Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Strumenti > Scrittori religiosi del Trecento > Testi, 12

Strumenti

Scrittori religiosi del Trecento

di Giorgio Petrocchi

© 1974 – Giorgio Petrocchi


Testi

12. Storia di fra Michele minorita

Giovanni Berti, nativo di Calci (Pisa), fattosi frate col nome di Michele, militò nella setta dei Fratres de paupere vita, detti anche Fraticelli, una fazione estremistica uscita dall'Ordine francescano e che predicava una nozione assoluta di povertà (non soltanto la povertà del singolo frate o del convento, ma della Chiesa, in senso stretto). Tra i vari processi che coinvolsero i Fraticelli, vi fu quello di Firenze, il 30 aprile del 1389, che mandò al rogo fra Michele. La Storia del processo e del bruciamento di fra Michele, raccontata da un anonimo fraticello, venne per la prima volta pubblicata da F. Zambrini (Bologna, 1864).


Dalla «Storia di fra Michele minorita» di Anonimo trecentista [1]


XIX. Letta che fu la confessione, el capitano si tornò dentro, non dando sentenzia, come è usanza agli altri, e niuno ordine si tenne a lui, che s'usasse di tenere agli altri che vanno alla giustizia. Tornato che fu il capitano dentro, la famiglia con grande impeto lo trassono fuori della porta del capitano, e rimase tutto solo, tra' mascalzoni, scalzo, con una gonnelluccia in dosso, parte de' bottoni isfibbiati; e andava col passo larghetto e col capo chinato, dicendo ufficio, che veramente parea uno de' martiri: e tanto popolo v'era, che appena si potea vedere. Et a tutti increscendone, diceano: deh! non voler morire! Et esso rispondea: io voglio morir per Cristo. E dicendogli: o! tu non muori per Cristo! Et esso dicea: per la verità. E alcun gli dicea: o! tu non credi in Dio! E esso rispondea: io credo in Dio, e nella vergine Maria, e nella santa Chiesa. E alcuno gli dicea: sciagurato, tu ài il diavolo a dosso che ti tira. Ed e' rispondea: Iddio me ne guardi. E così, andando, rispondea di rado, e non rispondea se non alle cose che gli pareano di necessità, e rade volte alzando gli occhi altrui.

XX. E quando giunse dal canto del Proconsolo, essendovi grande remore del popolo che traeva a vedere, e alcuno fedele, veggendolo, si mischiò tra gli altri, dicendo: Frate Michele, priega Iddio per noi. A' quali egli, alzando gli occhi, disse: andate, che siate benedetti, cattolici cristiani.

XXI. E da' Fondamenti di santa Liperata, dicendogli alcuno: sciocco che tu se', credi nel papa. E que' disse, alzando il capo: voi ve n'avete fatto Iddio di questo vostro papa; come vi conceranno ancora! E più oltre, essendogli anche detto, e esso disse, quasi sorridendo: questi vostri paperi v'ànno ben conci! Onde molti maravigliandosi diceano: e' va alla morte allegramente!

XXII. Quando giunse a santo Giovanni, essendogli detto: pentiti, pentiti, non voler morire. Et esso dicea: io mi pento de' peccati miei. Ed alcuno gli dicea: campa la vita. E esso dicea: campate i peccati.

XXIII. E di là dal Vescovado, dicendogli alcuno: tu non ti raccomandi a persona che prieghi Iddio per te! Et esso disse con voce alta: io priego tutti i fedeli cristiani cattolici che prieghino Iddio per me.

XXIV. E da Mercato Vecchio a Calimala, essendogli detto: campa, campa; et esso rispuose: campate lo 'nferno, campate lo 'nferno, campate lo 'nferno.

XXV. E giugnendo in Mercato Nuovo, essendogli detto: pentiti, pentiti; ed e' rispondea: pentitevi de' peccati, pentitevi de l'usure, delle false mercatanzie.

XXVI. E in su la piazza de' Priori, essendogli detto: pentiti di cotesto errore, non voler morire; ed e' diceva: anzi è la fede cattolica, anzi è la verità, alla quale è obbligato ciascuno cristiano.

