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Scrittori religiosi del Trecento

di Giorgio Petrocchi

© 1974 – Giorgio Petrocchi


3. Benedettini, gesuati e laici

Assai importante è anche il contributo che alla letteratura religiosa danno gli Ordini benedettini, col loro storico programma di far coesistere preghiera e studio. Per gli Olivetani è notevole l'impegno volto al rapporto tra arti figurative e ascesi, come nei Cluniacensi quello tra preghiera e musica. Nei Vallombrosani il ripristino dell'osservanza alla Regola e la santificazione del clero permettono di svolgere un'azione assai proficua sul terreno culturale, nel riconfermare il concetto benedettino della povertà personale e dell'umiltà come mezzo conoscitivo della propria anima. Infatti quando nel Trecento le più aspre battaglie s'accendono pro e contro l'eresia dei Fraticelli, gli scrittori vallombrosani hanno una loro rilevantissima esperienza della povertà assoluta da opporre ai Fraticelli, e contribuiranno non poco ad appoggiare le decretali (cioè le costituzioni papali di valori generale) che aveva emesso il pontefice Giovanni XXII.

È in questo ambiente vallombrosano che incontriamo la personalità del beato Giovanni dalle Celle, che nobilita i suo impegno dottrinario nel perfezionare l'esigenza dll'ascesi verso un grado notevole di purificazione umana, e avverte la necessità di una nuova impostazione dottrinaria della umiltà e povertà francescana: onde da un lato la sua vicinanza con santa Caterina da Siena, e dall'altro l'interesse vivissimo per le contese minoritiche. Nella lotta contro l'eresia fraticellesca egli non combatteva i folli slanci misticheggianti, i furori estatici, ma il vizio di ragionamento, l'errore teologico. L'esperienza religiosa sembra in apparenza ridursi a un totale disprezzo dei beni terreni, delle preoccupazioni pratiche, del «mondo», ma in realtà il raccoglimento all'interno della coscienza, il chiudersi alla vita degli altri, il «diserto», il chiostro sono soltanto un momento o un atteggiamento di questa complessa figura, che va inquadrata non soltanto nel pensiero e nella spiritualità trecentesca, ma anche nella tradizione letteraria della epistolografia volgare, alla quale ha dato pagine di purissimo nitore espressivo, utilizzando la veloce concettosità dell'orazione, la ricchezza di echi filosofici, la costruzione linguistica di questa tradizione letteraria. In tal senso si fa sentire, e notevolmente, l'influsso delle epistole cateriniane, della cui ricchissima gamma espressiva il beato Giovanni tende ad assimilare le componenti più caratteristiche.

L'ambiente agostiniano ci offre gli Assempri di fra Filippo degli Agazzari, i quali, se cronologicamente appartengono al primissimo Quattrocento, per lo spirito che li anima sono tutti trecenteschi, e in modo particolare mostrano di riprendere la tematica dell'orrore del peccato e della terribilità dei castighi, trasferendola in un'aura favolosa di antica leggenda. Scandite su un ritmo di inno chiesastico e sorrette da uno spirito ardente e caritativo sono molte pagine del Soccorso dei poveri di un altro agostiniano, Girolamo da Siena, che è da porre accanto, per l'insegnamento spirituale esercitato, alla figura di Luigi Marsili, personalità d'asceta e d'apostolo che esercitò un influsso enorme sul mondo religioso di Firenze, e attrasse attorno alla sua cella nel convento di Santo Spirito gli uomini più dotti del tempo.

Ma lo scrittore religioso più forte e alto del Trecento, dopo santa Caterina, è da ritrovare nella stessa Siena ma in diverso ambiente: è il beato Giovanni Colombini, fondatore dei Gesuati. Le sue prime esperienze si realizzano in clima francescano, col ritrovare la bellezza e la bontà delle cose in Dio, col vivere l'armonia del creato verso cui spinge il fervore dell'anima; ma poi il processo spirituale del Colombini si svolge in modo affatto personale; egli ci parla d'umiltà, di povertà assoluta, di carità, di unione totale in Dio con un pathos severo e quasi affannoso. Iddio non è l'espressione interiore della letizia del creato, ma il sollecitatore assiduo per ben operare, l'incalzante maestro d'apostolato, sì che nella contemplazione di Esso non può essere assente la consapevolezza della propria miseria e fragilità d'uomo, venando di cupa disperazione e di immagini pessimistiche il resoconto della propria giornata. Eppur non è nella concezione dottrinaria o in una particolare visione della vita cristiana che possiamo trovare il segno della vitalità delle Lettere colombiniane, sì piuttosto nella potenza rapida e fervorosa delle immagini poetiche.

