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L'Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


Documenti

11. Privilegio concesso da Ludovico I, re di Polonia, alla nobiltà polacca (1374)

Nel nome di Dio, amen.

Le gesta dei principi devono essere consegnate alla memoria dei posteri, assieme alle conferme, alle franchigie, agli atti riguardanti comunità, ai privilegi, ai pubblici strumenti, alle ratificazioni, per sempre e inviolabilmente.

Perciò noi, Ludovico, per grazia di Dio re di Ungheria, Polonia, Dalmazia ecc., vogliamo che tutti, sia i contemporanei che i posteri, abbiano notizia che, amando con animo puro e sinceri affetti il nostro regno di Polonia e desiderando che rimanga in tutta la saldezza della sua potenza, anche se altrove ci siamo impegnati con altre promesse di privilegi o benefici fatti alla nobiltà polacca nei quali si concedeva che quando noi ci separeremo da questo mondo essi dovranno avere come loro legittimo sovrano e nostro successore nel regno di Polonia solo un figlio maschio e non una figlia, ora però, in seguito alle richieste di baroni, vassalli, nobili e con il consenso e la volontà di tutti, essi decisero di accettare come sovrano ed erede del predetto regno (se non vi è discendenza maschile) anche le figlie nostre, che essi riconoscono come legittime pretendenti alla corona del regno polacco.

Tuttavia, nel caso che – con l’aiuto di Dio – noi avessimo uno o più figli maschi, la successione spetterà a uno di loro; solo se essi moriranno la successione passerà a una delle nostre figlie che già sono nate e vivono tuttora o ad altre che nasceranno in futuro, secondo la volontà nostra o della nostra eccellentissima regina, loro madre e nostra carissima consorte. E abbiano costui o costei come erede e successore nostro, e siano tenuti ad accoglierlo ed averlo come re, come ora i baroni, i nobili, i maggiorenti, i cittadini e tutti gli abitanti del regno di Polonia, per nostra volontà, compiono atto d’omaggio verso la nostra discendenza, come verso il principe e nostro successore.

Se  poi costui o costei moriranno senza prole – Dio non voglia! – succederà al trono del regno di Polonia un altro figlio o figlia nostra, e a lui deve essere reso l’omaggio e la promessa di fedeltà fin da ora, e fin da ora tutti devono riconoscerlo o riconoscerla nel suo rango di erede e successore legittimo, e il trono del regno di Polonia passerà ai suoi discendenti.

Per quanto riguarda la possibilità di dividere la corona di questo regno, noi promettiamo in fede e senza inganno, impegnando la nostra parola, di conservare salva e integra la corona del regno di Polonia, e di non alienare né diminuire i possedimenti del regno, ma anzi di aumentarli e di custodirli, come già ci siamo impegnati a fare, con giuramento, all’atto dell’incoronazione.

E poiché i nobili del predetto regno hanno dimostrato di avere nei nostri confronti uno speciale affetto, dimostrato dal fatto che sono disposti ad accogliere per loro sovrana la nostra discendenza femminile come fosse maschile, per ricompensare con speciale favore i servigi resi da tutti loro – essi che vollero prestare omaggio di fedeltà ai nostri figli di entrambi i sessi, e sono disposti a render loro ogni servigio – deliberammo di affrancare le città, i castelli, i poderi, i borghi fortificati e quelli aperti, e gli abitanti delle città di tutto il regno di Polonia che appartengano ai baroni e ai nobili, e di alleviarli e scioglierli da ogni tassa, dazio, contributo, esazione e tributo, sia generali che particolari, con qualsivoglia nome vengano chiamati, e vogliamo che siano liberi e riscattati da tutte le prestazioni di servitù, corvées, vessazioni e angherie su persone e cose.

Questa è l’unica condizione che poniamo: che ogni anno ognuno di loro sborsi due grossi della moneta corrente in questo regno (di cui 48 grossi corrispondono a un marco polacco) per ogni podere o possedimento, a noi e ai nostri successori, nel giorno di San Martino, in segno di riconoscimento del dominio supremo del re di Polonia.

Si intende, poi, che se un nemico assalirà il nostro regno, allora i nobili di questo regno debbono accorrere con tutte le loro forze per respingere l’aggressore.