XXVII. E alla Piazza del Grano, essendovi molte donne alle finestre, e tavolieri, et gente che giucava, gli diceano; pentiti, pentiti; e que' diceva: pentitevi de' peccati de l'usure, del giucare, delle fornicazioni. E più oltre dicendogli molti: non voler morire, sciocco che tu se'; ed egli diceva: io voglio morir per Cristo. Et uno, infra gli altri, gli andò dando molta briga per più d'una balestrata, dicendogli: tu se' martire del diavolo; credi tu saper più che tanti maestri; credi tu che se 'l maestro Luca conoscesse che cotesta fosse la verità, che volesse perdere l'anima? vuogli tu sapere più di lui, che non sai leggere a petto a lui! Ed e' disse: se bene mi ricorda, il maestro Luca sa bene che tiene cotanti danari contro alla regola sua, e non gli lascia! E colui dicendogli: o! voi dite che noi non siamo battezzati né cristiani! Ed e' disse, guatandolo: anzi dico che voi siete cristiani e battezzati, ma non fate quello che dee fare il cristiano. E colui cominciò a dire: voce di popolo, voce di Dio. Ed e' disse: la voce del popolo fece crucifiggere Cristo, fe' morire santo Piero. E qui gli fu data molta briga. Chi diceva: egli à il diavolo a dosso. Chi: egli muore eretico. Quegli rispondea: eretico non fu' io mai, né voglio essere. E qui chiamandolo uno fedele per nome, gli disse che pensasse alla passione di Cristo. Et esso si rivolse con volto lieto, e disse: o fedeli cristiani cattolici, pregate Iddio che mi facci forte.

XXVIII. Quando giunse a San Romeo, disse, veggendo alcuno degli fedeli: I, tene quod habes. Et oltre andando, dicea: io muoio per la verità.

XXIX. Quando giunse a Santa Croce, presso alla porta de' frati, gli fu mostrato santo Francesco; quegli alzò gli occhi a cielo, dicendo: santo Francesco, padre mio, priega Cristo per me. Poi si rivuolse a' frati che erano in su le scalee, dicendo con voce alta: la regola di santo Francesco, la quale voi avete giurata, è stata condannata! e così mandate voi coloro che la vogliono osservare? E queste parole replicò tanto quanto bastarono a gli frati, de' quali alquanti si ristrignevano nelle spalle, e alquanti si ponevano la cappa al viso.

XXX. E vôlto il canto, e andando verso la porta alla Giustizia, gli fu data molta briga da molti i quali dicevano: niega, niega, non volere morire. Ed egli rispondeva: Cristo morì per noi. E alcuni dicevano: o! tu non se' Cristo, e non ài a morire per noi, tu! Ed e' rispondeva: e io voglio morire per lui. E dicendo eglino: o tu non se' tra pagani! E esso diceva: io voglio morire per la verità. E dicendo eglino: poniamo che cotesta sia la verità, tu non debbi morire perciò. Ed e' rispuose: per la verità morì santo Piero, e a santo Pagolo fu tagliato il capo. Et uno infra gli altri l'andava molto molestando, e dicea: tu muori disperato. E que' disse: io non mi uccido, ma e' m'uccidono costoro. E que' disse: perché tu vuogli tu stesso. E rispondendo disse: per non dire contro alla verità. E quegli disse: o! negò santo Piero! Ed e' rispuose: e se ne penté. Poi dicendo colui: or bene, tu lo poterai fare anche tu, però che se santo Piero fosse qui, e' negherebbe. E Michele rispuose: non farebbe, e se lo facesse, farebbe male. Ancora gli disse uno: che non fai quello ch'à fatto il compagno tuo? E que' disse: Iddio gli dia grazia, che non si disperi. Ancora gli disse; frate F. e frate G. non vorrebbono che tu morisse per questo, e se ci fossono qua, e' negherebbono; perché vuogli fare più di loro? E que' rispuose: non farebbono; ma se lo facessono, farebbono male. E allegandogli colui la Scrittura e dicendogli: Cristo fuggì la morte assai volte, e molti altri santi; quegli gli alzò gli occhi a dosso, e guatandolo disse: tu se', tu se' obrigato anche tu, et arai a rendere ragione di coteste parole che ài dette.

