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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Testi, 4

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Wycliff. Il comunismo dei predestinati

di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri

© 1975-2007 – di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri


Testi

4. Le «Trentatré tesi sulla povertá di Cristo»

La breve opera (1378?) riprende, in forma succinta ed efficace, le idee del De civili dominio, senz'altro apparso troppo ponderoso ai lords, che pure dovevano apprezzarne le tesi: Wyclif stesso ci dice di averne curato una stesura nelle due lingue per una maggiore diffusione. Ne abbiano tuttora ben sette manoscritti, na nessuno in Inghilterra, segno anche questo della persecuzione cui furono fatti oggetto gli scritti più violenti del maestro di Oxford.

Ogni tesi è sviluppata in una argomentazione, basata per lo più sui passi della Bibbia.

Le tesi riguardano tutte l'affermazione centrale detta estraneità del dominio civile alla Chiesa, che deve essere, sull'esempio di Cristo, «povera», ma costituiscono differenti corollari di questo assunto: fra questi, importantissima l'affermazione del dovere dei principi laici di intervenire a correggere gli abusi degli ecclesiastici che fanno cattivo uso delle donazioni e delle elemosine.

(In Opera minora, cit., pp. 19 e sgg.).


I. Cristo, capo universale della Chiesa, fu durante la sua vita terrena un uomo poverissimo.


II. Cristo, sia per la sua natura divina, sia per la sua natura umana, dalla quale aveva allontanato il titolo di signore temporale, fu un uomo ricchissimo.


III. Tutti i sacerdoti di Cristo ‏ papi, cardinali, vescovi, abati, priori e i loro soggetti – sono tenuti a seguire Cristo nella sua evangelica povertà.


IV. Un chierico non può, finché è tale, essere signore civile.


V. Il potere civile è incompatibile con la dignità papale.


VI. Il papa e i prelati possono usufruire, a puro titolo di elemosina da parte dei signori civili, dei beni, purché non ne detengano il dominio.


VII. Quando un sacerdote, e anche il papa, fanno un cattivo uso dei beni della Chiesa, perdono il diritto all'uso di questi beni.


VIII. Sarebbe un peccato mortale se la Chiesa d'Inghilterra, o altre Chiese, dessero i loro beni al papa per allestire guerre contro altri cristiani, al fine di dominarli e impadronirsi dei loro beni.


IX. È illecito che un sacerdote di Cristo, e anche il papa, scomunichi qualcuno per affari di denari o concernenti qualcosa di materiale.


X. Senza curarsi delle censure, degli interdetti e delle scomuniche minacciate o date, il cristiano ha il dovere di seguire la legge e la parola del Cristo.


XI. Ai signori laici è lecito giudicare in senso spirituale i propri sudditi nelle loro opere.


XII. Come Dio non può donare alle creature il dominio, se non alla condizione che chi lo riceve sia in grazia, così non è lecito al signore laico affidare un bene al chierico, se non alla condizione che questi sia in grazia e aiuti la Chiesa, mentre non è lecito al chierico abbandonare per questo la povertà evangelica.


XIII. Sebbene le donazioni alla Chiesa siano meritorie, tuttavia lo stato di povertà istituito dal Cristo è perfetto, più meritevole e sicuro.


XIV. Un modo per esaminare se i chierici siano corrotti dalle cose temporali, è osservare la loro sollecitudine nell'acquisire beni, la loro cura nel preservarli e il loro dolore nel perderli.


XV. È lecito ai signori laici sottrarre e portar via al pontefice romano beni temporali, nel caso in cui egli ne faccia abuso continuo.


XVI. Se uno o più cardinali, con il cattivo uso dei beni temporali, mettono in pericolo la Chiesa, i sovrani e i signori laici sono tenuti a correggerli fraternamente e a sottrar loro le elemosine e i donativi che vengono fatti alla Chiesa.


XVII. I principi laici devono sottrarre i beni a qualsiasi vescovo che notoriamente ne abusa, e ciò sia per correggerlo, sia per donare tali beni ai poveri.


XVIII. Se un'abbazia o una casa di religiosi regolari o di chierici usa male le elemosine dei signori laici, queste devono essere sottratte ai prelati e restituite ai donatori o ai loro eredi o al re.


XIX. Il re o il padrone debbono sottrarre – proporzionalmente alla mancanza – le elemosine raccolte dai rettori e dai curati, dai cappellani e dagli elemosinieri che abitualmente usano male questi beni.


XX. La pretesa, con la quale si sostiene che i laici non possono esaminare e correggere i peccati dei chierici, è un sofisma.


XXI. Non è lecito al re e ai signori laici impiegare al loro servizio un sacerdote di Cristo e specialmente un religioso o un curato.


XXII. I vescovi che si mescolano agli affari politici si dannano e si perdono, se non istruiscono in questa legge i signori laici e non correggono i loro curati.


XXIII. Sarebbe un'ottima cosa che fossero espropriati tutti i beni già donati alla Chiesa d'Inghilterra: con questi beni si potrebbero pagare gli stipendi dei funzionari del re, ed evitare così che vescovi e curati fossero coinvolti in affari politici.


XXIV. Il nostro clero si troverebbe in grande pericolo se tenesse alla prosperità mondana e non sapesse distinguere fra questa e la vera ricchezza (celeste).


XXV. È impossibile che ci sia pace fra il popolo se non c'è con Dio.


XXVI. La principale causa di discordia nella Chiesa è data da ricchezza, avidità e immoralità del clero.


XXVII. L'adulterio spirituale è più grave di quello materiale, anche se la fornicazione è nel sacerdote più grave che nel laico e merita quindi più gravi leggi.


XXVIII. La correzione dei sacerdoti da parte di laici per la pace della comunità è fondata in più passi della Scrittura.


XXIX. Lo strumento più efficace per questa correzione è la confisca delle elemosine e dei beni.


XXX. La preghiera di un sacerdote che è in peccato mortale non solo non ha merito per lui né giova a nessun altro, ma è dannosa per il suo prossimo, del quale egli è tenuto a prendersi cura.


XXXI. Sia che i donatori siano in cielo, al purgatorio o all'inferno, nel caso che le loro elemosine siano usate male, è meglio che vengano confiscate e devolute ad altri usi più meritori.


XXXII. Sembra verosimile che i beni della Chiesa sarebbero meglio usati dai signori laici piuttosto che dalle mani dei chierici.


XXXIII. Il dovere dei re e dei signori laici è quello di difendere la legge evangelica e osservarla con diligenza.

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08