Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Strumenti > L'Europa orientale nei secoli XIV e XV > Documenti, 1

Strumenti

L'Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


Documenti

1. Idealizzazione del re di Polonia

(Fonte: Monumenta Poloniae Historica, Lwow, 1872, pp. 858-859).

Il re di Polonia Ladislao detto Lokietek fu idealizzato dopo la sua morte dai cronisti polacchi secondo la tipologia scolastica del «re cristiano».


Il re Ladislao di Polonia, detto Lokietek, famoso per le molte guerre combattute coraggiosamente contro genti nemiche, dopo molte battaglie, vittorie e trionfi sopra gli avversari, ancora nel pieno delle forze benché fosse ormai al settantatreesimo anno di vita, morì la domenica 1 marzo 1333, fra la grande tristezza e desolazione di tutta la Polonia. E quando sentì ormai vicina la morte, si confessò umilmente e con grande contrizione al frate Helia, dell’ordine dei frati predicatori, uomo in ogni cosa retto ed eloquente, che aveva ricevuto dal papa piena e completa autorità di assolvere da ogni colpa e peccato.

Dopo di ciò, il castellano Spicimiro e l’arcidiacono di Cracovia Iaroslao, che durante la sua malattia reggevano il potere, fra grandi lacrime gli rivolsero la parola in questo modo: «O re, nostro signore, durante la tua vita tu hai protetto i nobili, i ricchi e i poveri, i grandi e i piccoli, i superbi e gli umili, i vecchi e i giovani, tutti i tuoi sudditi, di qualsiasi condizione sociale essi fossero, senza attentare ai loro averi o ledere i loro diritti. Essi, poi, non ti hanno mai abbandonato, servendoti coi loro averi e i loro stessi corpi fino a oggi, grazie ai tuoi meriti e alla tua benignità.

Esorta dunque i tuoi nobili a seguire con dedizione e fedeltà tuo figlio Casimiro, a cui affidi la successione del tuo regno».

Ed egli, mentre la voce stava già per venirgli meno, si rivolse benevolmente a Spicimiro e Iaroslao e agli altri presenti dicendo:

«O uomini che siete fedeli a me e alla mia casata, voglia il cielo che mio figlio, guidato dal mio esempio, si conduca con voi come io ho sempre creduto di fare, e che voi lo amiate come avete sempre amato me. Se però cosi non fosse – e prego che ciò vi sia risparmiato, per lo zelo e la fedeltà che avete mostrato in ogni occasione nei miei riguardi – lo raccomando ugualmente alla vostra fedeltà. Ma poiché io non posso sapere niente delle sue intenzioni future, non voglio ora chiedere nulla in nome suo».

Con queste parole, dopo aver raccomandato ai suoi nobili la più completa fedeltà verso il diletto figlio Casimiro, lì presente, si addormentò nel grembo di Dio.

Così quel fulgente astro del suo popolo fu coperto dalla nebbia della morte; e avrebbe lasciato un grande scompiglio di errori e di liti, se uno splendido sole, proveniente da tanto astro, non avesse provveduto alla salvezza della gente polacca. Infatti egli lasciò al suo popolo il figlio Casimiro – di cui sopra abbiamo detto – in grazia del quale il pianto era temperato dal riso, il dolore dalla gioia, poiché quelli che si dolevano della perdita di un tale sole, rimanevano a onorare il nuovo astro nascente.

Questo Ladislao era figlio del duca di Kujawi, Sierad e Lańciez, Casimiro e a lui, fra i suoi fratelli, venne assegnata in sorte la terra di Brest. Egli poi, sposando la figlia del duca Bolislao di Kalisz, di nome Edvige, dopo la morte del duca e anche dei suoi eredi ottenne il potere sulla Grande Polonia e lo conservò per molti anni. In seguito, però, per il tradimento dei nobili polacchi, fu ingiustamente spogliato dal re di Boemia Venceslao non solo della Polonia e della Pomerania, ma anche del suo feudo e delle terre di Sierad e di Lanciez che aveva ottenuto dopo la morte dei fratelli. E così, privato dei suoi possedimenti, si rivolse agli amici per ottenere soccorso; ma costoro, ingannandolo con vane promesse, lo lasciarono vagare, senza speranza e senza persino una sede, per molti anni nel mondo.

Egli allora, vedendosi abbandonato dai suoi, con pochi seguaci, si ritirò in Ungheria, da dove, con l’aiuto del nobile Amadeo – ma ancora di più con l’aiuto divino –, ritornò per riconquistare con guerre vittoriose Sandomierz e Cracovia e le altre terre che sopra abbiamo citato, scacciandone i Boemi che le avevano mantenute per 18 anni in modo tale che essi non vi fecero più ritorno.

Da allora in poi, con il favore di Dio, possedette in pace quelle terre; e volendo Dio concedergli, dopo tante peripezie, onore e gloria, o volendo innalzare la gente polacca, per iniziativa e opera del vescovo di Kujawi Gervardo, egli ottenne da papa Giovanni XXII la corona reale.

All’età di sessant’anni, assieme alla sua felice consorte, la virtuosa e beneamata signora Edvige, fu gloriosamente incoronato dall’arcivescovo di Cracovia Ianislao e da altri molti vescovi, nell’anno 1320. Egli poi trasmise il regno, ormai consolidato, al figlio Casimiro – di cui parleremo in seguito – e alla sua discendenza.

Fra le sue virtù, tre furono eccellenti: insigne pietà, al punto che non mise mai a morte nessuno se non costrettovi; inestimabile umiltà, al punto da ignorare completamente ciò che fosse fasto o superbia; ineffabile pazienza, tanto che non volle mai vendicarsi di un’ingiuria subita, ma in ogni occasione si mostrò umanissimo con coloro che lo ingiuriavano mantenendo sempre nei loro confronti un volto sereno.

Perciò Dio, che osserva tutte le azioni umane, concesse al suo corpo un tal decoro nella morte, che, sebbene la sua sepoltura fosse prorogata per diversi giorni, rimase sempre inalterata la sua serena bellezza, destando in tutti stupore e ammirazione.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 26/06/06