Il linguaggio del Colombini è di carattere simbolico e allusivo, ma privo d'estrosità iperboliche; l'allegorismo sta a mezza via tra un'espressività familiare e l'incorporeità tipica dell'immagine mistica. È un mistico popolare, schivo di ridondanze immaginose e sempre tendente a smussare l'arduo dei resoconti mistici in forma semplice e piana: quando s'indirizza alle sue umili monachelle senesi e «a' suoi compagni e frategli povari per Jesù Cristo», insegnando la strada del bene, consigliando con discrezione, parlando di povertà, di carità, di totale unione e fiducia in Dio in termini d'estremo lindore espressivo, ma per ciò stesso più efficaci. Nella contemplazione delle cose del mondo il Colombini vede dappertutto errori, incertezze, storture, cattiverie. Una visione pessimistica incombe sullo spirito del Gesuato nel momento in cui esso si unisce in Dio; soltanto allora l'anima s'acqueta e rasserena; ma, fuori del processo unitivo, prevalgono le preoccupazioni del vivere quotidiano, tra lutti e miserie, tra le incomprensioni della Curia romana e le difficoltà di vita nel mondo borghese della città di Siena. La fiumana fervorosa dell'apostolato del Colombini trascina il linguaggio delle Lettere, così che questo non si propone mai esercizi d'abilità stilistica, né conosce i tentativi d'acutezza psicologica o le esemplificazioni istruttive del genere di Giordano e del Passavanti.

Il panorama della letteratura religiosa trecentesca può concludersi con alcune figure di laici, soprattutto con Lapo Mazzei, autore di bellissime lettere morali, volte a persuadere ed educare religiosamente un ricco mercante di Prato, Francesco Datini, o con Agnolo Torini, le cui Brieve collezione della miseria della umana condizione e Brieve meditazione sui beneficii di Dio rivelano un notevole vigore ascetico anche se non si traducono in pagine letterariamente cospicue. Accanto ad essi sarà da ricordare la continuità della tradizione laudese, tendente a sviluppare sempre più le forme drammatiche e preparando in modo anche strutturalmente più preciso l'avvento delle Sacre Rappresentazioni; così nelle infuocate laude d'ispirazione jacoponica che scrisse un frate minore, Ugo Panziera, ricche di suggestione emotiva, o nelle altre, nate in ambiente gesuato e spiranti idealità pauperistiche d'insegnamento colombiniano, del Bianco da Siena, col quale ci si può ricollegare alla letteratura gesuata del secolo successivo (soprattutto Feo Belcari) e in genere al clima spirituale del Quattrocento.

Come il moto dei Disciplinati aveva dato avvio alla lauda, così un altro movimento popolare provvederà a rinnovare la fortuna di questo genere, quando nella primavera del 1399 cominciarono a percorrere l'Italia turbe di devoti vestiti di bianco (i cosiddetti Bianchi), praticando la disciplina della mortificazione corporale e spronando ad essa i fedeli, cantando e flagellandosi, chiedendo a gran voce la liberazione dei prigionieri. Proveniva da Chieri, e il moto era nato per protesta ai danni provocati nelle campagne e nelle città dalla guerra tra Savoia e Monferrato; non mancarono perso­nalità del mondo ecclesiastico e politico che l'accogliessero favorevolmente, come l'arcivescovo Fieschi a Genova e Niccolò d'Este a Ferrara. In questa ardente temperie penitenziale nacque una nuova fioritura di laude, e anche quando il moto dei Bianchi venne a cessare, restò come una vigorosa spinta, un'interiore sollecitazione a riprendere la produzione di poesie religiose. Ma siamo ormai, con le Sacre Rappresentazioni, col Belcari e Francesco d'Albizzo, con la Lucula noctis di Giovanni Dominici, in piena area letteraria quattrocentesca.

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UpUltimo aggiornamento: 10/12/06