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Didattica > Strumenti > Bisanzio. Società e stato > Documenti, 6

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Bisanzio. Società e stato

di Jadran Ferluga

© 1974 – Jadran Ferluga


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6. La proprietà fondiaria di un nuovo ricco (VIII secolo)
 

La Vita del Santo Filareto – edita e tradotta in francese da M. H. FOURMY e M. LEROY, La vie de S. Philarète, in «Byzantion», IX (1934, pp. 112-116) – testimonia in modo pittoresco quanto ormai la differenziazione sociale sia avanzata nella campagna bizantina in Asia Minore. Il tutto ha luogo al confine dell'impero, in Paflagonia, cioè nella regione che giace nel nord-est dell'Asia Minore, lungo le coste meridionali del Mar Nero. Interessante la menzione sia agli attacchi arabi che testimoniano una certa mancanza di sicurezza e sia a contadini già diventati medi e grandi proprietari.

 

C'era un uomo nel paese dei Paflagoni chiamato Filareto e quest'uomo, figlio dell'eparco Giorgio il Rinomato, era illustre per nascita fra gli abitanti del Ponto e della Galazia. Era molto ricco e possedeva numerosi allevamenti: 600 buoi, 100 gioghi di buoi, 800 cavalli al pascolo, 800 muli e cavalli da sella, 12.000 pecore; aveva inoltre 48 vaste proprietà che coprivano una grande superficie di terra: tutto, nettamente delimitato, fiorente e di grande valore. Di fronte a ciascuna di queste proprietà c'era una sorgente che scaturiva copiosamente da un'altura, cosa che permetteva di irrigare a profusione le terre che ne avevano bisogno. Ed egli aveva inoltre molti servi e grandissime ricchezze. La sua sposa aveva nome Teoseba e anch'essa era nobile e temeva il Signore. Ed essi avevano dei figli, un ragazzo molto bello di nome Giovanni e due figlie di cui una si chiamava Ipatia e l'altra Evantia e anche esse erano molto belle.

L'uomo era molto misericordioso e quando un mendicante veniva a lui e chiedeva qualche cosa egli gli dava dapprima del cibo a suo piacimento, con piacere e in abbondanza, e poi gli rimetteva l'oggetto dei suoi desideri e lo mandava via in pace, simile in verità all'ospitale Abramo e a Giacobbe. Così fece per numerosi anni, e in tutta l'Anatolia e la regione vicina la sua misericordia divenne rinomata. Chiunque avesse bisogno di un bue, di un cavallo o di qualche altro quadrupede andava tranquillamente dal beato uomo come se fosse nel proprio allevamento e ciascuno prendeva ciò di cui aveva bisogno e ognuno che aveva perso dal suo allevamento [un capo di bestiame] giungendo da lui riceveva ciò che voleva. E quanto [Filareto] dava di tanto si accrescevano i suoi beni.

Il demonio, dinanzi alla condotta virtuosa di quest'uomo, lo invidiava come una volta Job ed esigeva che diventasse povero per vedere se avrebbe conservato la stessa semplicità. «Ciò che fa l'uomo non ha nulla di miracoloso, diceva il diavolo, poiché egli dona ai poveri dal superfluo». Così egli ricevette il permesso da Dio infatti senza Dio non avrebbe potuto farlo, perché è il Signore che rende poveri e ricchi, umilia e glorifica, solleva da terra il povero e dallo sterco il miserabile, secondo le parole della profetessa Anna. L'uomo tuttavia non cessava di distribuire ai poveri le sue bestie e tutto ciò che possedeva, ma Dio aveva cessato di rendergli il centuplo e infine a causa di questa generosità, delle incursioni degli Ismaeliti e per una serie di altre ragioni, [il diavolo] disperdendo i suoi averi lo fece precipitare nella più profonda miseria, tanto che non gli rimase altro che una sola coppia di buoi, un solo cavallo e un solo asino, una sola vacca col suo vitello, un solo servo e una sola serva. Quanto alle sue proprietà esse furono tutte saccheggiate dai suoi vicini potenti e dai contadini. E quando essi lo videro impoverito, incapace di tenere e di coltivare la sua terra, gli uni con la forza gli altri pregandolo, si divisero la sua terra non lasciandogli altro che il posto dove abitava e la casa paterna.

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UpUltimo aggiornamento: 26/07/08