XXXI. Et al Prato alla Giustizia, cioè presso alla porta, gli era detto: non puoi tu fare quello che fece il maggiore vostro, frate F. da Camerino, che negò egli? Michele dicendogli: non negò; e quegli pur riprovandolo, uno fedele disse: non negò, ma lasciate dire costoro, e state forte. Poi gli mostrò santo Francesco, che era dipinto sopra la porta, dicendogli: raccomandatevi a santo Francesco vostro. E quegli, alzando il capo, raccomandòglisi. Et avendo molta seccaggine per tanto favellare, e per la gente, spesse volte colleppolava l'aqua che pioveva. Et essendovi alcuno de' fedeli che riprendea coloro che diceano che negasse, alcuno birro e altra gente si cominciò avvedere del fatto, dicendo: questi sono de' suoi discepoli; onde un poco se ne scostò alcuno.

XXXII. E quando giunse in su la porta, una fedele gli cominciòa gridare, dicendo: state forte, martire di Cristo, che tosto riceverete la corona. Non so che le si rispuose, ma nacquene uno grande favellìo.

XXXIII. Giugnendo fuori della porta, era serrata santa Maria del Tempio, che l'aveano fatto i farisei, acciò che paresse che non credea in Cristo. Appressandosi al capannuccio, il grido v'era grande, e diceagli: vecco il capannuccio! qui niega, non volere morire. Ed esso rispondea costantemente più che mai.

XXXIV. E giunto al capannuccio, la famiglia fece scostare la gente, e il banditore bandì ch'ogni uomo si scostasse. E feciono uno cerchio de' cavagli, onde poca gente potè entrare nel cerchio; e io non v'entrai, ma salii in su il muro de l'Arno sì che potea vedere parte delle cose, ma non udire.
XXXV. Giunto che fu al capannuccio, frate Michele, secondo mi parve vedere e ch'io udii dalla gente, arditamente v'entrò dentro; et essendo legato alla colonna, molti mettevano il capo dentro, pregandolo che si volgesse; ed egli stava sempre più forte. E, secondo che disse uno di certezza, ch'e'gli avea detto: che è questo il perché tu vuogli morire? rispuose: questa è una verità, ch'io ò albergata in me, della quale non se ne può dare testimonio, se non morto. Poi per ispaurillo, alquante volte fecero fumo intorno al capannuccio, e molti ispaurimenti. E la gente d'intorno il pregava che si svolgessi; eccetto alcuno fedele, che 'l confortava. Oltra questo, udii che gli fu mostrato uno giovane co' fanti de' priori, che venìa da parte de' Dieci, per rimenarlo sano e salvo, se si svolgesse. E veggendo uno comandatore la sua fermezza, disse: ch'è? Ch'à attraversato il diavolo addosso? E quel giovane rispuose: forse àe Cristo. In fine delle molte battaglie che gli diedono, missono fuoco di sopra nel capannuccio. Fatto questo, frate Michele, dappoi ch'ebbe detto il Credo (che il cominciò all'entrata del capannuccio), e dopo le risposte che fece, come sentì appiccato il fuoco, cominciò a cantare il Tadeo; e, secondo che dice alcuno, ne cantò forse otto versi, e poi tenne uno atto come se starnutisse, dicendo la sezzaia parola: in manus tuas, Domine, commendo spiritum meum. Arsi che furono i legami, cadde in terra ginocchione, colla faccia verso il cielo e la bocca tonda, morto.

XXXVI. E morto, molti diceano: e' pare un santo; eziandio delli avversari. Poi alcuni chiesero di grazia al cavaliere di seppellire il corpo. E 'l cavaliere, tratta carta della morte sua, diede loro la licenzia, e andossene colla famiglia. E questi giovani tolsero il corpo, mettendolo in uno telo di lenzuolo, e portarono, e seppellirolo in una fossa, dilungi alquanto dal capannuccio; e la gente si tornò a casa; ch'era le XII ore quando uscì dal palagio, e morì poco innanzi le XIII. E, mentre che tornava la gente a casa, alla maggiore parte ne parea male, e non si poteano saziare di dire male de' cherici. E chi dicea: egli è martire; chi: egli è santo; chi il contrario. E così n'è stato maggiore remore in Firenze che fosse mai.

XXXVII. Et il venerdì notte, andandovi i fedeli, non sappiendo l'uno de l'altro, si ritrovarono là, e occultamente il portarono via. Onde il sabato mattina, non vi essendo ritrovato da molti che l'andavano a vedere, e dicendosi per Firenze, certi predicatori ebbero a dire in su il pergamo: e' vi si voleano porre le guardie, imperò ch'eglino il canonizzeranno, e porranno per santo. Amen.

[1] Dall'ed. a cura di F. FLORA, Firenze, 1942, pp. 62-76.

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 10/12/06