Se poi noi, o un successore del nostro regno, decideremo di compiere una spedizione al di fuori dei confini del regno, e alcuni dei nobili che ci accompagnano nella spedizione, venuti a contatto col nemico – alla nostra presenza o meno –, cadranno prigionieri e saranno trattenuti con loro grande o piccolo danno, noi ci impegnamo a dare piena soddisfazione a loro e alle loro cose.

Egualmente, se qualche vecchia fortificazione avrà bisogno di una riparazione, allora, se si è in tempo di pace, il burgravio o il signore e comandante di quella fortificazione sarà tenuto a ripararla.

Se invece scoppia una guerra o un tumulto, saranno tenuti a contribuire alla riparazione e al rafforzamento delle fortificazioni che si trovano ai confini del nostro regno anche gli uomini del distretto dove sorge la fortificazione.

Se poi, col consiglio e il consenso dei predetti baroni, noi vorremo costruire una fortezza per la difesa e l’utilità del regno, allora i maggiorenti del regno saranno tenuti a contribuire alla sua costruzione.

Se invece decideremo di costruirla senza il consiglio o l’approvazione degli stessi nobili e maggiorenti, allora la costruiremo a nostre spese.

Inoltre promettiamo che onori e dignità di palatino, castellano, vicecamerlengo e altre simili, non li conferiremo a stranieri, se non sudditi di terre di questo regno in cui vigano dignità analoghe.

Queste dignità, e tutti gli altri onori, vogliamo che siano conservati così come erano stati istituiti al tempo dei serenissimi principi Ladislao e Casimiro, re di Polonia, avo e zio nostri.

Inoltre promettiamo che non sarà nominato nella carica di capitano, detta in lingua volgare starosta, nessun barone, cavaliere, nobile o uomo di qualsiasi altra condizione che sia straniero, eccezion fatta per chi apparterrà al regno di Polonia o ne sarà oriundo, purché non discenda dalla famiglia ducale.

Promettiamo inoltre che non affideremo il comando di nessun castello o fortilizio del regno di Polonia a nessun discendente di stirpe ducale, né a duca, né a principe, e questo sarà valido per sempre.

Promettiamo inoltre che non affideremo se non a Polacchi o a capitani che prestano servizio in questo regno le seguenti città e castelli…

Per quanto riguarda gli altri luoghi fortificati, noi e i nostri successori avremo la facoltà di assegnarli liberamente a uno straniero o a chiunque vorremo, decretando però che questi burgravi o governatori di fortezze e i loro uomini debbano comparire davanti ai capitani, ai giudici e agli ufficiali giudiziari del regno predetto, qualora siano citati a discolparsi, come avviene per tutti gli altri nobili e gli abitanti del regno, purché la causa non riguardi un delitto di sangue, nel qual caso essi dovranno rispondere esclusivamente a noi e ai nostri successori.

Inoltre, se accadrà che noi o i nostri successori compiamo un viaggio attraverso il regno, non ne faremo gravare le spese sui baroni, i cavalieri, i nobili, il popolo e gli cmethon o iobagion [1], se loro non vorranno; in occasione dei predetti viaggi, non esigeremo alcunché da essi, e se non vi saranno contribuzioni volontarie, ci procureremo tutto il necessario a nostre spese.

Inoltre promettiamo di conservare in tutte le loro libertà i baroni, i maggiorenti, i nobili, le città, i borghi fortificati e quelli aperti e i loro territori, il popolo e gli cmethon, e di non imporre nuovi pesi né permettere che vengano imposti.

Per quanto riguarda tutte le altre lettere, ordinanze, strumenti, decreti dati e concessi da noi e dai nostri predecessori, sia per quello che riguarda i doveri dei predetti nobili e baroni, sia per quanto concerne l’esclusione dal regno delle nostre figlie, col consenso dei predetti nobili, cavalieri, baroni del regno di Polonia sono annullate, cassate, rese senza effetto…

A testimonianza palese di tutte le promesse sopra citate, noi concediamo questa nostra lettera, corroborata dal nostro autentico sigillo.

Dato a Kosiče, il 17 settembre dell’anno del Signore 1374, nel trentatreesimo anno del nostro regno.

[1] Coloni soggetti a un signore feudale.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06