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Didattica > Strumenti > Bisanzio. Società e stato > Documenti, 21

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Bisanzio. Società e stato

di Jadran Ferluga

© 1974 – Jadran Ferluga


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21. Tutti vogliono diventare soldati sotto i Comneni

Quanto privilegiato fosse il mestiere del soldato nel XII secolo sotto la dinastia dei Comneni e soprattutto sotto l'imperatore Manuele I (1143-1180) sembra dircelo, certo con un po' di esagerazione e retorica, Niceta Coniate in questo notissimo estratto preso da Nicetae Choniatae Historia, ree. I. BEKKER, Bonnae, 1835, pp. 272-273. Anche se si prescinde dallo stile e dall'atteggiamento dello scrittore, resta la testimonianza dell'immenso sforzo finanziario e militare dell'impero bizantino nel XII secolo, sforzo che esso non poteva sostenere e che portò, verso la fine del secolo, a profonde crisi culminate nella catastrofe del 1204.

 

Presso i Romei e credo anche presso i barbari, vige l'uso che i soldati ricevano una paga, che siano spesso passati in rivista per verificare se il loro equipaggiamento sia in ordine e se essi curino bene i cavalli e che le reclute siano passate in rivista prima dell'iscrizione nei cataloghi militari per controllare che abbiano un corpo robusto, siano in grado di tirare con l'arco e siano esercitati nel lancio dell'asta. L'imperatore trattenne la paga nella cassa statale come in una cisterna e appagò la sete degli eserciti con le contribuzioni dei «parici» [1]. Egli abusò così di una disposizione creata dagli imperatori precedenti e raramente applicata a quei soldati che si erano battuti col nemico. Non notò che con ciò aveva reso l'esercito più fiacco e condotto fiumi di oro in ventri oziosi e peggiorata la situazione delle province romee. I buoni soldati non mostravano nel pericolo più alcuna ambizione: ciò che li aveva stimolati a impegnare la loro capacità di combattimento non era più, infatti, come prima, una particolare distinzione, bensì pioveva tutto dal cielo senza fatica. Gli abitanti delle province, che prima avevano obblighi verso la cassa dello stato, soffrivano indicibilmente sotto l'insaziabilità dei soldati. Ad essi furono non solo rubati danaro e beni ma anche strappata l'ultima tunica e a volte furono trascinati via dal cerchio dei loro cari. Per questo chiunque avesse voglia si arruolava. Molti dicevano addio ai loro aghi che procuravano loro solo in modo faticoso e meschino ciò di cui avevano bisogno; altri assestavano un calcio alla striglia dei cavalli; questi si lavava l'argilla della mattonaia dalle mani e quello si puliva la fuliggine della fucina e si presentavano agli arruolatori.

Quando portavano in dono un cavallo persiano o sborsavano un paio di monete d'oro, venivano inquadrati tra i soldati senza esame e subito dotati di scritti imperiali che assegnavano loro freschi prati e fertili campi e Romei tributari dovevano servire come schiavi e succedeva che un Romeo esperto nella guerra a volte doveva pagare le sue tasse a un semibarbaro, che non aveva ancora sentito niente circa un ordine di battaglia e in confronto a lui il Romeo sembrava essere un vero Achille perché egli aveva tuttavia due braccia sane mentre quel «guerriero» in seguito a un difetto non poteva distendere nessuna delle sue due mani. Il destino delle province corrispondeva all'indisciplina dell'esercito: le une furono saccheggiate davanti ai nostri occhi dai nemici e annesse al loro regno, le altre furono distrutte e devastate come terra nemica dalla nostra propria gente.

[1] Essi erano insediati sui beni militari.

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UpUltimo aggiornamento: 26/07/08