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Didattica > Strumenti > La città medievale italiana > Testi, 5

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Wycliff. Il comunismo dei predestinati

di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri

© 1975-2007 – di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri


Testi

5. Lettera di Wyclif a papa Urbano VI

Urbano VI, al quale è indirizzata questa lettera (1378?) che solo a un esame superficiale può sembrare «di scuse», è il papa che, all'inizio dello scisma del '78, fu appoggiato dall'Inghilterra e dall'imperatore contro il candidato francese Clemente V.

Con un gioco di parole – frequentissimi in Wyclif – il maestro inglese afferma che la Urbanitas è sulla retta via, ma con il procedere dello scisma e l'estendersi delle lotte giungerà a sostenere che l'unico aiuto alla cristianità viene da Cristo e «non c'è bisogno di papi né vescovi per la salvezza». La lettera a Urbano si riferisce alla citazione che Gregorio XI aveva inviato a Wyclif, ingiungendogli di venire a Roma a rispondere di diciotto errori teologici, che in realtà erano le famose tesi politiche del De civili dominio.

Una stesura, più dura, fu più tardi redatta in inglese dallo stesso Wyclif.

(In Opera minora, cit., p. 1).


Sono lieto di spiegare la mia fede a chiunque e ancor più al pontefice romano, poiché credo che, se essa è ortodossa, egli l'approverà, e se è erronea la correggerà.

Credo che il Vangelo di Cristo sia il cuore della legge di Dio e credo che il Cristo, che ci ha dato il Vangelo, sia vero Dio e vero uomo e che per questo il Vangelo sia superiore a tutte le altre parti della Scrittura.

Credo che il pontefice romano, sommo vicario di Cristo in terra, sia tenuto a questa legge evangelica più di ogni altro uomo. La nobiltà fra i discepoli di Cristo si misura, non con il prestigio mondano, ma con la somiglianza al comportamento di Cristo. In base al Vangelo, cuore della legge divina, mi sembra chiaro che Cristo fu nella sua vita terrena un uomo poverissimo e alieno da qualsiasi potere mondano: lo possiamo leggere in Matteo (VIII) e nella Seconda Lettera ai Corinzi. Da ciò concludo che i fedeli devono imitare il papa e i santi solo nella misura in cui questi imitano nostro Signore Gesù Cristo.

Quando Pietro e Paolo desiderarono la potenza mondana errarono, e in questi errori non sono da imitarsi. Da tutto ciò io sono confortato nel parere che il papa lasci il dominio temporale al braccio secolare ed esorti il suo clero a seguirlo in questo. Poiché Cristo così fece anche attraverso i suoi apostoli.

Se avrò sbagliato umilmente voglio, anche con la morte se occorre, essere punito e, se ciò può essere necessario, vorrei presentarmi umilmente al pontefice romano. Ma Dio mi spinge ad affermare la mia verità anche se contraria, e di conseguenza mi insegna a obbedire più a Lui che agli uomini: Dio diede dei giusti principi evangelici al nostro papa e dobbiamo pretendere che questi principi non siano annullati da subdoli consigli, né permettere che il papa o i cardinali agiscano contro la legge di Dio…

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UpUltimo aggiornamento: 02/08/08