare e utilizzare questo denaro. Il successo dei Cremonesi ebbe breve durata, poiché due mesi dopo l'imperatore revocò le concessioni fatte, essendo risultato che il vescovo era in possesso di diplomi regi e imperiali che lo investivano dei diritti richiesti e ottenuti dai Cremonesi (il diploma di revoca è pubblicato in «Monumenta Germaniae Historica», Diplomata Ottonis II et III, cit., n. 222).

Per la bibliografia su Cremona cf. la testimonianza n. 9 e inoltre U. GUALAZZINI, Il «populus» di Cremona e l'autonomia del comune, Bologna, 1940.

 

In nomine sancte et individue trinitatis. Otto divina favente clementia Romanorum imperator augustus… Omnes civis Cremonenses liberos divites ac pauperes in nostra suscipiemus defensione… ut liberi et securi in sua requiescant civitate ac tuti et defensi permaneant, quocumque perrexerint, et aquarum usum habeant, pasqua vero et silvas a capite Abdue usque ad Vulpariolum ex una parte Padi et ex altera, et quicquid ad rem publicam pertinere noscitur sine omnium hominum contradictione teneant fruantur et possideant; sive ad negotium ierint, absque molestatione omnium in terra et aqua illos ubicumque voluerint consistere precipimus pro nostro remedio anime. Quapropter iubemus imperiali potentia, quatenus nullus dux archiepiscopus episcopus marchio comes vicecomes gastaldio sculdasio decanus seu aliqua imperii nostri regni magna parvaque persona dehinc prefatos cives Cremonenses liberos divites et pauperes de omnibus supradictis vel de omnibus suis rebus aquisitis seu aquirendis molestare inquietare sive disvestire presumant vel etiam in aliquo contraire sine legali iuditio, set liceat illis semper sub nostra nostrorumque successorum imperiali protectione quiete secure et pacifice vivere et quicquid eis rectum videtur agere, remota omnium hominum contradictione aut molestatione… Si quis igitur hoc nostrum preceptum temere frangere temptaverit, sciat se compositurum auri optimi libras mille, medietatem camere nostre et medietatem hominibus cremonensibus…

 

[In nome della santa e individua Trinità, Ottone, per grazia di Dio augusto imperatore dei Romani… Prendiamo sotto la nostra protezione tutti i cittadini cremonesi liberi, ricchi e poveri… affinché vivano in pace liberi e sicuri nella loro città, protetti e difesi dovunque vadano e godano l'uso delle acque, i pascoli e le selve, dal Capo d'Adda fino a Vulpariolo, da una parte e dall'altra del Po e godano e possiedano senza contraddizione da parte di nessuno tutto ciò che è di pertinenza dello Stato, e per rimedio dell'anima nostra ordiniamo che dovunque essi vadano a svolgere i loro commerci per terra e per acqua e dovunque vogliano sostare, nessuno li disturbi. Perciò ordiniamo con la nostra imperiale potestà che nessun duca, arcivescovo, vescovo, marchese, conte, visconte, gastaldo, sculdascio, decano o qualsiasi altra persona del nostro regno, grande o piccola, presuma di inquietare o spogliare i sopraddetti cittadini cremonesi liberi, ricchi e poveri, di tutte le cose sopraddette e di tutte le loro cose acquisite o acquirende, senza un legale giudizio, ma sia lecito agli stessi cremonesi restare sotto la protezione nostra e dei nostri successori e vivere quieti, sicuri e pacifici e fare tutto ciò che ad essi sembrerà giusto, senza che nessuno li contrasti o li molesti. Se qualcuno oserà infrangere temerariamente questo nostro precetto, sappia che pagherà mille libbre di oro puro, metà alla camera nostra e metà ai predetti uomini di Cremona…].

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08